20.5 C
Catania
martedì, Marzo 19, 2024
spot_imgspot_img
HomeRubricheL'intervistaRoberto Disma e le sue Algide confessioni

Roberto Disma e le sue Algide confessioni

Né tragico e né comico: realista. Con queste parole, Roberto Disma definisce il suo ultimo lavoro teatrale Algide Confessioni, che calcherà la scena catanese al Centro Zo (p. Asia, 6) giovedì 17 gennaio, alle ore 20:30. È il primo lavoro del 2019 per Teatro alla Lettera, che l’anno scorso ha salutato il pubblico con Lezione sulla mafia, spettacolo che ha segnato il ritorno della compagnia di Disma sul territorio etneo dopo due mesi di lavoro fuori dalla Sicilia e un frenetico anno di spettacoli, collaborazioni rilevanti e sperimentazioni che caratterizzano il suo taglio artistico di ricerca, cultura e originalità. In fondo, anche Algide Confessioni è frutto di una nuova sperimentazione per la compagnia: anche se la firma dello spettacolo è del giovanissimo attore/autore/regista, il progetto è tratto dall’omonima raccolta di novelle o, com’è scritto sulla locandina, di fabulae dell’autore Algido Russo. Trattandosi di novelle, la domanda sorge spontanea: è uno spettacolo composto da episodi? L’abbiamo chiesto a Roberto Disma.

Pubblicità

 

Avrei potuto comporlo in questa maniera, ma sarebbe venuta meno la chiave di lettura. La raccolta di novelle presenta delle storie che, se da un lato sono scollegate, dall’altro seguono una narrazione che le unisce, componendo infine un’unica storia. È il segreto dell’antica ricerca del mythos, d’altronde, e il contrasto dell’ambientazione contemporanea rende il risultato ancora più intrigante.

 

Quindi, nonostante l’attualità, si tratta di un lavoro mitologico?

 

A mio parere sì, nel modo più originale che esista. L’ambientazione del quotidiano, la frenesia nella logica dei consumi e la genericità che tende a snaturare l’individualità, a disperdere l’identità; in parallelo, la determinazione di personaggi che tendono a imporsi, ribellarsi, per inseguire un destino che vorrebbero e rigettare ciò che pare prefissato. Niente di più mitologico!

 

E nella realizzazione di uno spettacolo teatrale tratto da una raccolta di novelle, distaccandosi dal lavoro originale, quanto c’è di mitico nell’ambientazione?

 

Anche nella realizzazione, la ricerca del mito non poteva esentarsi: basti pensare che come ambientazione ho scelto un supermercato, centro d’eccellenza per la genericità. A questo si aggiunga il contrasto della città in cui è ambientata la narrazione: Catania.

 

L’estate scorsa hai chiuso la rassegna estiva con Cose di Casa Nostra, primo lavoro marcatamente siciliano di Teatro alla Lettera. Ci hai preso gusto?

 

Come in “Cose di Casa Nostra”, la ricorrenza al siciliano sarà limitata al taglio realista della trama, nient’altro. Catania sotto un’ottica non campanilistica, ma universale quanto il valore della sicilianità. Proprio questo è il bello!

 

In locandina compaiono solo il tuo nome e quello di Valentina Sinagra come attori, mentre l’elaborazione grafica è a cura di Martina Marotta. Confermi?

 

Sì, in scena si ripete l’accoppiata già presente ne “Gli Scoppiati” e ne “La ragazza di Mezra”. La coppia è una formazione teatrale che funziona solo con una grande intesa artistica e dà grandi risultati; e Valentina Sinagra è la migliore compagna di scena con cui abbia lavorato assiduamente. Per l’elaborazione grafica, invece, è necessaria quella sensibilità in grado di estrapolare la creatività di una rappresentazione teatrale e trasmetterla nell’arte visiva. In questo, Martina Marotta ha sempre dimostrato di avere una capacità eccezionale. Morale della favola: squadra che vince, non si cambia.

 

Per le musiche a chi spetta il merito?

 

Ritorno alla musica classica. In casi come “Cyrano e la Luna”, un nuovo adattamento di un’opera edita, o come “La ragazza di Mezra” e “Cose di Casa Nostra”, pezzi di cronaca contemporanea su fatti specifici, ho avvertito l’esigenza di comporre una musica inedita per esprimermi pienamente. In altri casi, ad esempio per “Come Barbablù”, ho ritenuto la musica classica un’ottima divulgatrice del messaggio universale trasmesso dallo spettacolo, così sono ricorso a Beethoven. Per “Algide Confessioni”, a divulgare il messaggio universale è il maestro Bach.

 

Trattandosi di mito, perché non Wagner?

 

Ci avevo pensato, ma in Bach trovo una musica più ancestrale, intima. Probabilmente perché la musica di Wagner mi ha sempre suscitato un’idea totalizzante di rappresentazione, come un ritrovamento del mito piuttosto che una ricerca.

 

Il lavoro sarà comico come Cose di Casa Nostra? O tornerà la tragedia de La ragazza di Mezra?

 

Né tragico e né comico: realista. Perché solo nel realismo è possibile riscoprire la propria identità; e, nella contemporaneità, la ricerca di chi siamo davvero non può che sfociare nel mito.

 

 

 

Copyright SICILIAREPORT.IT ©Riproduzione riservata

Clicca per una donazione

Paolo Zerbo
Paolo Zerbohttp://zarbos.altervista.org
Paolo Zerbo Direttore responsabile Laurea in Sociologia Communication skills and process model ICT developer
Articoli correlati

Iscriviti alla newsletter

Per essere aggiornato con tutte le ultime notizie, le novità dalla Sicilia.

Le Novità di Naos

Il mensile di cultura e attualità con articoli inediti

- Advertisment -

Naos Edizioni APS

Sicilia Report TV

Ultimissime

Dona per un'informazione libera

Scannerizza QR code

Oppure vai a questo link

Eventi

Le Rubriche di SR.it

Vedi tutti gli articoli