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“Terminus. Il Dio inconscio e lo statuto dell’Essere” di Marco Della Luna, Aurora Boreale Edizioni

Intervista a Marco Della Luna ed al suo poderoso saggio tra filosofia, psicologia, e teologia: un modo per affrontare la vita quotidiana tra  l’essere, l’esistere e la coscienza o l’incoscienza di saperlo fare

Intervista a Marco Della Luna ed al suo poderoso saggio tra filosofia, psicologia, e teologia: un modo per affrontare la vita quotidiana tra  l’essere, l’esistere e la coscienza o l’incoscienza di saperlo fare.

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Susanna Basile: Marco, perché ritieni importante oggi, in tempi di relativismo e pensiero debole, una nuova indagine sull’essere, cioè la riproposizione dell’ontologia o filosofia prima?

Marco Della Luna: L’ontologia è stata quasi abbandonata, come tema di interesse, perché non era sinora riuscita a risolvere contraddizioni fondamentali, di cui oggi si occupa Terminus in modo nuovo. E l’ontologia è importante perché la nostra coscienza dell’essere, cioè il nostro senso dell’essere, è decisiva per la qualità della vita, per l’umore di fondo: un conto è se sentiamo l’esistenza, quindi anche il nostro essere,  come precaria, accidentale, caduca; un altro conto è se la sentiamo come eterna, sicura. L’uomo d’oggi sente l’essere come precario e insicuro, debole. Ciò contribuisce al suo malessere e alla sua dominabilità.

S.B.: Puoi indicare, nei limiti di un’intervista, un paio di queste difficoltà o aporie fondamentali su cui l’ontologia si è arenata?

M.D.L.: Sin dalle origini della filosofia, l’uomo pensa l’essere, gli enti, in termini statici, ossia come in contrapposizione col divenire: dentro il flusso del tempo nascono, si modificano, muoiono. Il divenire è qualcosa che accade all’essere, agli enti. Nel nostro sentire comune, l’essere, l’uomo stesso, è come assediato dal divenire, dal tempo. Parmenide pone l’essere come assolutamente incompatibile col divenire, con qualsivoglia modificazione: perfetta staticità. Da qui l’insuperabile difficoltà: come conciliare l’impossibilità logica del divenire con l’evidenza immediata del divenire? E da dove viene il divenire?

Il secondo grande problema dell’ontologia è dato dalla difficoltà di conciliare l’evidente molteplicità degli enti, tra loro differenti, con l’altrettanto evidente fatto che essi stanno tra loro in relazione, e tutti insieme stanno insieme nell’orizzonte della coscienza. Come entrano in relazione tra loro A e Non-A, cioè  enti, determinazioni, tra loro diverse e reciprocamente escludentisi? Com’è possibile la molteplicità entro l’unità? L’aporia della relazione rende impossibili le nozioni di tempo, spazio, causalità, come ha dimostrato Bradley.

Ad ambedue i problemi, notoriamente i pensatori di tutte le epoche hanno elaborato disparate soluzioni, ma da ultimo i più hanno sostanzialmente rinunciato, con l’eccezione soprattutto di Severino, il quale dà però una risposta che, come dimostro in Terminus, è illogica, insoddisfacente. Terminus risponde in un modo nuovo a entrambi i quesiti, e agli altri principali quesiti dell’ontologia. Risponde in un’ottica idealista, ossia di identità tra essere e pensiero (l’essere non eccede il pensiero, la mente), e precisamente attualista, ossia con riferimento all’insegnamento teoretico di Giovanni Gentile, oltre che all’idealismo negativo di Herbert Francis Bradley.

S.B.: E tu come rispondi a questi problemi? Può esistere (distinguersi dal niente) qualcosa che non diviene? E può esistere distinguersi dal niente) qualcosa che diviene? E come possono gli innumerevoli enti essere uniti in un’unica manifestazione?

M.D.L: In quanto al primo quesito, in armonia con Eraclito, Terminus mostra che l’essere è il divenire, che il divenire non è una qualcosa che accade all’ente, ma è l’essere stesso, il quale, siccome è atto di coscienza, atto in atto, un’azione, un esperire, un Erleben o Erleben è un verbo tedesco che si compone di “leben”, ossia vivere, e del prefisso “er”, che dà l’idea di risultato, di conseguimento. Das Erlebnis è il suo sostantivo, mal tradotto in italiano con “vissuto”. Poiché l’essere è proprio questo, ossia questa indistinguibilità dal divenire, il divenire, o il tempo, non ‘uccide’ gli enti, ma li mantiene, e non vi è contraddizione tra evidenza del divenire e necessità logica che l’essere sia eterno, che non diventi mai non-essere.

In quanto al secondo quesito, quello della relazione tra diversi, essendo l’esperienza, l’Erlebnis, unitaria, l’unità dei diversi entro essa non è contraddizione, ma il dato immediato: l’essere, cioè l’Erlebnis, è proprio questa molteplicità. La contraddizione non è nell’essere, nell’esperienza o Erlebnis, non è nell’immediatezza, come suppongono molti, bensì viene prodotta dal discorso, che, sul piano verbale, isola entro l’unitario immediato due determinazioni -supponiamo: tavolo e rotondo- e poi si chiede come possano entrare in relazione, unirsi, dato che sono diverse come causa ed effetto, prima e dopo, ovvero A e B, dove A è Non B e B è Non A. Questo problema, e molti altri irrisolti, sorgono e sono irresolubili semplicemente perché scambiamo una distinzione operata dal nostro stesso discorso per una diversità ontologica, una contraddittorietà dell’immediato, e la trattiamo come tale. Ma l’immediato, contrariamente a quanto assumono molti pensatori, non manifesta e non può manifestare alcuna contraddizione, come pure spiego.

S.B.: Come si spiega l’esistenza di qualcosa di dato al soggetto?

M.D.L.: In assoluto, si dà e si può dare unicamente l’esperienza, l’Erlebnis, in forma soggettuale – quindi niente è dato dall’esterno al soggetto, se non il suo confine, il suo Terminus, perché Terminus significa confine. Ciascuno di noi sente di avere un limite, un confine. Sente una resistenza al suo volere e al suo agire. E‘ il confine del soggetto, di qualsiasi soggetto (coscienza, mente). Questo è un punto importantissimo: nessun soggetto può essere illimitato (onnisciente, onnipotente) perché per esistere il soggetto ha necessità di divenire, o meglio, il soggetto è il suo divenire; e, affinché qualcosa divenga e pertanto esista, deve necessariamente essere limitato. Quindi il dio assoluto dei teologi monoteisti non può esistere. L’Assoluto, il Tutte, nondimeno esiste, ma come inconscio. E, dato che esiste, ci si può rivolgere ad esso. Ha senso persino pregarlo. L’intervista scritta continua su leculture.it https://www.leculture.it/cultura/mysteria/marco-della-luna-e-il-suo-saggio-terminus-il-dio-inconscio-e-lo-statuto-dellessere-aurora-boreale-edizioni/

Questo il video dell’intervista completa:

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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