(di Carmelo Zaffora) Cosa n’è stato dell’Ebraismo siciliano? Lo scrittore Carmelo Zaffora, psichiatra e studioso esperto, di Gangi, tenta di tracciare lo stato di questa cultura sull’isola così prospera e ricca intellettualmente. E lo fa con un nuovo libro, “Le confessioni di Abulafia”, un romanzo storico affascinante tra spiritualità, misticismo e filosofia. Avraham Abulafia, vissuto tra il 1240 e il 1291 fu un mistico, studioso, filosofo e cabalista vissuto in Sicilia negli ultimi dieci anni della sua vita e con questo libro ritorna alla memoria dopo quasi otto secoli di oblìo.
Tutto comincia quarant’anni fa dopo la scoperta in una biblioteca di San Pietroburgo del manoscritto di un allievo di Abulafia che stuzzica la curiosità di Zaffora. Sei, otto anni di ricerca prima di arrivare al romanzo dove viene raccontata la vita e la conoscenza di questa figura paragonabile a Sant’Agostino. Abulafia fu un viaggiatore instancabile, un indagatore di sapienza, un esperto di filosofia e un maestro di Kabbalah. Con la sua opera fondò una conoscenza nuova e rivoluzionaria sovvertendo, con il suo pensiero, l’ordine stabilito delle cose. Incrociò la sua vita con quella di Papa Nicolò III che lo condannò al rogo, con la città di Barcellona, di Patrasso, di Capua e Messina, con il Vespro Siciliano e con tanti sapienti dell’epoca. Esplorò attraverso l’intelletto e la ricerca interiore la possibilità di portare alla luce il meglio di ogni essere umano, avvicinandolo al Signore dell’Universo attraverso la conoscenza dell’alfabeto ebraico, la meditazione, la permutazione delle lettere, il silenzio e la musica. Grande è stata la sua impresa terrena al punto da proclamarsi Messia.
“Questo libro affida ai posteri una catena di conoscenza che non vuole interrompersi mai. È la seconda ristampa dell’opera. La prima edizione è stata acquisita da prestigiose università di tutto il mondo come Yale, Harvard, Zurigo, Gerusalemme e Toronto”, racconta lo studioso. Avraham Ben Shemu’el Abulafia seppe impersonare al meglio il rinnovamento di un sentire cosmico e umano, erudito e popolare, teso al divino e alla speculazione filosofica, dedicato alla ricerca di una Verità necessaria e profonda, legata alla Torah e alle sue scoperte. “In uno dei suoi libri più belli, “I Sette Sentieri della Torah”, ammette che la Torah (la Bibbia del Pentateuco) è un sogno che chiede insistentemente di essere interpretato. Errabondo, loquace, carismatico, sognatore, visionario, Abulafia, instancabile profeta e svelatore di enigmi, assertore di una Verità Unica, conoscitore di un Creatore che per molti è solo paura e formalità, obbedienza e supina ripetizione, cieca teoria di misteri e oscura perpetuazione di pensieri seppe imprimere alla sua filosofia e alla sua concezione del mondo una perennità che ha dimostrato di essere per sempre, e di avere la capacità di riemergere dall’oblio dei secoli con la sua modernità”.
La ricerca e la passione di Zaffora per la cultura ebraica nasce anche in merito ad una storia familiare che si intreccia con l’ebraismo siciliano prima della colonizzazione degli Spagnoli. “Mia nonna usava accendere delle candele in casa e metterle in direzione della città di Gerusalemme. Non capivo di cosa si trattasse fino a quando non seppi delle sue origini. Era appartenente ad una casta sacerdotale. Era l’Avvento dello Shabbath, il giorno di sabato in cui ci si ferma da ogni attività giornaliera”. La Sicilia ha sangue ebraico, 52 erano le antiche Giudecche sparse in vari angoli dell’isola cancellate poi dagli Spagnoli con l’Editto di Granada nel 1492. Le tracce di questa cultura sono visibili ancora oggi in vari cognomi, tra i quali “Pace”, “Salomone”, “Lo Presti”, “Rabbeni”, “Salvo”, “Vitale”, “Lo Iacono” e “Di Pasquale” e nei luoghi del centro storico palermitano come Casa Professa, via Bandiera, via Calderai fino alla zona dei Lattarini.