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HomeApprofondimentiBerlusconi: il 'miracolo' italiano, da figlio di impiegato a tycoon dei media

Berlusconi: il ‘miracolo’ italiano, da figlio di impiegato a tycoon dei media

Il successo del suo polo televisivo privato si estende all'Europa. Diceva: 'Ho dovuto lavorare, lavorare e ancora lavorare' - Nominato Cavaliere del lavoro nel '77

Silvio Berlusconi è stato il self made man per eccellenza: ha incarnato sul fronte economico il ‘miracolo italiano’ nel campo dell’imprenditoria non familiare che si compie a partire dagli anni ’60 quando, appena laureato in giurisprudenza (con una tesi in diritto commerciale intitolata, ca va sans dire, ‘Il contratto di pubblicità per inserzione’), fonda nel 1961 la Cantieri Riuniti Milanesi Srl insieme al costruttore Pietro Canali.

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Il primo acquisto immobiliare fu un terreno in via Alciati a Milano. Nel 1963 fonda la Edilnord Sas. Dopo il Centro Edilnord realizza Milano 2, Milano 3 e il Girasole. “Nulla mi è stato facile – ricorderà anni dopo il Cavaliere – per arrivare, da figlio di un impiegato di banca, ho dovuto lavorare, lavorare e ancora lavorare”. Il 2 giugno 1977, a coronamento del successo dell’attività edilizia, Silvio Berlusconi viene nominato Cavaliere del lavoro dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Nel gennaio 1978, viene liquidata la Edilnord per dare vita alla Milano 2 Spa, costituita a Segrate dalla fusione con l’Immobiliare San Martino Spa.

 

L’esperienza in campo edilizio lascia il campo negli anni ’70 all’ingresso nelle televisioni dove Berlusconi si dimostra un pioniere: dalla prima emittente, Telemilano, la televisione via cavo di Milano 2, che presto comincia a trasmettere su tutta la Lombardia, passa ai network via etere. Fino a costruire un vero e proprio impero delle tv private, dopo decenni di monopolio Rai. Nel 1980 fonda Canale 5, la prima rete televisiva privata nazionale, cui si aggiungono Italia 1 nel 1982 e Rete 4 nel 1984.

 

Il successo del polo delle tv private, la prima e per decenni unica concorrenza alla tv di Stato, con una situazione definitivamente stabilizzata nel 1990 dalla Legge Mammì, consente al Cavaliere di sviluppare varie iniziative sempre sotto l’egida della holding Fininvest, fondata nel 1978. Mediaset lancia la televisione commerciale in Europa: in Francia La Cinq (1986), in Germania TelefOnf (1987), in Spagna Telecinco (1989). Il clima intorno al debutto dell’imprenditore nel settore dei media all’inizio non era dei più ottimistici: “Quando entrai nella televisione – ebbe modo di commentare il Cavaliere – tutti si misero a dire: ‘Ma come può uno che viene dall’edilizia darsi alla grande informazione pensando di reggere alla concorrenza della Mondadori, della Rizzoli, della Rusconi?’. E tutti si fecero delle gran risate”.

Conosciuto fino al 2021 come Gruppo Mediaset oggi Mfe-Media for Europe è la holding che ha come core business la tv commerciale generalista. In Italia, Mediaset è editore di tre reti: Canale 5, Italia 1 e Retequattro. In Spagna controlla Telecinco e Cuatro. In Germania è il primo azionista del polo televisivo ProsiebenSat1.

 

Televisione ma anche editoria. Risale al 1989 l’ingresso del gruppo nella Mondadori ( dove confluisce la Silvio Berlusconi Editore, fondata dal Cav negli anni Ottanta e attiva nella stampa periodica, come ‘Tv Sorrisi e Canzoni’) e diviene il principale editore italiano nel settore dei libri e dei periodici. Nel 1991 gli eredi Formenton cedono a Fininvest il 25,7% della finanziaria Amef, co-controllante della Mondadori e Silvio Berlusconi diviene presidente della casa editrice. L’altra co-controllante, la Cir di Carlo De Benedetti, ha però rastrellato il 79% delle azioni privilegiate Mondadori e detiene la maggioranza nell’assemblea straordinaria.

 

La casa editrice è paralizzata e si scatena una battaglia legale che si conclude con il cosiddetto ‘Lodo Mondadori’ che il 20 giugno del 1990 sancisce che le azioni devono tornare alla Cir. Ma un ricorso alla Corte d’appello di Roma e la successiva sentenza ribalta di fatto il precedente verdetto e consegna nuovamente le azioni della Mondadori in mano alla Fininvest. La ‘guerra di Segrate’ (che avrà altri strascichi giudiziari fino a un maxi risarcimento di oltre 540 milioni cui la Cassazione condanna definitivamente Fininvest) si chiude in prima battuta nel ’91 con le testate Repubblica, l’Espresso e altre locali che tornano alla Cir mentre Panorama, Epoca e il resto della Mondadori restano alla Fininvest.

Nel mondo dei media l’impero fondato da Silvio Berlusconi ha le sue ramificazioni anche nel cinema: con la Medusa, acquisita nel 1994 e attualmente controllata da Mfe – MediaForEurope, attraverso Mediaset diventa anche produttore e distributore cinematografico italiano. Il Gruppo Fininvest è presente nel mercato assicurativo e dei prodotti finanziari attraverso il Gruppo Mediolanum, controllato al 40% dalla famiglia Doris e in cui la holding della famiglia Berlusconi possiede una partecipazione del 30%.

 

 

Dopo il successo in Italia, a metà degli anni 80, Silvio Berlusconi sogna di esportare la sua televisione privata in Francia beneficiando dell’opportunità offerta dalla riforma del sistema delle concessioni radiotelevisive nazionali voluta dall’allora presidente francese, il socialista François Mitterrand. Ma la storia iniziata il 20 febbraio 1986, con l’inizio delle trasmissioni di La Cinq, si rivelò presto una vera e propria una ‘debacle’ con la fine delle trasmissioni del canale il 12 aprile 1992.

Una campagna di Francia, quella del Cavaliere, le cui tappe sono state ripercorse da Les Echos, in un articolo della scorsa estate dal titolo “Sua Emittenza e la Francia”. Secondo il consigliere di Francois Mitterrand, Jacques Attali, “fu il leader del Partito socialista italiano, Bettino Craxi che suggerì a Mitterrand il nome di Berlusconi per diventare il futuro partner di Jean Riboud, poi del Ceo Di Chargeurs Jérôme Seydoux, per il lancio del canale tv ‘La Cinq’. Una manna dal cielo per il presidente francese nel momento in cui vuole rafforzare il pluralismo nel settore audiovisivo francese. C’è urgenza. Il collocamento di ‘La Cinq’ in mani ‘amiche’ deve evitare che l’operazione non ricada nelle mani della destra, in posizione favorevole alla vigilia delle elezioni di marzo 1986”.

A Mitterrand, ricorda ancora il quotidiano economico francese, “non dispiaceva l’idea di introdurre il ‘Tapie italiano’ (l’imprenditore francese, Bernard Tapie, ndr) nella palude del sistema audiovisivo transalpino. Ma Jack Lang (l’allora ministro della Cultura francese, ndr) inorridisce. Anche Jacques Rigaud, il presidente del gruppo francese Rtl, inveisce con ironia: ‘mio caro Jacl, sarà quindi Berlusconi che farà la televisione privata in Francia. Il suo attaccamento alla creazione e alla salvaguardia degli interessi legittimi del cinema non sono più da dimostrare. Penso che con lui avrai molto meno difficoltà che con noi vili commercianti a far prevalere i valori culturali in una tv privata”. Il regista francese, Bertrand Tavernier, decide addirittura di riconsegnare a Lang la sua medaglia dei Cavaliere degli arti e delle lettere che aveva ricevuto qualche mese prima.

“La tensione è tale – ricorda ‘Les Echos’ – che il presidente francese deve addirittura scrive una lunga lettera al suo ministro della Cultura: ‘Caro amico smettiamola di vivere con i nervi a fior di pelle. Non voglio la morte di nessuno, e assolutamente non quella del cinema. Più semplicemente, il cinema deve adeguarsi e invece di aggrapparsi a un passato, deve adattarsi alle nuove condizioni di espressione e di competizione. Questo è ciò che ha fatto il cinema americano, di cui lei sottolinea la vitalità […] Le vostre previsioni non sono le mie: non è un peccato ‘mortale’. Ma quando la scelta è fatta, è meglio andare avanti senza guardare troppo indietro”.

Sei anni dopo, Silvio Berlusconi getta la spugna. Il 3 aprile 1992, in apertura dell’edizione serale del telegiornale, La Cinq annuncia che la rete è stata messa in liquidazione. Lo stop definitivo arriva alla mezzanotte del 12 aprile dopo una lunga trasmissione intitolata ‘Vive La Cinq’ che ricordava la saga del canale. Un canale in cui l’editore Robert Hersant (che era proprietario del quotidiano ‘Le Figaro’) e il gruppo editoriale Hachette avevano anche loro investito miliardi di franchi. “Le ricette del ‘Murdoch europeo’ – sottolinea ancora ‘Les Echos’ – sono state un flop, anche se non è l’unico responsabile di questa Beresina. In ogni caso, la formula vincente dell’impero televisivo di Silvio Berlusconi: un sapiente mix di sitcom, di ‘veline’ e di serie americane, il cui fiore all’occhiello era Canale 5, non è stata proprio un successo. Trentadue anni dopo, Jack Lang confidò a ‘Liberation’: “Il mio unico disaccordo con Mitterrand era sul canale Berlusconi”.

“Berlusconi ha capito perfettamente, e per molto tempo, che il settore audiovisivo è il luogo del potere politico alla fine del XX secolo, a condizione che detenga contemporaneamente i mezzi di trasmissione e il contenuto”, ha scritto il produttore cinematografico, Marin Karmitz, in un suo libro. “La televisione non è solo ciò che pensano alcuni tecnocrati francesi, un tubo o una rete di diffusione. Questi network hanno anche un contenuto ideologico. Non sono neutrali”, ha spiegato Karmitz citato da ‘Les Echos’ che ricorda la sua battaglia durata un anno contro il blitz di Giancarlo Parretti per Pathé.

 

Dopo la ‘debacle’ di La Cinq nel 1992, Silvio Berlusconi, rileva ‘Les Echos’, si allontanò dalla Francia. “Perde ogni contatto con il Ceo di Chargeurs, Jérôme Seydoux, e raramente vede il suo ex partner, Robert Hersant. Manterrà invece ottimi rapporti con il Ceo di TF1, Patrick Le Lay, suo partner nel canale sportivo Sportitalia, grazie in particolare all’intermediazione del produttore franco-tunisino, Tarak Ben Ammar” che reciterà un ruolo di primo piano in occasione della campagna d’Italia lanciata da Vincent Bolloré, il presidente di Vivendi all’inizio degli anni 2000.

“Nell’aprile 2016, e grazie alla sua intermediazione, che Vivendi – scrive il quotidiano economico francese – ha annunciato un’alleanza strategica con il gruppo Mediaset di Silvio Berlusconi. Obiettivo: creare un’arma anti-Netflix. L’accordo mira a contrastare il colosso americano SVoD, che minaccia di destabilizzare l’intero settore televisivo europeo creando la prima ‘piattaforma europea di contenuti in streaming’, presente in Italia, Francia, Spagna e Germania, grazie in particolare all’ingresso di Vivendi nel capitale di Telecom Italia. La famosa convergenza tra tubi e contenuti”. Ma l’alleanza franco-italiana non dura.

 

 

 

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