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La storia del “Catania Book Festival” raccontato dal direttore: Simone Dei Pieri

Giunto alla sua quarta edizione con il grande merito di aver portato il Tour Premio Strega per la prima volta in Sicilia

Simone Dei Pieri: “Il Catania Book Festival è la prima Fiera Internazionale del Libro e della Cultura organizzata nella città di Catania. L’obiettivo è quello di riportare la cultura, elemento storico della città, a disposizione di tutti, non solo degli appassionati”.

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Susanna Basile: Simone raccontaci come è nata l’idea.
Simone Dei Pieri: Catania Book Festival è stata un’idea nata del 2019, da alcuni amici, che fanno parte dello staff, abbiamo una diversa formazione che si integra perfettamente a progetto. Mancava un momento culturale a Catania, un evento organico che potesse strutturare l’editoria di cui era così ricca in passato. Come età eravamo tra i venti e trent’anni quindi molto giovani pieni di volontà ed entusiasmo. Nel 2019 siamo stati all’Istituto Ardizzone Gioeni, che oggi non riesce più a contenerci. Nel 2021 ci siamo spostati in dei locali più grandi che sono quelli della Galleria d’Arte Moderna di Catania, iniziamo ad allargare un po’ la programmazione, insomma l’evento, che appunto prende il volo, nonostante la pandemia da Covid. Nel 2022 è stata, la prima edizione vera perché, appunto senza alcuna restrizione, gli eventi si potevano svolgere in maniera un po’ più serena, quindi ci siamo spostiamo finalmente alle Ciminiere, più di cento incontri nel 2022, 160 nel 2023.

S.B:  C’è un ragionamento da parte vostra, c’è un, un Fil rouge che vi conduce nelle scelte degli autori, oppure delle tematiche, come funziona?
S.D.P.: Ci sono più di un ragionamento. Il primo che facciamo, ogni anno, è quello di pensare un evento, che sia capace di raccogliere veramente tutti, e di interessare veramente tutti che abbia appunto un animo profondo. Questo, ovviamente, lo facciamo perché il pubblico si deve sentire sia proprio agio, nel partecipare all’evento, quindi, se ti decide di tornare a casa con un libro che non ha mai letto, con la conoscenza di un autore, un’autrice che non ha mai incontrato, e via dicendo. Questo è il primo. Il secondo è una ricaduta sul territorio: quest’ anno abbiamo superato i 12.000 partecipanti, in termini di indotto, diretto e indiretto. L’indotto è una voce importante: per ogni persona che partecipa al festival, alloggia e dorme mangia qui, questo ritorno economico non va al Festival ma va alla città, agli albergatori e ai ristoratori, va a tutte le persone che fanno eventi. Terzo  abbiamo inserito il dialogo con i musei. Museo dello sbarco in Sicilia, il Museo del Cinema, la Mostra Permanente della Collezione La Gumina di Carte Geografiche Antiche (dal XV al XIX Secolo) e la Mostra di Radio d’epoca della Collezione Francesco Romeo che sono estremamente interessanti.

S.B.: Quindi eventi all’interno del Festival, Musei aperti e stand con gli editori: come avete fatto a gestire tutto e come hanno fatto le persone a partecipare contemporaneamente agli eventi?
S.D.P.:  Accedevi al Catania Book Festival e poi potevi partecipare come volevi creandoti il tuo percorso secondo i tuoi gusti e piaceri personali l’importante è incontrare il gusto di tutti e non annoiarsi.

S.B: Quindi ho visto che c’è anche una ricerca sulle case editrici che sono comunque di natura più indipendente, come avviene la scelta?
S.D.P.: Cerchiamo di garantire quanto più spazio possibile alle case editrici, soprattutto dopo Covid. Quest’anno ci sono circa 30 editori, indipendenti, e nazionali, cerchiamo di equilibrare sempre le presenze. Se non ci fossero le case editrici indipendenti, tante pubblicazioni sparirebbero, siamo contenti di essere un punto di riferimento che cresce ogni anno, l’anno prossimo, puntiamo ad averne di più di editori.

S.B.: Gli italiani sono uno dei popoli più analfabeti che ci sono in circolazione: ma come si fa a vendere libri a chi non legge? Ti racconto un aneddoto in proposito: i popoli di religione protestante hanno sempre letto la Bibbia mentre i cattolici no, perché ne era stata proibita la lettura fino alla fine del 1800. Morale: mentre i popoli anglosassoni hanno imparato a leggere cinquecento anni fa gli italiani analfabeti per secoli hanno inventato l’opera lirica, i cori e il bel canto.
S.D.P.: Non lo so come si fa a vendere libri a chi non legge ma ho letto di un dati statistici sconvolgenti: siamo un popolo di scrittori e il 30% dei libri che viene pubblicato ogni anno non vende neanche una copia, quindi vuol dire che neanche “la madre”, dell’autore la compra. C’è stato anche un modo “sbagliato” di vedere i ragazzi, che leggono  come il topo da Biblioteca, ora però hanno nel cellulare, quindi c’è un sostituzione, secondo me ogni epoca ha i suoi modi esistenti, però è anche vero che non siamo graduali, noi pretendiamo che un bambino ha 5, 6 anni legge dei grandi classici, ma ha poco senso, avrebbe più senso secondo me accompagnarlo, farlo appassionare, magari con qualcosa altro alla lettura…

S.B.: Io gli farei leggere come classici, tutti quelli che hanno a che fare con l’avventura, per dire i Viaggi di Gulliver, che è un classico incredibile che ha vari livelli di lettura, però…
S.D.P.: Ma guarda, ti lancio un’altra “palla”! Il mondo di Topolino! Mio padre li lasciava disseminati per casa. Topolino ti insegna a ragionare, è divertente, è dissacrante… ci sono tanti classici la Divina Commedia, la storia in generale con i cartonati da collezione in libreria.

S.B.: Torniamo a noi: ci sono altri festival sui mondo dei libri sia nella nostra città, e sia in altre città. Cosa ne pensi?
S.D.P.: Mi sembra una cosa buona, che ci siano i festival dei libri, sperando che non si generi confusione. Il pubblico non è una massa informe, bisogna avere grande rispetto per il pubblico, poiché non tutti i festival hanno una programmazione, per esempio, la gente prima o poi se ne accorge. Sono assolutamente contento che ci siano tanti festival, a livello solo regionale, tra l’altro dopo il Catania Book Festival, ne sono nati, altri sei in Sicilia, con alcuni dei quali siamo in rapporti fraterni. Io mi auguro che quelli che nasceranno, oltre a quelli che sono già nati, abbiano una loro identità, se un Festival non è che una passerella di turno, non va bene farlo. Se invece c’è un ragionamento, c’è un’idea efficace dietro che vuole diventare qualcosa che si evolva e che resti nella nostra cultura ben venga…

S.B.: E poi quest’anno avete aperto il Tour del Premio Strega…
S.D.P.: Sì la prima volta in Sicilia…

Il resto della storia con approfondimenti sui temi trattati lo troverete nell’appassionante video della nostra amabile conversazione.

 

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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