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Santo Di Grazia pittore, fumettista e illustratore nato il 16 gennaio il giorno delle responsabilità

Intervista al maestro Santo Di Grazia che ha fatto della sua attività artistica una testimonianza di come la pittura, il fumetto, l’illustrazione e il disegno hanno una funzione sociale come far emergere disagi ed emarginazione ma anche una funzione estetica di bellezza e spontaneità.

Chi è Santo Di Grazia?
Vignettista, fumettista, illustratore, pittore, ho disegnato “tutto per tutti”. Ho lavorato con diverse testate, Giornale del Sud e I Siciliani di Pippo Fava, realizzando anche su una sua sceneggiatura una storia a fumetti pubblicata su I Siciliani. Ho poi collaborato continuativamente con i quotidiani “La Sicilia” e “Espresso Sera”, con il magazine “Vivere”. Ho inoltre pubblicato vignette e disegni, soprattutto riguardanti il fenomeno mafioso, lo sport, la politica su numerose riviste e periodici nazionali ed esteri. Ho inoltre realizzato numerose mostre, spesso divulgative di un tema sociale. Ho scritto e disegnato un libro che riguarda la squadra di calcio del Catania, dal titolo ” U’ Catania a’ me’ vita”. Ho poi portato a termine un progetto che riguarda il fumetto e l’illustrazione, all’interno delle carceri minorili di Bicocca e di Acireale.

Qual è la funzione della pittura?
Nel mio caso, spesso divulgazione di un malessere sociale che spesso si riscontra nelle periferie delle grandi città. Dove la povertà serpeggia e a soffrirne più di tutti sono i minori. La pittura mi appartiene, quando riesco a motivarne il significato attraverso cromie dissocianti.
Da dove trae ispirazione dei suoi soggetti?
I miei schizzi preparatori nascono dappertutto, in macchina, alla fermata dell’autobus, davanti a quel mare meraviglioso che mi porto dentro. Ho sempre con me un block notes con delle penne. Mi guardo intorno cercando un viso, una ruga che mi riporta un’emozione, un ricordo, un pianto mai fatto, una sensazione irripetibile come il caffè che assapori appena sveglio.

C’è una sorta di narrazione un fil rouge nelle sue opere?
La narrazione è il passare del tempo, la maturità che mi viene incontro, che mi fa tornare bambino. Sembra una contraddizione, ma non lo è, per uno come me che vive di fantasia
I suoi sono soggetti e oggetti onirici, quanto i suoi studi l’hanno influenzata?
Quello che disegno sono cose che so, e che altero strada facendo, i colori sono sempre inusuali. Pur rappresentando la realtà, cerco sempre prospettive inopportune. Più che gli studi, ad avere un certo “effetto” su di me, sono stati i miei maestri d’arte. Alcuni mi hanno dato più di quanto potessi immaginare, ma posso dirlo solo adesso.

Quali sono i pittori preferiti e perché?
Nell’ambito del fumetto e dell’illustrazione ce ne sono diversi, non vorrei fare torto a nessuno, però Sergio Toppi, Hugo Pratt e qualcuno della scuola francese, sono inarrivabili. Per quanto riguarda la pittura, senza ombra di dubbio Caravaggio. Artista che impersona il genio e la sregolatezza, la violenza e la purezza di un bambino. Un punto di non ritorno per la Storia dell’arte.
Progetti e collaborazioni
Nella mia carriera ho collaborato con diversi “ambiti anomali”. Per esempio, ho ricostruito attraverso le perizie di un perito balistico (il professore Domenico Compagnini), la dinamica di fatti criminosi, per la fase dibattimentale dei processi. Ho anche “ricostruito” i volti di famosi mafiosi in latitanza da tanti anni.
Tra i progetti che sto portando a termine c’è una mostra che riguarda le “Malattie mentali”, che comprende anche una storia a fumetti scritta da Giuseppe Lazzaro Danzuso con i miei disegni. E ancora un’intera galleria di ritratti dei Siciliani più importanti, una sorta di “Viale degli Uomini Illustri”, da Filistione a Sciascia, da Stesicoro a Giovanni Falcone. E poi ancora “Tutto il bello del brutto anatroccolo”, ricordi di pezzi di vita, raccontati attraverso il disegno.

 

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