Home Attualità Autore, regista, musicista, Roberto Disma, “Il villaggio della pulce”: una fiaba antimafia

Autore, regista, musicista, Roberto Disma, “Il villaggio della pulce”: una fiaba antimafia

Un palco, dei disegni, una chitarra, un marranzano e due attori sono più che sufficienti a Roberto Disma per spiegare ai bambini che cos’è la mafia, come si insinua, come agisce e come combatterla. Con Capitan Desperta (Roberto Disma) la fornaia del villaggio, nella straordinaria interpretazione di Carla Recupero

Un palco, dei disegni, una chitarra, un marranzano e due attori sono più che sufficienti a Roberto Disma per spiegare ai bambini che cos’è la mafia, come si insinua, come agisce e come combatterla. In effetti, per il trentennale della Strage di Capaci gli era bastato molto meno. Due anni fa era un monologo, sperimentato al Giardino della Memoria di Palermo in occasione del Memorial Day, la ricorrenza annuale in memoria delle vittime di mafia e terrorismo. In quel luogo che fu il teatro dell’uccisione di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, dopo trent’anni l’arte e la cultura hanno risposto con una fiaba, sorretta solo dalla chitarra e dalle parole di Disma, che ha provocato una nuova esplosione: il coro delle scuole elementari siciliane al grido di “Viva Falcone!”, ripreso come un’eco nei giorni successivi fino alla costa orientale dell’isola. Il villaggio della pulce ha esordito così, col supporto di istituti scolastici coraggiosi e lungimiranti – primo fra tutti il Rosolino Pilo di Palermo –, della Segreteria Nazionale del Sindacato Autonomo della Polizia di Stato e della Quarto Savona Quindici di Tina Montinaro.

Oggi, prodotta da Teatro alla Lettera in collaborazione col Teatro Le Maschere, la fiaba di Roberto Disma è diventata un vero e proprio spettacolo di prosa, nel genere del teatro canzone. Già dalla prima scena si comprende lo stile, con una scenografia composta da grandi disegni come una naturale evoluzione dei quadri del cantastorie siciliano, e Disma compare in mezzo al pubblico a suon di marranzano e chitarra nei panni del girovago attore della Commedia dell’Arte Capitan Desperta. La magia s’innesca subito: in un teatro di Roma prestigioso come Le Maschere, riconosciuto dal Ministero della Cultura come “Teatro di innovazione nell’ambito del teatro per l’infanzia e la gioventù”, i bambini del Centro Italia – non solo di Roma, le repliche destinate alle scuole hanno suscitato persino l’interesse di un istituto umbro di Montecastrilli particolarmente sensibile alla tematica – rispondono a Capitan Desperta con una forma di saluto in siciliano. Non è la prima volta che Disma apre uno spettacolo sollecitando “sicilianizzazioni” del pubblico, e la meridionalità persiste durante l’intero spettacolo. I bambini cantano, battono le mani, partecipano e suggeriscono soluzioni, immedesimandosi man mano negli abitanti del villaggio tenuto sotto scacco da una pulce vorace e subdola che comanda un coccodrillo e affligge quotidianamente la popolazione impadronendosi del pane, infelice conseguenza di un piano incentrato sull’inganno, sulla disparità e sull’isolamento di chi si ribella, come un falcone intenzionato a volare verso la torre dov’è rinchiusa la legittima capovillaggio, (in)debitamente rimpiazzata da un amico della pulce. Ogni giorno, lontano da occhi indiscreti, il coccodrillo e il falso capovillaggio siedono in campagna a banchettare col pane degli abitati e su di loro, più di loro, mangia la pulce. Numerose le sapienti metafore che riconducono gli adulti alla realtà, dall’assenza dello Stato alla sopraffazione mafiosa favorita da tornaconti personali e paura, dall’inganno del provocare un problema e fingere di risolverlo all’assuefazione di un popolo che solo con la sua unione può liberarsi dalla prepotenza; nessun eroe senza macchia e senza paura, persino il falcone ha bisogno del supporto delle persone per riuscire nell’impresa. E la capovillaggio, che nelle fiabe canoniche non è certo un ruolo usuale per una donna, non è l’unica figura femminile della storia: a condividere la scena con Desperta c’è la fornaia del villaggio, carica di un coraggiosissimo spirito d’iniziativa nella straordinaria interpretazione di Carla Recupero, autrice delle sentite coreografie che accompagnano le musiche, composte ed eseguite interamente dal vivo da Disma. A questa indiscussa qualità da pregiato prodotto artigianale, oggi sempre più rara, si aggiungono tutti gli elementi di un grande lavoro teatrale destinato ai più piccoli, con risate ed entusiasmo per i bambini, commozione per gli adulti, e una profonda riflessione per tutti; una riflessione pratica, perché gli strumenti per riconoscere e contrastare nel proprio piccolo il fenomeno mafioso vengono realmente forniti, come viene elevato il valore della cultura, del mestiere artistico, e viene abbattuta ogni barriera stereotipica che provoca divisione e discriminazione all’interno della società e che, proprio come trasmette lo spettacolo, alimenta il sistema mafioso. Non manca il valore della memoria, per cui la semplicità dell’allestimento sembra aggiungere un valore estetico e la sua profonda elaborazione viene espressa con leggerezza calviniana, senza traccia di retorica, in perfetta armonia con la chiarissima esposizione di concetti che troppo spesso gli adulti non sono in grado di spiegare neanche a loro stessi. “La Cultura è il mio onore, Libertà è il mio grande amore” sono due versi cantati e ripetuti nel corso dello spettacolo e anche oltre, dato che buona parte dei bambini li impara a memoria e va via cantandola, ma sono anche un esempio lampante del rapporto tra forma e sostanza de Il villaggio della pulce: il valore della Libertà viene associato all’amore, al grande amore che ha bisogno di esprimersi liberamente; la libertà di scegliere, di volere, di essere. Il valore della Cultura viene associato all’onore, ed è uno degli schiaffi morali più pesanti che la mafia possa ricevere da uno spettacolo teatrale per bambini; con questa frase Disma disarma la mafia della patina romantica di cui si fregia e con cui si mimetizza da sempre, ripulisce il sentimento dell’onore dalla devianza violenta e mafiosa per restituirlo alla Cultura, al senso dell’impegno e della responsabilità. Una responsabilità enorme, ma in un mondo sempre più afflitto da tensioni e diffidenza, dove troppo spesso la retorica sostituisce la sostanza soprattutto in occasioni di lotta alla mafia, questo spettacolo è una perla da cui gli adulti dovrebbero trarre esempio e spunto, come già fa il giovane pubblico.

All’uscita del teatro, due bambine si sono abbracciate prima di avviarsi coi rispettivi genitori. “Allora avete fatto pace?” ha chiesto la mamma di una delle due. “Certo, dobbiamo restare unite per cacciare la pulce!”.

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