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Che cos’è il Vino? Un’intervista colta e brillante con Santi Natola sommelier e brand ambassador di Cantine Nicosia

Innamorato del suo lavoro, è anche responsabile di enogastronomia ed enoturismo all'interno della struttura, da anni si offre per aiutare wine lover e neofiti per nuove scoperte e avventure in campo enologico

Da più di 20 anni Santi Natola si occupa di vino. Ha iniziato per curiosità che poi è diventata passione e infine lavoro. Ma come dice qualcuno: “Fai della tua passione il tuo lavoro e non lavorerai un solo giorno nella tua vita”. Santi è così un entusiasta, un poeta e un sognatore che “assaggia e beve vino” per lavoro. Ma è anche uno studioso colto e brillante che ci racconterà le sfumature che riguardano il mondo del grande vino. Santi Natola che è sommelier e brand ambassador delle cantine Nicosia, è responsabile di enogastronomia ed enoturismo all’interno della struttura. Santi è un fiume in piena e il testo sottostante è una sintesi che attende di essere vista e completata nel video, che come ci ha promesso Santi, sarà il primo di una serie.

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Susanna Basile: Santi come hai iniziato questa attività?
Santi Natola: Ho un tesserino Fisar Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori dal 2003. All’inizio mi sono incuriosito perché vedevo tanta gente nei locali che giravano con i bicchieri , insomma, che parlavano di vino, ci trovavano delle cose. Pensai che dovevo provarci pure io, e così ho iniziato a frequentare un corso per gioco. E frequentando il primo corso, mi sono seduto tra i primi banchi e ricordo ancora, sbigottito un po’, quella frase del docente che diceva: “da questo momento smetterete di bere vino, perché inizierete finalmente a capirlo”. Perché dietro al vino, effettivamente, ci sono tante cose, una geografia di sapori, di luoghi, di gente che  produce da tante parti del mondo e poi, come dire, raccoglie quel sapore, quel profumo è lo mettono in una bottiglia. Il vino era una cosa seria e bisognava studiarlo, leggerlo.

S.B: Parliamo dei vini etnei. Quando è iniziato l’imbottigliamento, quando i nostri vini sono cominciati ad essere pregiati? Venti anni fa ancora i vini etnei erano serviti, per essere esportati. Partivano per la Francia, per la Spagna. Quindi tu ti sei trovato in una dimensione ancora dove molte persone non sapevano a cosa fosse il vino.
S.N.: Certo eravamo all’inizio, il porto di Riposto si chiamava così perché a Riposto si ripostava il vino, perché un tempo il quantitativo di vino che si produceva sull’Etna era enorme, perché la fillossera distrusse quasi il 75% della produzione di vino in Europa, arrivò un po’ più tardi in Sicilia, intorno al 1920. E questo insomma ci diede un grande vantaggio e siamo diventati per moltissimi anni il serbatoio del vino, un po’ per tutta Europa. Se oggi l’Etna ha un reale vitato di 1880 ettari una volta erano 30.000 ettari, quindi si arrivava veramente a mare. Io sono contento perché sto vivendo un po’ il momento più bello dei vini del vino italiano ecco quello forse più colorato fatto da giovani, da ragazzi che credono in questi progetti, hanno le cantine sempre piene di turisti che vengono a scoprire i sapori i profumi di questa terra. C’è stata una vera e propria rinascita, una seconda giovinezza quella del vino dell’Etna. Perché per troppi anni il vino Siciliano è stato impantanato in un clichè un po’ di vini banali, un po’ in direzione del mercato. Quando si pensava alla Sicilia si pensava sempre a vini di potenza, di energia, vini rossi come il nero d’avola…mentre oggi si è scoperto il dettaglio, la minuzia, la potenzialità dei vitigni. I sapori diversi vengono da un mille foglie di strati vulcanici che derivano da diversi  anni, di colate che si sono sovrapposte. Abbiamo esposizioni, abbiamo altitudini, abbiamo delle vigne e più o meno esposte al sole con un gioco di venti che si incrocia dal Mediterraneo. Quindi incrociamo lo scirocco con il grecale alle volte. Ecco, si creano delle alchimie, delle situazioni, dei piccoli microclimi.

S.B: Il professore Scienza qualche anno fa disse che questa “eccessiva” diversità dei vini Etnei crea dei problemi da un punto di vista economico e di riconoscibilità sui mercati internazionali, rispetto al chianti, barolo, merlot, sirah di altre regioni d’Italia cosa ne pensi?
S.N.: Ci si può ispirare a due scuole di pensiero: bordeax e borgogna. L’idea bordolese è quella di fare il miglior vino possibile con quel vitigno. Mentre l’idea della borgogna è un po’ diversa, quella di esaltare quel luogo, ecco quella, la vocazione di quella singola vigna. E io credo che sull’Etna ci sia un orientamento più sulla borgogna. E questo significa diversità assoluta. La cosa importante è assecondare le piante, lavorare in biologico, lavorare bene fondamentalmente. Poi sarà quella vigna che ti darà quel prodotto. E meno male che non siamo tutti quanti uguali! Ma me piace molto anche il movimento che si sta creando, anche fuori dall’Etna, fuori dalla doc, io il vino lo amo tutto. E credo che chi è veramente un appassionato deve amare tutto il vino…

S.B.: Esplosione dei vini bianchi e rosati cosa è successo con i vini Etnei?
S.N.: Mentre prima il vino bianco, soprattutto da parte dei nostri antenati, sembrava un vino, diciamo, di seconda categoria di terza categoria oggi è cambiata la bevuta, è cambiato il gusto. In Italia, si bevevano i vini dolci di opulenza, di struttura, oggi si lavora un po’ in sottrazione, vini più snelli, per le bevute più lunghe, ecco non ci si vuole ubriacare al secondo calice, vini trasparenti, ma non crudi, è importante, vendemmiarli nel momento giusto. Il prosecco che è uno spumante supera i 560 milioni di bottiglie, quindi è veramente una produzione immensa, ecco quindi c’è una macro categoria che si chiama spumanti, cioè il vino rifermentato in bottiglia. Poi ci esistono due categorie diverse, quella degli spumanti Charmat Martinotti prende due nomi, uno perché il brevetto lo ha depositato un francese, e Martinotti perché l’ha  inventato un italiano, è il Metodo Classico, chiamato anche Metodo Tradizionale, che è quello un po’ più importante, quello un po’ più nobile, quello che richiede molto tempo, molta tecnica, molta bravura e soprattutto tanta pazienza, ecco, noi sull’Etna abbiamo iniziato a produrre metodo classico 10 anni fa qui in cantina, si possono bere a qualsiasi ora del giorno, sono divertenti, sono facili da bere, si possono abbinare a qualsiasi cosa a tavola, quindi se prima lo spumante, la bollicina, era considerato un vino da fine fasto, ricordate il moscato d’asti, insomma, con i dolci, oggi gli spumanti sono sempre più secchi, e trovano sicuramente un posto diverso nelle nostre tavole, si bevono come aperitivo ma anche a tutto pasto, e sono veramente molto interessanti, abbiamo affinato le nostre tecniche, abbiamo capito il luogo di produzione dove fare gli spumanti.

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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