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L’Ateliers dell’immaginario autobiografico di Orazio Maria Valastro alchimista e sociologo di quartiere

Il sociologo Orazio Maria Valastro ci racconta i suoi studi la sua formazione il suo esordio come presidente dell’Organizzazione di Volontariato Le Stelle in Tasca. Essendo l’argomento molto articolato e pregnante di significati e senso da condividere con l’umanità tutta ci pregiamo di significarvi che questo è solo il primo appuntamento con la sua corroborante intervista.

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Chi è Orazio Maria Valastro?

La sua domanda evoca in me prontamente le parole che ho pronunciato, in modo molto spontaneo, introducendo un mio intervento nel corso di un convegno all’Università Paris Descartes, organizzato con alcune colleghe e colleghi francofoni nel dicembre del 2015: «sono stato uno studente di questa università e oggi sono una persona serena». Si, posso confermarlo, Orazio Maria Valastro è, innanzitutto, una persona serena. Sono sincero quando dico a lei, alle sue lettrici, e ai suoi lettori, che sono le attività sociali e culturali nelle quali mi impegno nella nostra comunità, e le relazioni umane generate e sostenute da queste stesse attività, che mi hanno permesso di prendermi cura di questo stato d’animo e custodirlo con attenzione.

Sono, inoltre, un sociologo, e un ricercatore indipendente. Ecco altre due peculiarità che caratterizzano la mia persona, e alle quali tengo molto. Mi sono formato principalmente all’estero, in Francia, i miei studi di sociologia tra l’Università della Sorbona e l’Università Paul Valéry, hanno qualificato il mio percorso universitario ma non descrivono esaurientemente il vissuto di questa esperienza. Da studente-lavoratore ho ripreso, all’età di trenta anni, gli studi abbandonati in gioventù. Un lungo percorso che mi ha riportato in Sicilia, una scelta di vita che è stata dettata dal cuore. Sono cresciuto diventando una persona indipendente, affrancata per quanto sia possibile da un modo di vedere e di pensare privo di senso critico o di partecipazione critica, ma sottomessa a un’etica dell’incontro, della reciprocità e della solidarietà.

Far convivere insieme queste due dimensioni, quella della sociologia e della ricerca indipendente, per me equivale a vivere un’avventura e un’esperienza sensibili che si sottraggono alle logiche di una carriera che umilia e mortifica la nostra umanità, vivendo quotidianamente un agire e un pensiero svincolati da qualsiasi sudditanza intellettuale e politica.

Due appellativi affettuosi che mi sono stati rivolti dalla comunità di scrittrici e scrittori autobiografi che accompagno da anni a fare l’esperienza della scrittura di sé e dell’altro, quello di sociologo di quartiere, e quello di alchimista, possono aiutarmi a rispondere ulteriormente alla sua domanda. Mi ritrovo indubbiamente in queste due espressioni.

Essere un sociologo di quartiere significa essere presenti a sé stessi e agli altri, essere vicino all’esperienza viva delle persone. Animare in modo partecipato degli spazi dove sia possibile comprendere il mondo nel quale viviamo, rimanda alla possibilità di dare vita a nuove condizioni per immaginarlo e viverlo insieme con gli altri, contenendo un agire e dei comportamenti che conciliano esclusivamente in modo egoistico pulsioni e desideri con una realtà che li contrasta.

 

Essere un alchimista della parola significa sperimentare un’attenzione differente e acquisire un’esperienza singolare nella ricerca delle parole giuste, quelle che esortano alla comprensione dell’altro senza proiettare su di lui i nostri punti di vista, i nostri giudizi e le nostre categorie valoriali. La parola giusta è conseguentemente uno spazio di ascolto e di incontro, una possibilità di apertura e relazione che genera una nuova presenza rispetto alle nostre inquietudini e ai nostri timori nei confronti di sé stessi e degli altri.

Nel mese di luglio di quest’anno mi è stato conferito dall’Accademia d’Arte Etrusca il Premio internazionale Chimera d’Argento, in qualità di presidente dell’OdV Le Stelle in Tasca e ideatore del progetto di animazione sociale e culturale che ho chiamato «Ateliers dell’immaginario autobiografico». Questo riconoscimento mi onora e mi incoraggia, incoraggia tutte e tutti noi dell’organizzazione, a proseguire le attività svolte in modo permanente e continuativo da quasi quindici anni, per rendere concreti il sogno e i valori che sono all’origine di questo impegno.

Ebbene, credo che sia un segnale simbolico forte, pensando al mio percorso e alla mia esperienza, e considerando come ognuno di noi faccia quotidianamente l’esperienza dell’accelerazione della vita moderna, dove vengono meno alcuni valori come la convivialità, la reciprocità e la solidarietà, la chimera d’argento è un simbolo che potrebbe definirci, singolarmente e collettivamente.

La chimera simbolo di forza e creatività, è quella figura mitica che rende possibile l’incontro degli opposti, e qui ritrovo la valenza di un percorso pedagogico che rispetto alla contrapposizione che divide e ci divide, possa invece creare degli spazi d’incontro che alimentino la capacità di dimostrare comprensione e relazione. L’argento, inoltre, simbolo alchemico della saggezza interiore e della consapevolezza, enfatizza l’immagine dell’alchimista della parola, perché è attraverso le parole giuste che è possibile elaborare un pensiero sensibile che dia senso all’esperienza viva delle donne e degli uomini, per accoglierla e riconoscere quei valori che sono benefici alle relazioni umane e alla nostra stessa umanità.

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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