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#Iorestoacasa: restrizione o possibilità? Secondo le psicologhe Ines La Daga e Gabriella Conti

Gli avvenimenti di questo periodo, annessi alle misure restrittive attuate per contenere il contagio da Covid-19, hanno portato un grosso cambiamento nelle nostre vite.

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Dai social, dalle esperienze personali quotidiane, dal confronto con i professionisti sanitari che si trovano a gestire l’emergenza in prima persona, apprendiamo che l’emergenza non è solo medica, ma anche sociale: questo stato di isolamento forzato a cui siamo sottoposti può avere, infatti, ricadute diverse e più o meno gravi su noi stessi.

Possiamo in tal senso ipotizzare e prefigurarci due possibili scenari contrapposti: per chi riesce ad accedere al proprio bagaglio di risorse personali con efficacia, questo momento può diventare occasione per ritrovare se stessi e i propri affetti, per sperimentare un pensiero alternativo e creativo, portando ad accedere a parti del sé non conosciute; invece per chi si trova nella fragilità, nella carenza di risorse sia materiali che emotive, questa situazione espone a maggiori rischi, che con il protrarsi di tale condizione, potrebbero trasformarsi in veri e propri pericoli.

Ad esempio chi è già più vulnerabile agli stress, ha un tono dell’umore basso, paure, fantasie negative, poca forza, poca voglia di fare e ha una scarsa rete sociale di riferimento, la condizione di maggiore isolamento e lo stato di maggiore inattività potrebbe comportare un aggravamento della sua condizione, fino ad arrivare ad un vero e proprio ritiro sociale permanente o addirittura a condotte autolesive o peggio al suicidio.

Invece chi conduce una vita all’insegna dell’iperattivazione, con un livello di agitazione elevato e un senso costante di allarme, che ha uno stile di vita frenetico, che necessita dell’eccesso di socializzazione per sentirsi vivo, o chi è molto vulnerabile alle emozioni della paura e della rabbia, la sensazione che le cose non possano essere controllate o che siano cosi confuse, può portare all’amplificazione di tali sensazioni fino a generare ossessioni e/o rituali rassicuranti o possibili esplosioni e violenze.

In questi casi… cosa possiamo fare per aiutare ed aiutarci?

Magari possiamo dedicare un momento della giornata a riflettere sulle nostre sensazioni ed emozioni, mettendole per iscritto, anche senza rileggerle, solo per tirarle fuori e riordinarle; cercare contatti sociali, tramite le vie di comunicazione alternative, anche ritrovando persone con cui si sono persi i contatti. E ancora, possiamo provare a filtrare le informazioni provenienti dall’esterno, soffermandoci solo su fonti ufficiali e limitare anche il tempo nella giornata in cui ci dedichiamo a ciò, organizzarci la giornata in modo da impegnarci concretamente in attività pratiche o anche nutrirci delle piccole cose che la nostra casa e la nostra persona ci permette di sperimentare.

Tante parole per dire cosa? Che noi tutti, se facciamo rete, se investiamo il nostro tempo nelle relazioni (anche se a distanza), se ci soffermiamo su come ci sentiamo e cerchiamo anche dentro di noi quelle risorse che non avevamo più utilizzato, riscoprendole e riscoprendoci, potremo superare questo periodo, uscendone trasformati e anche positivamente.

 

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