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Blitz Dda contro Trigila, il permesso del clan per lavorare sul territorio

Palermo, 11 mag. – Minacce ed estorsioni. E’ così che il clan Trigila impediva ai trasportatori di prodotti agricoli di lavorare liberamente in quello che definiva “il suo territorio”, ovvero la zona di Noto, Avola, Pachino e Rosolini, nel siracusano. “Ma chi ve l’ha data questa autorizzazione”. “Io sto prendendo i bins e gli sto dando fuoco ora stesso, subito. E qua non ci deve entrare nessuno, se prima non ve lo dico io, perché il padrone(…) sono io”. Sono alcune delle intercettazioni dell’inchiesta condotta dalla Dda di Catania e che questa mattina ha portato a 13 arresti.  Tre gli episodi di estorsione ai danni di operatori del settore del trasporto merci accertati dalle indagini.  Ad occuparsi della raccolta delle somme di denaro imposte ai trasportatori “per lavorare senza incorrere in problemi” era un soggetto detto ‘u caliddu’. Al nipote del capofamiglia Antonio Trigila, di recente inserito nell’organigramma mafioso, erano invece affidati gli affari relativi all’acquisizione e al controllo dei fondi agricoli.

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Tra i soggetti in posizione apicale spiccava la figura di Giuseppe Crispino, vero e proprio “reggente in libertà” del sodalizio al quale, sino alla data del suo arresto il 4 luglio 2018, era stata affidata la raccolta dei proventi illeciti necessari al sostentamento dell’associazione, il pagamento degli stipendi alle famiglie dei sodali detenuti, la detenzione delle armi e la conduzione delle attività più delicate come le estorsioni e il traffico di sostanze stupefacenti.  L’arresto di Crispino, trovato in possesso di circa 650 grammi di cocaina e di 4 pistole perfettamente funzionanti illegalmente detenute, “era la prova lampante di come il sodalizio fosse ampiamente operativo, spaziando su più fronti – sottolineano gli inquirenti – e detenesse un arsenale cui attingere in caso di necessità”.

“Sulle attività imprenditoriali agricole dell’Isola gravano le pessime infrastrutture che aumentano i costi dei trasporti e proprio la mancanza di alternative, facilità l’azione della criminalità”. Così Coldiretti Sicilia commenta l’operazione di questa mattina contro il clan Trigila attivo nella zona sud-orientale della provincia siracusana, tra Noto, Avola, Pachino e Rosolini. La cosca, avvalendosi della forza di intimidazione si era assicurata una posizione dominante nei comparti del trasporto su gomma di prodotti ortofrutticoli, della produzione di pedane e imballaggi e della produzione e commercio di prodotti caseari, influendo e alterando le regole della concorrenza.  “Agrumi, trattori, olio, motori, ogni giorno nelle campagne siciliane viene rubato di tutto e solo maggiori controlli riducono il danno che gli agricoltori sono costretti a subire -aggiunge Coldiretti – A questo si somma un sistema che impone pizzo, guardianìa e vessazioni varie. Il volume d’affari nazionale complessivo annuale delle agromafie è salito a 24,5 miliardi di euro con un balzo del 12,4% nell’ultimo anno. Come ha fatto di recente l’imprenditore Giuseppe Condorelli la denuncia rimane l’unico mezzo di difesa”.
(Adnkronos)

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