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“JustSmart”, presentato al Tribunale etneo modello per snellire lavoro uffici giudiziari

Avviate le attività di ricognizione degli uffici del processo e smaltimento dell’arretrato. Coinvolti atenei, tribunali e corti d’appello di Sicilia e Sardegna

Innovare i modelli operativi degli uffici giudiziari per smaltire gli arretrati e favorire la gestione delle attività ordinarie. Sono i principali obiettivi del progetto “JustSmart” – di cui l’Università di Palermo è capofila di un partenariato composto anche dagli atenei di Catania, Messina, Cagliari e Sassari – che coinvolge i tribunali e le Corti d’Appello dei distretti giudiziari di Cagliari, Caltanissetta, Catania, Messina e Palermo e mira all’elaborazione di un modello operativo dell’Ufficio per il Processo negli uffici giudiziari interessati.
Un progetto che è stato presentato ieri pomeriggio, nell’Aula delle Adunanze del Palazzo di Giustizia, con l’iniziativa “Progetto Just Smart: presentazione inizio attività Linea 1 e 2” organizzata dalla Corte di Appello del Tribunale di Catania nell’ambito di “Giustizia Smart: Strumenti e modelli per ottimizzare il lavoro dei giudici – JustSmart”.
«È uno dei sei macro-progetti ammessi al finanziamento dalla Direzione Generale per il Coordinamento delle politiche di coesione del Ministero della Giustizia nell’ambito del bando per “la diffusione dell’Ufficio per il Processo e l’implementazione di modelli operativi innovativi negli uffici giudiziari per lo smaltimento dell’arretrato – ha spiegato Mariano Sciacca, coordinatore dell’Ufficio Innovazione e Sviluppo organizzativo (Uiso) del Tribunale di Catania -. Un investimento di oltre 51 milioni che coinvolge 57 atenei italiani, suddivisi in sei macro-progetti, per avviare un’attività in stretto raccordo tra le università e gli uffici giudiziari dei territori e con il Ministero della Giustizia. Un’occasione storica e importante che deve responsabilizzare tutte le parti, che mescola saperi e conoscenze e che richiede una piena sinergia tra le parti. Un’occasione importante per il Sud che deve dare una risposta credibile su scala nazionale e europea».

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Sulla stessa linea anche il presidente della Corte d’Appello di Catania, Filippo Pennisi, che ha rimarcato la «necessità di migliorare il percorso dell’Ufficio per il processo tramite un cambiamento della metodologia di lavoro e di mentalità di magistrati e amministrativi grazie al prezioso contributo e metodi innovativi proposti dall’Università di Catania; la società moderna e l’Europa ci impongono infatti percorsi nuovi in funzione del miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario e delle prestazioni degli uffici, anche al di là delle  emergenze e degli interventi straordinari».
Un progetto che vede l’Università di Catania impegnata con 30 docenti di 7 dipartimenti e ben 42 tra assegnisti e borsisti selezionati di recente per collaborare ad attività di ricerca per lo sviluppo del progetto finanziato dal Programma Operativo Nazionale “Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”.

 

«Un progetto che richiede una grande interdisciplinarietà delle risorse dell’ateneo catanese per sviluppare le diverse fasi del progetto tramite una nuova metodologia, ma occorre il contributo di tutti per comprendere le problematiche e risolverle. Sono sicuro che riusciremo a raggiungere questo obiettivo» ha spiegato il rettore Francesco Priolo.
Sugli aspetti tecnici del progetto e sull’innovazione dell’Ufficio per il processo si sono soffermati i docenti Sergio Fichera e Vania Patanè dell’ateneo catanese.
In particolar modo hanno evidenziato che entro il 2023 il “sistema” entrerà a pieno regime partendo dalle fasi di ricognizione degli uffici del processo e smaltimento dell’arretrato grazie ai 14 gruppi di lavoro coordinati dai docenti dell’ateneo che opereranno principalmente al Tribunale di Catania, ma anche in quelli di Ragusa, Siracusa e Caltagirone.

Foto di copertina: da sinistra Sergio Fichera, Mariano Sciacca, Filippo Pennisi, Francesco Priolo e Vania Patanè

 

 

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