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Quando l’attore è posseduto da Eros

Intervistare Silvio Laviano non è stata un’impresa facile ma tra logorroici affamati di vita pervasi da Eros (nel senso della forza primordiale e creativa) uno dei due doveva soccombere perché lo scambio, la connessione, l’intimità, era a favore suo: cioè mie le domande e sue le risposte. E viceversa. Più di un’ora di chiacchierata psicologica e “discesa negli inferi e risalita” ha prodotto questa intervista che ho dovuto strutturare per renderla potabile e razionalmente comprensibile. Ma confidiamo nella “misericordia” dei lettori e dei suoi affezionati e “lesionati” spettatori, che comprenderanno che tra “anime inquiete la permeabilità tra domande e risposte è molto, ma molto labile…”

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Quando e come nasce Silvio Laviano?

A 19 anni vado via da Catania e vado a studiare allo Stabile di Genova. Poi 10 anni a Roma. Due anni a Parigi. Un anno a Milano. Un anno a Palermo.

E poi sei tornato a Catania?

Io non torno mai: io vado e vengo. Solo un siciliano orientale figlio di Nessuno termine che solo un siciliano può capire: Nessuno è il nome che Ulisse ha utilizzato per neutralizzare Polifemo, a pochi chilometri da qui. Dall’ira di Polifemo sono nati i Ciclopi come massi vulcanici e via dicendo quando da noi esci di casa e dici: “sto tornando…”, evochi la stessa Storia.

“Cioè vado a tirare un pugno di massi a chi dico io e poi torno!”

E comunque è quasi assolutamente vero che dopo 30 anni di “residenza sicula” la moglie inglese di un mio amico chiede sempre al marito “ma sei stai uscendo perché mi dici sto tornando”?

Perché quando esci di casa, da noi della Sicilia Orientale, spesso è solo per studio, non è per lavoro o per mera attività produttiva come penserebbe un nordico (per noi anche uno della Sicilia Occidentale è nordico): in realtà stai andando a fare un viaggio senza meta e senza un dove, verso un “non luogo”.  Non è obbligatorio per tutte le professioni, per carità, ma dovrebbe essere il primo comandamento per la professione dell’attore,

(nda. da questo momento in poi la parola attore riguarda indifferentemente la professione, quindi senza nessuna connotazione di genere) letteralmente colui che agisce, che actua un’azione…

Se non quì e ora allora quando là e allora?

Già questa era la risposta finale di Laviano a cosa farai da grande. Prima della domanda, quasi all’inizio. E noi la lasciamo, come risposta, là e ora.

Ma torniamo a qui e allora: io ti ho conosciuto nel 2017 con le novelle di Pirandello al Castello ursino dove mi ha colpito la tua poliedricità: la capacità di immedesimarti empaticamente nel personaggio che interpreti e il trasformismo mimetico a cui soccombi. È una mia impressione o è così?

Stai parlando sulla “fusione del personaggio” a cura di Stanislavskij e del “teatro verità” a cura di Grotowski?

A una domanda non si risponde con un’altra domanda.

Comunque sia, sì è così! Io sono stufa di vedere un attore con il suo arrogante ego che parla, che mangia, o che faccia altro, essendo solo e soltanto sé stesso, in tutte le sue funzioni. Mi piace e mi piacerebbe sempre di più l’attore che diventa mimeticamente “altro” da sé stesso!

Per questo la rassegna si intitola “Altrove”. Non è solo un luogo fisico perché fuori dal teatro convenzionale. È proprio un “altrove”. Spazio/tempo, ragione/follia odio/amore e via dicendo e provando…

Ti faccio un esempio così ci capiamo: cosa deve fare l’attore? Interpretare un personaggio. Ma senza “l’essenza di quell’attore” quel personaggio non esisterebbe. Quindi per un mio sillogismo del tutto personale se Amleto esiste è perché c’è un attore che interpreta o meglio diventa Amleto: ma è il suo Amleto.

Accetto il compromesso. Quindi quando hai fatto il lavoro di Ippolito, come direttore artistico insieme a Egle Doria per Teatro in Fortezza e regia di Orofino e l’avete portato al castello Ursino, tu eri il “tuo” coro greco e il “tuo” Teseo?

Una risata diabolica risalita dagli inferi della possessione.

Ma tu lo sai cosa significa dover rifare una tragedia greca in chiave moderna andando a prendere gli archetipi ancora validi dopo 2000 anni?

E soggiungo io, cambiare di volta in volta Fortezze di Pietra in teatri?

Sì per il grande rispetto per il pubblico che non è una “massa informe” a cui dare pastoni preconfezionati e attivare la funzione primeva del teatro cioè la funzione catartica, e non esplicitamente terapeutica, come mi hai ben sottolineato, diventa un’operazione immane e tu come hai ovviato?

Naturalmente mi è “arrivato” come un affabulatore di cortile siciliano, (il cosiddetto cuttigghiu), un coro greco di 12 elementi originari “ruffiano” che potesse mettere in contatto le due dee Afrodite e Artemide, a cui essendo Dee, non importa niente di noi poveri comuni mortali, e facilitare i transiti di quei poveri disgraziati umani già predestinati di Ippolito e Fedra  verso le loro “ripetitive” problematiche psico-affettive e sessuali.

Vero, questo arrivava senza remore: ma il tuo Teseo, lui, non ne era principalmente coinvolto, da questa predestinazione e tecnicamente parlando “coazione a ripetere”?

Teseo era fondamentalmente un uomo greco chiamato ad assumersi responsabilità familiari, e quindi coattivamente costretto a ripetere tradizioni di stirpe, di guerra e quant’altro, anche lì la “possessione” mi ha aiutato…le sue fragilità, le sue nefandezze, saranno state anche le mie e chi lo sa!

Dunque siamo di fronte a un disturbo di pluripersonalità. O un’interferenza di vite precedenti. È pur vero che per interpretare un personaggio che sia credibile bisogna andare a pescare qualcosa di vero che già possediamo: a proposito di Glam City cosa ci dici?

Intanto partiamo dal presupposto, come per i miti che hanno una stratificazione letteraria, filosofica, storica e antropologica, io ricerco (e attiro) sempre personaggi che hanno un substrato talmente complesso da renderli vivi e riconoscibili da chi viene e vederci.

Il personaggio esiste perché viene interpretato: è l’immedesimazione dell’attore che crea la realtà dell’interpretazione ratificata dalla vista e dall’ascolto dello spettatore: anche se lo spettacolo dovesse essere per uno “spettatore” che si riconosce, per quanto mi riguarda, avrei compiuto la mia “missione”. Nel caso di Glam City, la storia sulla base del romanzo di Domenico Trischitta, è una storia vera. Riguarda la storia di Gerry Garozzo un “ragazzo diverso” della Catania anni ’70, una rivoluzione di costume, fatta di travestitismo e trasgressione. Da Catania a Milano, andata e ritorno, da promessa della canzone a travestito dei viali milanesi.

Andata e ritorno tipico “dejavu di un’anima siciliana posseduta”: come sei riuscito a calarti in questo personaggio?

Mi sono fatto arrivare delle scarpe fucsia numero 45 da internet e ho cominciato a camminare e ballare a casa per poterci “stare dentro”: non ero omosessuale, non ero un transessuale, non ero una “buttana”. Ero un uomo libero che poteva fare quello che voleva secondo il suo “sentire”.

Già, spesso, sono le “etichette” di cui ha bisogno la cosiddetta comunità benpensante, che ne ha bisogno per rassicurarsi che tu stai lì buono “a fare le tue cose” da artista! Mi dicevi che vai in tour con questo spettacolo, dove e quando?

Le varie associazioni LGBTQ (nota per i lettori è un acrostico Lesbiche, Gay, Bisex, Transex, Queer) ci hanno chiesto di fare un tour ma si tratta di esprimere la libertà nel nostro modo di essere, non di una moda del momento. Non voglio diventare un’icona di genere. Io sono per lo “stupore” dello spettatore nel senso fanciullesco del termine, non nell’accezione anglosassone di “cool”, ma proprio della sorpresa, rapimento del “puer aeternus”.

Prima che Laviano mi possa fagocitare nei suoi meandri linfatici di origine hillmaniana andiamo con la prossima domanda.

Parliamo del prossimo spettacolo per lo Stabile di Catania la rassegna “Altrove”: 68 punto e basta in scena dal 27 al 30 settembre e dal 4 al 7 ottobre alle Ciminiere di Catania. Di cosa si tratta?

Altra risata diabolica.

Hai presente 12 attori che descrivono se ci sono stati o meno, anagraficamente intendo, il ‘68 della loro città, cioè Catania? A Catania il ’68 è arrivato 4 o 5 anni dopo lo sapevi?

Non si risponde ad una domanda con altre domande, ma ormai con Silvio Laviano comincio a farci l’abitudine, sono una psicologa e anche una giornalista, che dobbiamo fare.

No, non ce l’ho presente, ero troppo giovane, e allora?

Ogni spettatore potrà scegliere il proprio percorso per scoprire com’era e come poteva essere il ’68 a Catania nella Milano del Sud. Lo spettacolo è itinerante e si articolerà in 4 percorsi: università, politica, lavoro, società & cultura. Tutti e quattro i percorsi si svolgono contemporaneamente e sarà possibile assistere ad un solo percorso a sera. Quindi per capire e poter scrivere dello spettacolo dovrai venire almeno 4 volte.

Che bellezza! E chi non lo può fare?

Non risponde subito. Poi soggiunge.

Dovremmo approfondire degli aspetti del mondo dove abitiamo. Su questa città tanto amata e odiata e sul suo immobilismo soprattutto quello che riguarda gli attori…

È un problema degli attori della tua generazione?

Credo sia intergenerazionale. Io credo nel “lavoro” dell’attore! Mi alzo presto e mi corico tardi dormo molto poco. In Francia gli attori sono “operatori culturali” e tali vengono trattati: non aspettano le scritture operano sul territorio ed esportano cultura smuovono coscienze assopite. È la missione che ha l’attore, la prerogativa di cui si è “arrogato” una volta che sceglie questa professione, e credimi non può fare altro…

Registro “le dicerie dell’untore” o almeno quello che a Catania si dice “nei corridoi del teatro” che mi arriva così: non è che tu e il regista Nicola Alberto Orofino siete “troppo di moda”?

Mi hai suggerito la risposta con il detto che “nel regno dei ciechi chi ha un occhio solo è il re”. Io spero, visto che siamo nel regno dei Ciclopi che chi ha un occhio solo, sia il terzo occhio: l’occhio della conoscenza, della sapienza, della onniscienza. Questo “occhio” ce l’abbiamo tutti è che bisogna attivarlo, in tutte le performance, le attitudini, i talenti che possediamo.

Per questo tu, e il regista Orofino, insieme al Teatro Stabile avete attivato un corso di recitazione?

Alludi a “Qui e Ora” dove costruire un personalissimo metodo di lavoro grazie alla nascita spontanea e organica di un sotto testo concreto e tangibile, frutto del mondo immaginifico e universale delle emozioni, dare luogo ad un Attore “Attivo” cosciente delle potenzialità del proprio immaginario e dei propri mezzi espressivi e fisici, ascoltare la propria voce e il proprio corpo/strumento verso una “nudità” e una verità del QUI E ORA, verso una concretezza del gesto e della parola capace di riempire lo spazio e il tempo. Il primo sarà Pirandello (La filosofia a teatro– Studio su “Questa sera si recita a soggetto”). Da Lunedì 8 Ottobre a Venerdì 12 Ottobre 14:00 – 19:00 per un totale ore di ore 25.

Favoloso bellissimo il Teatro “Stabile” di Catania che “si muove” verso un pubblico variegato di studenti, professionisti e quant’altro hanno bisogno di entrare nei meandri della “scena”. E per chi non potesse partecipare a questo stage?

A dicembre ne facciamo un altro Čechov l’ozio e il suo tempo – Studio su “Il Gabbiano” e “Platonov”. Da Lunedì 10 Dicembre a Venerdì 14 Dicembre 14:00 – 19:00. Sempre per un totale di ore 25.

Il mio ottobre è pieno di convegni per la professione. Ma dicembre, e già il titolo mi intriga, sarà occupato dalle 25 ore (che superano la giornata solare di quelli che sono iperattivi e per questo ci piace) di ozio cechoviano che inevitabilmente mi attira. Come tutti i catanesi a Natale.

 

 

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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