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Le ineffabili avventure della Befana e della dea Diana nel culto della Dodicesima Notte

La Festa della Dodicesima Notte ispirò William Shakespeare che scrisse l’omonima commedia che ebbe la prima rappresentazione il 6 Gennaio del 1601 al Globe Theatre di Londra. E non credo sia stato il caso ad ispirare il bardo. Come ogni altra opera, che scrisse e interpretò, l’esoterismo, la tradizione, la gnosi “conservata” dei suoi testi, è ormai verità inconfutabile. Ma qual è la connessione tra la Befana, il culto di Diana e la Dodicesima notte dal Solstizio d’Inverno?
Partiamo dal fatto che molte feste cristiane, se non tutte, hanno una matrice pagana: perché mai il cristianesimo e poi il cattolicesimo invece di eliminare completamente i culti pagani li ha assorbiti dandogli una “giustificazione cristiana”? Avrebbe potuto eliminarli del tutto, durante la sua infinita crociata di conversione, invece li ha riconvertiti, oggi si direbbe “riciclati”, modificando giustappunto date, eventi e soprattutto miti. Perché di questo si tratta. Ogni popolo “sceglie” la propria religione in base all’establishment di turno.  Ma esiste un “homo religiosus”, ossia l’uomo che per migliaia e migliaia d’anni, prima della modernità ha sempre avuto la consapevolezza che esiste una fondamentale distinzione fra tempo profano e tempo sacro, e ha uniformato, nella sua “infinita sapienza”, i ritmi, il lavoro e il modo di porsi nei confronti della natura. In base a tale consapevolezza, ha stabilito che non era un ordine razionale, ma sovra-razionale. Le dodici notti “sante” fra il Natale e l’Epifania sono il momento sacro per eccellenza e un concetto simile era già presente nell’antichità pagana: basti pensare ai Saturnali, festa degli antichi romani che durava dal 17 al 23 dicembre e la festa del dio d’origine persiana Mithra, connessa, attraverso una serie di passaggi di natura sincretista, con il culto di Dioniso che veniva celebrata in Oriente nella notte del 24 dicembre. La fusione delle tre tradizioni la solare, la mitraica e la cristiana, si deve a Costantino, primo imperatore romano, ad accettare ufficialmente il culto dei cristiani. È un fatto inequivocabile che il periodo compreso fra il solstizio d’inverno e la prima settimana di gennaio, da tempi immemorabili, è un periodo sacro, legato al mistero della morte e della rinascita e, quindi, al ciclo che eternamente si rinnova nelle forze vitali in seno alla natura. Il cristianesimo, non è una religione naturalistica; esso non divinizza la natura e le sue forze, ma riconduce tutto ciò che esiste al disegno sapiente e benevolo di un Dio che sa quello che ci vuole per le sue creature.

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Ma torniamo all’origine della Befana, o della Beffarda Diana che è invece da ricondurre nel mondo agricolo e pastorale. Anticamente per la “dodicesima notte” dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura di Madre Natura. In questa notte Madre Natura, aveva già donato tutte le sue energie durante l’anno, apparendo quindi sotto forma di una vecchia e benevola strega, che volava per i cieli con una scopa. In quelle “dodici notti” il popolo contadino credeva di “vedere volare” sopra i campi appena seminati, Diana con un gruppo più o meno numeroso di donne, per rendere appunto fertili le campagne. Diana e le “beffarde” donne della Luna, dichiarate tali perché la certezza del raccolto dipendeva dalla giusta o sbagliata seminagione: se si sarebbe rispettato il ciclo lunare luna nuova, crescente, piena e calante, il raccolto sarebbe stato “giusto”. Viceversa il raccolto della seminagione sarebbe stato sbagliato e creato quindi un’annata di carestia. Non avevano nulla di maligno, corrispondevano ad un ciclo di fertilità che aveva le sue regole “naturali” che esulavano le leggi umane e divine.

 

Ma la Chiesa cristiana le condannò in quanto pagane, perché regolate dalla natura, quindi dalla Dea Madre, e per rendere più credibile e più temuta questa condanna le dichiarò figlie di Satana! Diana, da buona dea della fecondità diventava così una divinità infernale, che con le sue cavalcate notturne alla testa delle anime di molte donne stimolava la fantasia dei popoli contadini. Da qui nascono i racconti di vere e proprie streghe, dei loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Il personaggio della Befana e la sua festa nasce e si evolve dai culti atavici della Dea Madre e dai riti e miti legati all’agricoltura e alla fertilità.  Si apre così l’iconografia della Befana giunta sino ai giorni nostri: donne malvagie streghe brutte e sdentate, dai capelli arruffati a dagli abiti cenciosi.

 

Sino alla fine del ‘500 comunque la Befana non è ancora una persona sola, che viene incarnata da queste donne/streghe, ma è soprattutto una festa. Una festa in cui si accendono fuochi e si suona e si balla per esorcizzare l’inverno con le sue paure (la faccia demoniaca della Befana) e si festeggia l’arrivo di una nuova stagione, si spera, ricca di messi e di doni (la faccia buona della befana). Sino alla fine del ‘600 esiste la credenza che le Befane siano due, una buona ed una cattiva. Una festa a cui partecipavano tutte le classi sociali senza distinzioni tra nobili e plebei. Se abbiamo “seminato bene” per noi e i nostri cari troveremo, dolciumi e regali; se abbiamo “seminato male”, troveremo solo carbone. Quindi “la calza” riguarda Le azioni/relazioni che abbiamo fatto durante l’anno e le loro motivazioni, impulsive, istintive e affettive. Se il “dono” avuto in regalo ci lascia perplessi e perplesse è perché non abbiamo compreso le fasi della Beffarda Diana, ovvero ci sfugge qualcosa sulla naturale seminagione secondo il ciclo della Luna: nuova, crescente, piena e calante. E questo avviene ogni mese dell’anno. Come le fasi del ciclo femminile: strega, vergine, madre e incantatrice. A proposito del dono della Beffarda Befana Diana esiste una storia tramandata che riguarda la metafora del cibo o del carbone nella calza. In una notte fredda e tempestosa due poveri ebbero la possibilità di scegliere come sopravvivere prendendo il dono della “calza” : uno scelse il cibo con cui si sfamò morendo di freddo nella notte e l’altro il carbone con cui si scaldò restando vivo il giorno dopo.

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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