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Mons. Luigi Renna ed il suo messaggio al mondo universitario: “il sapere ha bisogno della pace”

Queste le prime parole con cui l’arcivescovo di Catania ha avviato il suo dialogo con il rettore, la prorettrice, i docenti, il personale amministrativo e gli studenti dell’Ateneo di Catania in occasione della liturgia per la Pasqua dell’Università

CATANIA – “C’è una condizione che permette a tutto ciò che facciamo o progettiamo di realizzarsi: la pace. Forse per questo sant’ Agostino le dava una definizione che per noi sembra lontana e dal sapore antico: tranquillitas ordinis. Quando non c’è quest’ordine delle relazioni tra istituzioni e persone, non ci può essere spazio per nessuna attività che costruisca l’umano, meno che mai l’università e la scuola. Penso a come procede – se procede- l’attività universitaria in Ucraina, o per i giovani che sono originari di Gaza, o per i siriani”. Sono queste le prime parole con cui l’arcivescovo di Catania ha avviato il suo dialogo con il rettore, la prorettrice, i docenti, il personale amministrativo e gli studenti dell’Ateneo di Catania in occasione della liturgia per la Pasqua dell’Università.

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“Nel Getsemani – ha detto l’arcivescovo – inizia uno stile nuovo, che purtroppo non ha segnato ancora profondamente la storia, in quanto i nomi dei coloro che hanno fatto della non violenza il loro impegno sono ancora troppo pochi: Gandhi, Martni Luther King, Lanza del Vasto, Jean Goss, don Primo Mazzolari, Aldo Capitini, don Tonino Bello. Le loro scelte e le loro teorie si potrebbero mettere in atto oggi, con guerre in corso, con una legittima difesa da assicurare che sembra non finire mai? Certo, è difficile dar risposte, ma non possiamo dimenticare che la via della croce è un’altra”. “Perché Cristo – ha continuato mons. Renna – rimane da solo nel Getsemani? Non perché i suoi discepoli fossero dei codardi, ma perché non riescono ad abbracciare quella idea di consegnarsi, di non usare la spada; cade la spada e a loro sembra che non ci siano alternative che fuggire. Come non ci sono alternative quando quelli che pensano la pace sono pochi e rimangono sempre di meno ed isolati. Diceva don Tonino Bello che il Cristo ha fatto una scelta, quella di prendere la croce per il braccio lungo, e caricarsela sulle spalle, non per il braccio corto, come si brandirebbe una spada”.

 

“Ma perché – si è chiesto e ha chiesto l’arcivescovo – questo discorso all’Università? Perché non si può vivere la conoscenza di tutti i saperi, non si può costruire un linguaggio comune ed accademico, se non si ha un pensiero di pace, nel quale ci sia un modo razionale e aperto all’ incontro dei popoli nel considerare le armi, il loro commercio, la tracciabilità del finanziamento e della vendita, perché le armi possono passare per un niente ad essere strumenti di difesa a strumenti di offesa. E chi pensa in grande, nell’epoca dell’intelligenza artificiale, non può rinunciare alla coscienza umana, quella che sente il dolore dell’altro e il grido delle vittime; quella che non dà diritto di cittadinanza nella storia del pensiero solo ad Eraclito, a Machiavelli, a Spinosa, ma ad Agostino, ad Erasmo da Rotterdam, a Gandhi, … a coloro che ritengono che la pace sia l’ordine da raggiungere fra le nazioni e i popoli, e non una semplice tregua”.

“L’Università di Catania – ha concluso monsignor Renna – sia un luogo dove si trasformino le lance in falci, le spade in vomeri, il pensiero conflittuale in un pensiero che sa sognare grandi utopie, quelle che sono nate nel giardino del Getsemani, con il cadere della spada dalla mano dei discepoli di Cristo, e che attendono di fiorire non solo in piccole aiuole, ma in tutti i campi del mondo”.

 

 

 

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