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Dal laboratorio al mercato, il difficile percorso dell’innovazione

L’Unione europea ha sempre investito molto per sostenere la ricerca scientifica, e i vari programmi pluriennali hanno avuto uno straordinario impatto, significativamente superiore a quello di realtà come Usa, Cina o altri paesi asiatici. Ma non altrettanto, in termini di investimenti e strategie, è stato fatto per ‘fare innovazione’, ossia aiutare le ricerche più valide a fare il salto dal laboratorio al mercato

«L’Unione europea ha sempre investito molto per sostenere la ricerca scientifica, e i vari programmi pluriennali hanno avuto uno straordinario impatto, significativamente superiore a quello di realtà come Usa, Cina o altri paesi asiatici. Ma non altrettanto, in termini di investimenti e strategie, è stato fatto per ‘fare innovazione’, ossia aiutare le ricerche più valide a fare il salto dal laboratorio al mercato». Per questo – ha spiegato Francesco Profumo, già ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dal 2011 al 2013 e presidente del Cnr, e attuale presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo – in anni recenti è nato l’Eic, il Consiglio europeo dell’Innovazione, l’organo che incentiva il dialogo tra ricerca di base, ricerca applicata e trasferimento tecnologico, sostenendo quei progetti che possono essere competitivi con quanto viene prodotto nello scenario mondiale.
Profumo, unico rappresentante dell’Italia nel ‘board’ dell’Eic, ha incontrato la comunità accademica catanese nell’aula magna del Palazzo centrale, in occasione di uno dei ‘colloquia’ promossi dalla Scuola Superiore di Catania. «Transizione ecologica e digitale, tecnologie per la salute, resilienza sociale, sono i temi al centro dell’azione del Consiglio, che lavora in parallelo con il Consiglio europeo della Ricerca (Erc) che a sua volta sostiene progetti eccellenti di ricerca libera – ha proseguito Profumo -. Anche in questo caso la vera battaglia si gioca sui talenti e sulle competenze, oltre che sull’inclusione, senza cui sarà difficile riuscire a gestire i progetti finanziati dal Pnrr, col rischio di dover lasciare alle nuove generazioni un debito pubblico ancora più alto. Da un lato occorre quindi muoversi per capitalizzare le eccellenze, ossia i nostri studenti, docenti e ricercatori, e dall’altro favorire l’accesso ai capitali di rischio per quelle idee di cui si può intuire la capacità di penetrazione nel mercato, ricorrendo però a sistemi ibridi di finanziamento: non solo ‘grant’ a fondo perduto, come per la ricerca libera, bensì soluzioni che responsabilizzino e facciano maturare l’innovatore».
«L’Università di Catania – ha sottolineato il rettore Francesco Priolo – ha una lunghissima tradizione di rapporti virtuosi con aziende e altri centri di ricerca del territorio che nei prossimi giorni si concretizzeranno in un’altra importante iniziativa in un settore tecnologico molto avanzato. Sul piano nazionale e internazionale occorre però continuare a puntare sui fattori umani e sociali, fondamentali per innestare l’innovazione e permettere così di utilizzare i risultati della ricerca per accrescere il benessere economico e sociale delle comunità». «Siamo lieti di aver potuto offrire ai nostri allievi questa occasione di riflessione – ha osservato il presidente Daniele Malfitana -.

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La Scuola intende continuare ad organizzare opportunità di incontro con personaggi di rilievo nel panorama scientifico e culturale, che permettano soprattutto ai giovani di entrare in contatto in maniera consapevole con il futuro che li attende».

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