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Omicidio avvocato Fragalà, pg Cassazione chiede conferma condanne

Arriva in Cassazione il processo per l’omicidio dell’avvocato ed ex parlamentare di Alleanza Nazionale, Enzo Fragalà, ucciso a bastonate sotto il suo studio legale a Palermo nel febbraio del 2010

Arriva in Cassazione il processo per l’omicidio dell’avvocato ed ex parlamentare di Alleanza Nazionale, Enzo Fragalà, ucciso a bastonate sotto il suo studio legale a Palermo nel febbraio del 2010. La Procura generale davanti ai giudici della Prima sezione penale ha chiesto di rigettare i ricorsi presentati dalle difese degli imputati Antonino Abbate, Francesco Arcuri e Salvatore Ingrassia. E in apertura della requisitoria il sostituto procuratore generale della Cassazione Giuseppina Casella ha voluto rendere omaggio all’avvocato Fragalà. “Rendo omaggio in questo luogo all’avvocato Fragalà, vittima di un’aggressione brutale in quanto avvocato, ammazzato perché avvocato”, ha detto Casella.

“La principale critica mossa in questa sede dai tre imputati riguarda le dichiarazioni rese da Antonino Siragusa, condannato ormai in via definitiva: un fil rouge – ha detto Casella in aula – che collega i tre ricorsi. I giudici di merito su questo punto hanno escluso qualsiasi inquinamento delle dichiarazioni, ne’ intenti calunniatori. Il contesto mafioso in cui e’ maturato questo delitto e’ lo stesso degli imputati e proprio lì è maturato il movente: occorreva impartire una lezione a Fragalà, che, secondo la loro visione, non faceva l’avvocato ma lo ‘sbirro’”.

Il 28 marzo di un anno fa la Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado con la condanna a 30 anni per Antonino Abbate, ritenuto l’esecutore materiale del pestaggio a colpi di bastone, a 24 anni a Francesco Arcuri, boss del Borgo Vecchio e ritenuto il mandante, e a 22 anni a Salvatore Ingrassia, che fece parte del commando con funzioni logistiche. Non ha presentato ricorso in Cassazione, invece, Antonino Siragusa, che aveva parlato con gli inquirenti della responsabilità degli altri imputati, condannato in Appello a quattordici anni.

Nel processo di secondo grado erano stati assolti, invece, Paolo Cocco e Francesco Castronovo. Per i giudici l’omicidio Fragalà fu una “punizione dei boss mafiosi”. “Ritiene questo Collegio – si legge in un passaggio delle motivazioni della Corte d’Assise d’Appello di Palermo -come già aveva ragionevolmente ritenuto la Corte di primo grado, sulla scorta di una lettura complessiva e articolata

di tutte le emergenze processuali, comprese le dichiarazioni sul punto rese da uno degli autori materiali del delitto, Antonino Siragusa, che il movente del delitto per il quale si procede ricolleghi l’aggressione ai danni del professionista ucciso ad una sorta di punizione che Cosa Nostra voleva infliggere a un avvocato ormai additato come ‘sbirro’”. Nelle motivazioni dell’Appello si evidenzia inoltre come “la considerazione dell’avvocato Fragalà fosse ormai ai minimi livelli possibili, almeno ai distorti occhi degli esponenti di vertice delle famiglie mafiose palermitane”.

Nel procedimento sono costituite parti civili oltre ai familiari del penalista, con la figlia Marzia Fragalà oggi presente in aula, anche la Camera penale di Palermo, il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Palermo, il Consiglio nazionale forense, il Comune di Palermo e l’associazione ‘Antonino Caponnetto’.

L’omicidio di Enzo Fragalà “fu una vera e propria esecuzione, un’azione studiata e scientificamente posta in essere”. Così l’avvocato Enrico Sanseverino, uno dei legali di parte civile della famiglia di Enzo Fragalà il penalista ucciso a bastonate sotto il suo studio legale a Palermo nel febbraio del 2010, nel corso del suo intervento davanti alla Prima Sezione Penale della Cassazione. In aula ad assistere all’udienza c’e’ la figlia del penalista, Marzia, avvocato come il padre.

“Siamo qui, in quest’aula della Suprema Corte, per discutere dell’omicidio di un uomo in toga – ha detto nel suo intervento l’altro legale di parte civile l’avvocato Enrico Trantino – Marzia Fragalà torna in Cassazione oggi per il processo sull’omicidio di suo papà, dopo esserci stata nel 2009 proprio con suo padre”. Nell’udienza di questa mattina la procura generale della Cassazione, al termine della requisitoria, ha chiesto di rigettare i ricorsi presentati dalle difese degli imputati Antonino Abbate, Francesco Arcuri e Salvatore Ingrassia.

 

Il 28 marzo di un anno fa la Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado con la condanna a 30 anni per Antonino Abbate, ritenuto l’esecutore materiale del pestaggio a colpi di bastone, a 24 anni a Francesco Arcuri, boss del Borgo Vecchio e ritenuto il mandante, e a 22 anni a Salvatore Ingrassia, che fece parte del commando con funzioni logistiche. La sentenza dei supremi giudici e’ attesa in giornata.

 

 

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