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Può il polpo combattere l’invasione del Mediterraneo da parte del pesce scorpione?

Il polpo, Octopus vulgaris, specie autoctona del Mediterraneo, aggredisce e preda il pesce scorpione, Pterois miles, una delle più temibili specie aliene.
Un evento “eccezionale”, a tratti drammatico, che la subacquea Maria Shokouros-Oskarsson ha immortalato nel mare dell’Isola di Cipro. Un episodio che ha spinto un gruppo di esperti in invasioni biologiche in Mediterraneo a rispondere sul “comportamento” del polpo con un recentissimo studio pubblicato sulla rivista “Journal of Marine Science and Engineering” del gruppo MDPI.
Nel team internazionale di ricercatori, coordinato da Fabio Crocetta del Dipartimento di Ecologia Marina Integrata della Stazione Zoologica Anton Dohrn), anche l’ittiologo esperto in invasioni biologiche Francesco Tiralongo, assegnista di ricerca del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell’Università di Catania.
«Sebbene si tratti di un dato preliminare – racconta Tiralongo, impegnato nelle attività del Laboratorio di Biologia della Fauna Marina Mediterranea dell’ateneo catanese coordinato dalla prof.ssa Bianca Maria Lombardo – questo studio ci dimostra come la protezione e la tutela delle specie native sia uno degli strumenti utili a combattere le invasioni biologiche».

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«Il polpo rappresenta una specie molto sfruttata dalla pesca, ma potrebbe essere una risorsa inaspettata visto che è in grado di predare anche un pesce invasivo come questo – continua il ricercatore -. Le invasioni delle specie aliene rappresentano, dopo la distruzione degli habitat, la maggiore causa di perdita della biodiversità su scala globale. Purtroppo, soprattutto in ambiente marino, l’eradicazione delle specie invasive non è facile, sia perché queste vengono generalmente rilevate quando ormai formano popolazioni locali stabili e si stanno diffondendo all’intero bacino, sia perché la cattura selettiva è tutt’altro che semplice. Quindi il controllo biologicotramite i predatori nativi e le attività di pesca, per quelle specie che possono essere commercializzate, rimangono alternative valide a tenere sotto controllo le popolazioni delle specie invasive».
«Non si tratta tuttavia – conclude Tiralongo – di proteggere solo i predatori nativi, ma l’intero ecosistema. Un ecosistema integro offre sicuramente meno possibilità alle specie aliene invasive di trovare nicchie vuote da sfruttare rispetto a un ecosistema degradato da attività antropiche come la pesca eccessiva, la distruzione dell’habitat e l’inquinamento».

A far parte del team anche Valentina Tanduo e Riccardo Virgili (Stazione Zoologica Anton Dohrn), Maria Shokouros-Oskarsson, Nikolaos Doumpas e Ioannis Giovos (iSea, Environmental Organization for the Preservation of the AquaticEcosystems di Salonicco), Stefanos Kalogirou (Hellenic Centre for Marine Research di Rodi), Joachim Langeneck (Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa) e Periklis Kleitou (School of Biological and Marine Sciences dell’Università di Plymouth).

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