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Monti: “esecutivo tecnico? l’idea spunta quando i partiti non si accordano”

Roma, 2 feb. – L’idea di affidare il governo a figure istituzionali ”rispunta spesso, è vero. Ma è molto raro che venga attuata. Se per governo istituzionale o tecnico si intende un governo guidato da un presidente del Consiglio che non appartenga a nessuno schieramento politico, come sarebbe Mario Draghi o Marta Cartabia tra i nomi che oggi ricorrono, e con vocazione ad essere sostenuti da tutte le forze parlamentari, se non sbaglio c’è un solo precedente nei 75 anni della Repubblica”. Lo dice al Corriere della Sera, riferendosi all’esecutivo da lui guidato, Mario Monti, commissario europeo fra il 1995 e 2004 e premier fra 2011 e il 2013. “Forse influenzato dalla mia esperienza – spiega Monti – credo che potrebbero esserci due varianti di governo istituzionale o tecnico. E ora non mi soffermo su questo secondo termine, che secondo me rivela il senso di superiorità e di inferiorità che molti politici provano simultaneamente, dovuto alla, diciamo, sempre meno alta considerazione in cui il resto del Paese li tiene, qualche volta erroneamente”. C’è, spiega “una variante bassa, che non aspira ad essere di grande coalizione o unità nazionale, nella quale i leader dei partiti di affidano a un ‘tecnico’ la posizione di guida perché non riescono a mettersi d’accordo su chi di loro debba ricoprirla (come nel governo Conte I), salvo poi recriminare in silenzio se quel ‘tecnico’ si rivela un politico più fine di loro. Poi c’è una variante alta, che aspira alla grande coalizione o unità nazionale. Questa, secondo me, è la sola variante che giustifica la temporanea abdicazione da parte dei politici; ma non certo della Politica, che anzi può allora avvicinarsi un po’ di più all’interesse nazionale”.

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”A questa abdicazione – prosegue Monti – la politica arriva quando si accorge, tardivamente, che il Paese è arrivato alla canna del gas. Allora, scatta un allarme. Occorrono decisioni, non promesse per assecondare gli interessi di questi o di quelli. Quelle decisioni sono in sé difficili da prendere, può darsi che tanti politici non ne siano capaci. E sono impopolari, perché se fossero popolari sarebbero già state prese. Meglio chiamare qualcuno che possa mettere un po’ d’ordine e di chiarezza. E fargli prendere le decisioni impopolari. Certo, queste avranno bisogno di essere approvate in Parlamento. Ma è più facile nascondere la mano e dire alle successive elezioni: ma chi vi ha imposto questi sacrifici? Meno facile sarebbe nascondere la faccia, se fossero stati al governo”.

“Auguro al presidente Fico di riuscire a guidare la formulazione di un programma sul quale tutti i partiti della maggioranza uscente si ritrovino. E che sia abbastanza preciso, non fonte di nuovi litigi tra un mese. Ma se Fico riuscirà in questa impresa, molti si chiederanno: perché non viene messo lui alla prova, di formare e guidare il nuovo governo? Intendiamoci, il presidente Conte ha dimostrato dimestichezza con i problemi del governare, sul piano interno e internazionale, che sarebbero nuovi per Fico. D’altra parte, se sarà Conte a fare il governo, speriamo che senta una forte ‘ownership’, che senta come suo il programma che Fico gli passerà. Conte ha già provato una volta, nel2018, a dirigere un governo del quale di fatto non aveva scelto né il programma né i ministri. Penso che se incontrasse oggi qualcosa di simile, non dovrebbe accettare”.

”Anche le riforme oggi necessarie per Next Generation Eu – conclude Monti – toccheranno forti e consolidati interessi corporativi. Non è tanto probabile che un Paese che non cresce, ma che annega nella liquidità (grazie anche agli interventi della Bce che anestetizzano i politici e in genere gli italiani rispetto all’andamento del disavanzo e del debito pubblico) senta l’urgenza delle riforme e che i politici siano pronti a pagarne il conto in termini di consenso. Gli italiani vedono uno spread alto rispetto aglialtri Paesi, ma che sembra basso. L’hanno visto qualche anno fa a quasi 600. Soprattutto dal 2015, con il Quantitative Easing, la Bce ha certo tolto molti affanni finanziari all’economia europea. Ma, alterando il termometro dei tassi di interesse e degli spread, ha permesso ai governi europei e alle opinioni pubbliche di non proseguire sulla scomoda strada delle riforme strutturali e di una politica di bilancio più corretta”.
(Adnkronos)

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