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Blitz a Palermo, investigatori: ‘pizzo per controllo territorio e sostentamento detenuti’

Coinvolti 5 insospettabili, commercialista 'consigliere' economico boss

“La costante pressione del fenomeno estorsivo si rivela ancora una volta uno strumento indispensabile utilizzato da cosa nostra per mantenere il controllo del territorio di riferimento e garantirsi il sostentamento dell’organizzazione e delle famiglie dei detenuti”. A dirlo sono gli investigatori della Polizia dopo il blitz antimafia che all’alba di oggi ha colpito il mandamento di Resuttana, a Palermo. Diciotto le misure cautelari (16 in carcere e 2 agli arresti domiciliari) eseguite dagli uomini della Squadra mobile a carico di altrettanti indagati, ritenuti responsabile, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, concorso in associazione di stampo mafioso, detenzione di arma comune da sparo.

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Il copione è quello classico della ‘messa a posto’, ossia nell’esborso di una somma di denaro da parte della vittima da far confluire nella ‘baciliedda’ (bacinella, ndr) a disposizione della cosca o nel recupero dei crediti vantati da soggetti vicini alla famiglia mafiosa. “Tali forme di ‘pressione’ sono risultate molto diffuse, se si considera che il territorio in cui ricade il mandamento investigato è tra quelli in cui vi è maggiore incidenza di attività produttive in città”, dicono gli investigatori.

 

Un commercialista, un notaio e tre imprenditori. Ci sono anche degli insospettabili tra i destinatari delle misure cautelari eseguite dall’alba di oggi dalla Polizia di Stato nell’ambito del blitz antimafia che ha smantellato il clan di Resuttana a Palermo. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e dalla locale sezione Investigativa dello Sco, coordinate dalla Dda, hanno svelato il “capillare controllo del territorio” esercitato anche attraverso “la contiguità con alcuni professionisti di settore o appartenenti al locale mondo imprenditoriale”. Insospettabili, appartenenti alla cosiddetta ‘zona grigia’ ed espressione delle “contiguità” tra professionisti locali, medi e piccoli imprenditori ed esponenti, anche apicali, del mandamento.

Si tratta di un commercialista, accusato di associazione di stampo mafioso in qualità di consigliere economico del capo mandamento, di un notaio, sospettato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; di un imprenditore edile, accusato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; di un imprenditore attivo nel settore della vendita di calzature, sospettato di concorso in associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso e, infine, un imprenditore attivo nel settore della ristorazione, accusato di associazione di stampo mafioso.

 

Le mani del clan sulle pompe funebri. Pizzo ma non solo per i boss del mandamento di Resuttana, a Palermo, colpito oggi dal blitz antimafia ‘Resurrezione’ della Squadra mobile, coordinata dai magistrati della Dda. Diciotto gli arresti (16 in carcere e 2 ai domiciliari) con l’accusa, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, concorso in associazione di stampo mafioso, detenzione di arma comune da sparo. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e dalla locale Sezione investigativa dello Sco, avrebbero permesso di ricostruire gli attuali assetti del clan, raccogliendo “gravi elementi di colpevolezza” sui rispettivi ruoli e contributi degli indagati.

Gli investigatori hanno così potuto fare luce non solo sull’intensa attività di riscossione del pizzo ai danni di attività commerciali e imprenditori della zona, ma anche sul controllo e sulla gestione dei servizi funerari all’ospedale di Villa Sofia di Palermo. “Attività illecite che rappresentano per la famiglia mafiosa di Resuttana fonte primaria di guadagno”, spiegano gli investigatori.

 

Il pizzo a tappeto per esercitare un controllo capillare sul territorio ma anche per finanziare le casse del clan. L’ennesima operazione antimafia a Palermo, che all’alba di oggi ha portato all’arresto di 18 tra capi e gregari del mandamento di Resuttana, ha svelato come il racket resti uno “strumento indispensabile” per i boss di Cosa nostra. Le indagini degli investigatori della Squadra mobile di Palermo e dello Sco, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno svelato che come la gestione del racket delle estorsioni abbia generato fibrillazioni tra i due mandamenti confinanti, Resuttana e San Lorenzo. Tensioni che vennero definite durante una riunione chiarificatrice tra i rappresentanti delle due famiglie.

 

 

 

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