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Marco Della Luna: Terminus. Il Dio inconscio e lo statuto dell’Essere Aurora Boreale Edizioni

Il pensiero comune intende la realtà, l’essente (l’essente come tale, non nelle sue varie manifestazioni, quali i pianeti, le emozioni, i virus etc.), in un modo ontologica-mente preciso e articolato secondo la seguente ‘mappa dell’essere’, la Mappa 0: – il reale consiste in materia, energia, pensiero; – ciascuno di questi tre componenti ha sue proprie leggi e interagisce con gli altri due secondo altre leggi; – è soggetto al divenire nel tempo secondo causa ed effetto; – ed è disposto nello spazio; – consiste in moltissimi enti (oggetti, cose, animali, persone); – questi enti, ciascuno indipendentemente dagli altri, entrano ed escono dal non essere nel corso del tempo, ossia del divenire; inoltre subiscono mutamenti; – il pensiero conosce il resto del reale attraverso i sensi; – il conoscere è un’azione, una relazione; – gli essenti sono molti, indipendenti tra loro in quanto all’esistenza: ciascun ente può venire in essere o cessare di essere senza che un altro ente inizi o cessi di esistere; -esistono molti soggetti, che comunicano tra di loro.

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Le domande ontologiche su cui Marco Della Luna nel suo libro Terminus ci fa riflettere e utilizzare la filosofia per diventare come dice lui immortali:  “In collegamento con le cinque aree principali della indagine sopra delineate, i principali quesiti ontologici sono così inventariabili: Che cos’è l’essere? Quali sono le sue proprietà? Sono esse e il ‘mondo’ deducibili in via di pura ragione oppure vi è un dato fattuale non deducibile, un oggetto non prodotto dal soggetto? Come si spiega l’esistenza di qualcosa di dato al soggetto? Da dove viene? Perché esiste qualcosa anziché non esistere? Esiste di necessità tutto ciò che non è autocontradditorio? Essere è uno stato oppure un’azione, un processo? È unico oppure molti? Esiste un principio comune a tutti gli enti? Essenza ed esistenza sono separate, nel senso che alla prima si aggiunge o non aggiunge la seconda, oppure coincidono? Può esistere (distinguersi dal niente) qualcosa che non diviene? E può esistere distinguersi dal niente) qualcosa che diviene? L’essere puro esiste separatamente dalle determinazioni? Gli enti sono indipendenti tra loro quoad existentiam? L’esistenza è unica per tutto ciò che esiste, oppure ha diversi modi o gradi? Ossia, gli enti esistono tutti nel medesimo modo di esistenza, oppure no? Come possono gli innumerevoli enti essere uniti in un’unica manifestazione? L’essente inizia e cessa, oppure non può essere o divenire niente? È finito o infinito? Che rapporto ha con la coscienza? Quanto è esso cosciente o incosciente? La coscienza è una o sono molte? Come è essa cosciente di sé? Esistono coscienze oltre la mia? Come e quanto posso conoscerle? È possibile liberarsi dalla contraddizione? È possibile dare risposte non meramente ipotetiche a queste domande? Qual è il rapporto tra io ed estensione (spazio, tempo)? Esistono cause efficienti e finali? Esiste e può essere accertata un’eccedenza dell’essente rispetto al manifestarsi, alla coscienza in assoluto? Qual è il rapporto tra essere ed apparire? L’oggetto, la natura, i fenomeni derivano dal soggetto? Si possono, e se sì come, formalizzare logicamente in modo in contraddittorio concetti di ciò che chiamiamo tempo, di ciò che chiamiamo spazio, e in generale di ciò che chiamiamo relazione? Può la totalità dell’essere apparire (apparire a sé) tutta insieme, o per apparire necessita parzialità e successione nell’apparire? Se esiste una successione, o più successioni, ciascun momento di esse in che relazione sta con il momento successivo e il momento precedente? Come si spiegano le regolarità dei fenomeni riscontrati dalle scienze naturali? Esiste la libertà (il libero arbitrio di indifferenza)? Posto che l’essente è ideale, la sua molteplicità empirica deriva di necessità da un principio puro assolutamente posto, come secondo Hegel; oppure dallo svolgimento di un’attività inconscia dell’Io individuale, come secondo Kant e Fichte; oppure da altro ancora? Le determinazioni appaiono non come semplici ma come ‘storiche’, con una dimensione ortogonale rispetto: questa matita mi appare come ora-nella-mia-mano-e-prima sulla scrivania, etc. Ciò posto, nella totalità del fenomenologicamente immediato appaiono altre totalità, altri orizzonti, inclusi in essa, in quanto mancanti di una qualche determinazione, anzi di essi ciascuno manca di qualcosa rispetto a un altro, a mo’ di treno, e questa è la freccia del tempo, il divenire? Si può, e come, inferire qualcosa oltre la totalità dell’immediato, dell’esperito? Qual è il rapporto del mio io con l’Assoluto e con l’oggetto? Che cosa è immediato? E che cosa significa ‘immediatezza’? Solo le singole sensazioni?  Osservazione:  È qui da osservare, ovviamente, che l’immediato non si esaurisce nella somma delle molteplici sensazioni perché esse appaiono come un insieme, entro un orizzonte coscienziale, e appaiono quindi come costituenti una totalità.

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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