Palermo, 2 feb. – E’ ancora Matteo Messina Denaro, latitante da 28 anni, il boss a capo di Cosa Nostra. E’ quanto emerge dall’operazione dei Ros, coordinata dalla Dda di Palermo, che questa mattina ha portato a 23 fermi tra esponenti delle famiglie mafiose agrigentine e trapanesi. Le indagini hanno evidenziato “la perdurante posizione apicale” del boss di Castelvetrano nell’ambito di Cosa Nostra. E’ a lui che spetta la decisione finale sulle questioni importanti all’interno dell’organizzazione. “Messina Denaro – scrivono gli investigatori – punto di riferimento decisionale dell’organizzazione, ha continuato a impartire direttive sugli affari illeciti più rilevanti gestiti dal sodalizio nella provincia di Trapani ed in altri luoghi della Sicilia”.
E’ nello studio di un avvocato, Angela Porcello, che si tenevano i summit fra i capimafia di diverse province siciliane. E’ uno dei particolari che emerge dall’operazione di questa mattina dei Ros, coordinata dalla Dda di Palermo, che ha portato a 23 fermi di esponenti delle famiglie mafiose agrigentine e trapanesi. L’avvocato, compagna del boss Giancarlo Buggea e legale di numerosi affiliati del mandamento, aveva assunto “un ruolo di rilievo” all’interno dell’organizzazione e “sfruttando le garanzie del mandato difensivo ha messo a disposizione il proprio studio per l’esecuzione di summit mafiosi, ritenendolo luogo non soggetto ad investigazioni”.
In quello studio si sono incontrati elementi di primo piano come Luigi Boncori, capo della famiglia mafiosa di Ravanusa, Giuseppe Sicilia, capo della famiglia di Favara, Giovanni Lauria, capo della famiglia mafiosa di Licata, Simone Castello, uomo d’onore di Villabate e già fedelissimo di Bernardo Provenzano, e Antonino Chiazza, esponente di vertice della rinata Stidda.
(Adnkronos)