(Adnkronos) – E’ “fondamentale e urgente adottare anche in Italia misure che favoriscano l’innovazione e promuovano la ricerca per affrontare in modo efficace il problema della resistenza agli antibiotici e sostenere lo sviluppo di nuovi antibiotici”. Lo sostengono gli esperti presenti all’evento ‘Valore e sostenibilità degli antibiotici quali strumenti indispensabili per il sistema sanitario e la salute delle persone’, realizzato oggi da The European House – Ambrosetti con il contributo non condizionante di Shionogi. Durante l’incontro, esperti e istituzioni si sono confrontati sullo stato dell’arte della disponibilità di antibiotici, in particolare di quelli cosiddetti Reserve – antibiotici di ultima istanza e utilizzati solo nei casi più gravi, quando tutte le altre alternative non hanno avuto successo, come, per esempio, per le infezioni multi-resistenti – e su quali misure e strumenti, sia a livello di finanziamento che di valutazione di prezzo e rimborso, possono incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici e contrastare l’antimicrobico-resistenza (Amr).
Nell’ultimo anno – spiega una nota – il contrasto all’antimicrobico resistenza è entrato nell’agenda politica, con la pubblicazione, a febbraio 2023, del secondo Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico resistenza (Pncar) 2022-2025 finanziato con 40 milioni di euro per gli anni 2023- 2025. Nonostante questo e la “presentazione di una proposta di legge per la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all’assistenza, spesso causate dai patogeni multiresistenti – afferma Massimo Andreoni, ordinario di Malattie infettive all’Università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) – in Italia, non sono state fatte azioni politico-istituzionali incisive per rendere disponibili e sostenibili, da un punto di vista economico, antibiotici indirizzati al trattamento delle infezioni resistenti con limitate opzioni di cura, e classificati come Reserve dall’Oms”.
Ogni anno l’Amr causa 4,3 milioni di infezioni e 79mila morti nei Paesi Ocse. Nello scenario peggiore, entro il 2050, il costo sanitario annuo per il trattamento delle complicazioni causate dalle infezioni resistenti potrebbe raggiungere 28,9 miliardi di dollari e oltre 36,9 miliardi in termini di perdita di produttività. Il processo di ricerca e sviluppo di un nuovo antibiotico è oggi estremamente complesso e rischioso: solo l’1,5% delle molecole in pipeline accedono alla pratica clinica, 1 su 30 per le nuove classi di antibiotici. Dal 2017 sono stati approvati solo 12 nuovi antibiotici, 10 sono di classi esistenti, che riportano già meccanismi di resistenza antimicrobica, mentre solo uno è efficace contro entrambi i patogeni – CR Acinetobacter baumannii e patogeni CR Pseudomonas aeruginosa – più difficili da trattare. Gli antibiotici sono quindi un investimento ad altissimo rischio e pongono un problema di sostenibilità per l’azienda. Di fronte all’enorme unmet need clinico è urgente rendere più attrattiva e competitiva la R&S di antibiotici, specialmente per il tipo Reserve.
Un framework normativo e regolatorio più favorevole all’innovazione nel comparto degli antibiotici – secondo gli esperti – dovrebbe adattare strumenti di policy già esistenti (come lo status di Innovazione) alle peculiarità del settore attivando incentivi e agevolazioni di tipo Push – incentivazione di R&S di nuovi prodotti – e Pull – assicurazione della disponibilità e dell’accesso. I diversi programmi di incentivi Push (partnership pubblico- privato, finanziamenti, agevolazioni fiscali, etc.), come quelli attivati da policy maker, industria e comunità filantropica negli Stati Uniti e nell’Unione europea, per massimizzare la propria efficacia, devono essere incrementati e accompagnati da incentivi Pull, introdotti da alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito e Svezia) ma non in Italia. Questi incentivi (esclusività di mercato, contratti d’acquisto anticipato, esenzione dal meccanismo di clawback) contribuiscono a garantire un giusto ritorno sull’investimento per gli antibiotici più innovativi e, al contempo, promuovono l’accessibilità e gli sforzi di stewardship.
“Il problema più rilevante – sottolinea Daniela Bianco, partner e responsabile dell’area Healthcare di The European House Ambrosetti – è l’assenza di un collegamento tra il sistema di prezzo e rimborso e quello di ricerca e sviluppo dei nuovi antibiotici. I meccanismi di tipo Push and Pull o altri sistemi di incentivazione non possono essere limitati esclusivamente alla fase finale dell’ingresso del prodotto sul mercato, ma devono far parte di un sistema più ampio che tiene conto del rischio dell’investimento iniziale e del valore di avere un nuovo antibiotico. Si tratta di un tema molto caldo a livello internazionale, dibattuto nell’ultimo G7 sotto la presidenza giapponese, e attenzionato nell’ambito della nuova proposta di Strategia farmaceutica europea”.
Nel caso degli antibiotici, a maggior ragione di quelli di tipo Reserve, il ritorno di investimento derivante dalle vendite non è sufficiente a coprire i costi di R&S. La breve durata dei trattamenti, così come le politiche di stewardship antimicrobica, che correttamente ne raccomandano un uso limitato e appropriato, riservando quelli più innovativi alle linee successive per rallentare lo sviluppo di resistenze, incidono sul settore degli antibiotici, già caratterizzati da prezzi di mercato relativamente più bassi di altri farmaci, affermano gli esperti. “Alla luce delle esperienze già avviate a livello europeo ed internazionale – sottolinea Simona Falciai, General Manager di Shionogi Italia – l’auspicio è che anche in Italia, che ancora purtroppo detiene il primato negativo per infezioni da patogeni multi-resistenti, possano essere introdotti nuovi modelli di governance e di finanziamento a sostegno della R&S di nuovi antibiotici e al fine di garantire l’accesso e la sostenibilità economica nel medio/lungo periodo per gli antibiotici Reserve già esistenti”.