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Ha vinto un nuovo partito ‘Gli indifferenti’

Gli indifferenti è un romanzo di Moravia del 1929. In esso i fratelli Carla e Michele Ardengo sono due giovani incapaci di provare veri sentimenti, in balia della noia e dell'indifferenza di fronte al declino sociale ed economico della loro famiglia

Gli indifferenti è un romanzo di Moravia del 1929. In esso i fratelli Carla e Michele Ardengo sono due giovani incapaci di provare veri sentimenti, in balia della noia e dell’indifferenza di fronte al declino sociale ed economico della loro famiglia. E il medesimo sentimento credo abbia attraversato, in Italia, il 36% degli italiani che alle ultime elezioni politiche sono rimasti a casa. La questione peraltro è mal posta se ci si limita a rilevare l’astensionismo come dato endemico, per di più connesso in queste consultazioni al periodo estivo. Le ragioni sono ovviamente più profonde anche se analisi europee validate e generalizzate considerano l’astensionismo come l’esito di una sfiducia generalizzata dei cittadini verso qualunque forma di elettorato passivo (ricordiamo che votare è un dovere civico oltre che un diritto) che si attesta dappertutto intorno al 40%. Come in Italia. E allora? Proviamo ad approfondire prima di dire la nostra. Il potere economico-finanziario, sia nelle sue scorribande speculative sia nella dislocazione produttiva delle multinazionali, si muove in modo autarchico a livelli sovranazionali e sovrastatali. Non gli interessano i confini e non ne ha, oltre a non tener conto di quelli che ci sono.
Essendo il fulcro della capacità di dominare e condizionare globalmente in questa fase, determina una situazione per cui gli stati con le loro politiche nazionali si trovano costretti. Non possono non muoversi dentro gli ambiti di manovra e condizionamento determinati dalla ineludibile influenza dell’enorme potenza economico-finanziaria globale. Così la loro autonomia di decisione e la possibilità delle loro scelte politiche è irrimediabilmente ridotta, sempre più ristretta,
È la ragione principale per cui i governi possono ben poco in modo autonomo, indotti fino al punto di essere obbligati a subire le fortissime pressioni economico-finanziarie sovranazionali. Se non lo facessero verrebbero schiacciati in breve tempo e le loro popolazioni ridotte in malo modo. È soprattutto questa la ragione per cui qualunque sia la forza politica che abbia l’incombenza di governare, destra sinistra centro non ha importanza, fa più o meno le stesse cose e non può fare diversamente. Non a caso le differenze di proposta e d’intervento tra coloro che aspirano a governare sono tecniche o funzionalistiche, non di sostanza. Per tutto questo è plausibile pensare che gli astenuti abbiano deciso di non votare proprio perché il loro voto banalmente non sarebbe servito a niente.

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A mio parere in quest’occasione, ciò su cui non si è presa posizione da parte degli astenuti non è solo la scelta del partito o movimento politico o coalizione cui si chiede di formare il nuovo parlamento e il nuovo governo. Qui c’è qualcosa di più che rimane irrisolto. Ci sono dei valori che non hanno tempo che avrebbero consigliato una diversa partecipazione. La nostra costituzione che ha 70 anni sancisce all’art. 2 che “La repubblica riconosce e tutela i diritti…” E i diritti di ciascuno, è bene sottolinearlo, sono valori che vengono prima, non negoziabili. Lo dico subito a scanso di equivoci: non sono tra quelli che affermano oggi che la volontà degli italiani (espressa come sappiamo) determinerebbe una possibile deriva autoritaria. Non lo credo come non credo al ritorno del fascismo. Però osservo che alcuni fatti avrebbero consigliato una risposta precisa dalla collettività e le recenti consultazioni erano il luogo della ‘prima risposta’. E’ risaputo come, storicamente e progressivamente, i partiti si siano disciolti come neve al sole facendo emergere una rappresentanza tutta fatta dal vertice. Gli slogan delle recenti consultazioni lo testimoniano : i leader fotografati in primo piano con imperativi quali : “Credo…Scegli…Pronti” Gli studiosi chiamano il fenomeno ‘caudillismo’, teoria spiegata per dimostrare la decadenza democratica del Sudamerica. Frattanto, in altro contesto politico, ma con i medesimi effetti la Polonia ha stabilito che le leggi polacche prevalgono sulle leggi di Bruxelles. Ed ancora è innegabile che siamo in epoca di post globalizzazione: scorri il telefonino e trovi cose fatte da altri. A questo punto tu Nazione cosa fai alzi un muro e dici queste cose di qua non passano? Questo lo fanno i cinesi che possiamo tranquillamente definire una nazione autoritaria. Noi invece abbiamo costruito il nostro sistema costituzionale in base all’art.11, per cui l’Italia accede alle limitazioni di sovranità necessarie ad assicurare sicurezza e libertà. Questo è il contesto in cui ci si muove oggi in Italia e che avrebbe richiesto, a mio parere, altra sensibilità dagli elettori. La costituzione è coerenza è armonia e viceversa nello squilibrio dei valori si inseriscono i germi di coloro che dicono non mi interessa, cioè per l’appunto degli indifferenti. Credo che ci siano dei valori che non hanno tempo. Quando si sceglie bisogna decidere quali sono i valori identitari. Penso ad esempio che l’uguaglianza come valore sia indiscutibile: se ne può poi discutere l’applicazione pratica. Siamo uguali nel diritto di essere noi stessi. Il sovranismo in quest’ottica può essere plausibile ove non voglia negare chi siamo. Anche la costituzione della repubblica romana (1849), all’art. 1 recante i principi fondamentali così stabiliva : “ La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica”. Dunque sin dal 1849 la sovranità del popolo era temperata dalla democrazia. Mettere mano alla costituzione è sempre possibile purché si mantenga la condizione di garantire i diritti fondamentali e l’esecuzione degli inderogabili doveri di cui all’art. 2. Il nostro(per fortuna) è ancora un sistema basato su regole condivise. La democrazia, che è pur sempre una macchina complicata, ti obbliga a fare sempre passi in avanti, di ascoltare ciascuno a tutti i livelli e permette a ciascuno di dire la propria.

L’alternativa è comoda, demandare ad un altro che decide. Ma mentre riporto in assoluta fedeltà e coscienza le ragioni che militano per il voto considero anche che l’indifferenza, come nel romanzo di Moravia, è figlia della noia. Ed è proprio su quest’assenza di interesse per un voto che non cambia la qualità della nostra esistenza che bisogna lavorare e recuperare. Se non si vuol perdere definitivamente ‘appeal’ anche presso le giovani generazioni cui si addosserebbe l’inutile, ennesimo, fardello. Quello dell’astensionismo.

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Claudio Basile
Claudio Basile
Avvocato Claudio Basile Per info e contatti: [email protected]
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