Appunti diVini esiste perché vuole fare conoscere il mondo del vino a tutti i produttori, nord, sud, est, ovest, siciliani e di tutti quanti gli altri, le altre regioni, che sono tante, specialmente al Vinitaly, lì uno si rende conto che l’Italia è estesa, è infinita e non è una nazione. Sono tante regioni che sono state messe insieme perché si trovavano vicine. Susanna Basile fa anche la psicologa, la psicologa del vino, delle famiglie del vino, e ha questo piacere di fare conoscere le Strade del Vino, i consorzi, di cercare di capire a cosa servono anche, perché è importante, la mia storia è pure quella. Ora sto cercando di capire anche cosa servono le G.A.L., perché piano piano mi sto espandendo sempre di più, perché ho detto, ma che cosa sono queste associazioni? E da questo punto di vista, come dicevamo, non solo del vino, ma anche dell’olio, della birra e di tutte le eccellenze.
Abbiamo conosciuto Marta De Toni qualche minuto fa, non tantissimo, e che insieme ad altri autori, più o meno collaboratori, però lei è autrice, Marta De Toni, insieme a Gianpaolo Girardi, hanno scritto “L’importanza di essere Franco”, che è un libro bellissimo, mi è arrivato anche il cartaceo.
Marta De Toni: Sì, è un libro che è uscito più voluminoso di quello che ci aspettavamo in realtà, perché le cose da dire abbiamo scoperto per strada e sono veramente tante. Franco, diciamo, che cosa significa? Franco ha una duplice valenza in questo caso, nel senso che “L’importanza di essere franco” in quanto nel suo significato di essere libero, schietto, puro e nel suo significato invece più tecnico, a piede franco.
Infatti questo è un libro che parla di viticoltura prefillosserica, quindi di una viticoltura sopravvissuta all’avvento, al flagello della fillossera che ha distrutto i vigneti d’Europa tra l’ottocento e il novecento, quindi di quei vigneti su cui non è stato necessario intervenire con la sostituzione degli impianti radicali su un portainnesto americano. Quindi hanno ancora le radici europee a tutti gli effetti. Quindi questo è l’argomento principe del libro.
All’interno c’è una narrazione storica proprio su quello che è avvenuto tra il 1863, quando appunto in Francia venne certificato il primo caso, documentato il primo caso, fino al 1930-1940 quando anche l’Italia dovette arrendersi ed estirpare per ricostruire su piede americano.
In realtà la questione è molto più semplice, noi abbiamo importato, avevamo un problema legato all’oidio e la peronospora, un problema che è un problema assolutamente normale quando le culture si incontrano e hanno avuto dei percorsi evolutivi completamente diversi anche proprio sul piano della natura. In America sapevamo che esistevano delle viti particolarmente resistenti e l’incrocio tra le specie vegetali era sempre stata una pratica utilizzata e quindi abbiamo detto andiamo a prenderci queste viti e non potevamo certo sapere che con queste viti ci saremmo portati in casa anche un insetto che non, le nostre viti non erano pronte ad accogliere.
La fillossera e la vite americana si sono coevolute nel corso dei secoli, la filossera stessa ha selezionato in maniera molto naturale le viti resistenti perché non tutte le viti americane sono ugualmente resistenti all’attacco da filossera e quando le viti sono arrivate in Europa c’è anche una nota particolare. Noi iniziamo a importare le viti all’inizio dell’ottocento ma soltanto dopo il 1850 arriva la filossera perché nel frattempo accade una cosa, la rivoluzione industriale. La rivoluzione industriale fa sì che i viaggi oltre l’oceano diventino molto più brevi, si passa dai vascelli ai battelli e questo fa sì che anche appunto questo piccolo insetto giunga sopravvissuto fino a noi.
Le nostre viti non erano capaci di opporre resistenza e sono state proprio falcidiate nell’arco di pochi anni, si pensa che abbiamo perso quasi l’85% se non di più perché ovviamente non abbiamo una stima così precisa, però l’85% del vitato europeo è andato completamente distrutto. La Francia non ha mai più ricostruito un terzo del suo vitato dopo l’avvento della fillossera, questa è una cosa che sembra sempre molto strana per chi la sente per la prima volta perché in pochi in realtà si rendono conto o sanno che l’avvento della fillossera ha segnato uno spartiacque incredibile e incolmabile. Quello che avviene dopo è un tipo di viticoltura completamente diversa, che quindi è molto giovane, con la quale noi ci rapportiamo oggi, ma alla quale nemmeno noi eravamo capaci di rapportarci, abbiamo dovuto come reimparare all’inizio a rapportarci anche con queste nuove viti, non è stato per niente una passeggiata.
L’avvento della fillossera ha generato anche dei flussi migratori, paesi interi abbandonati perché le persone non avevano più nulla con cui sostenersi, l’intero comparto vino di Francia va completamente in frantumi, chi lo vende, chi lo trasporta, chi lo produce ed era un comparto importantissimo nella Francia di quel periodo, della seconda metà dell’ottocento. Pasteur viene convocato dall’imperatore per risolvere un problema legato al trasporto del vino, siamo nel 1861 e viene convocato alla corte dell’imperatore di Francia perché il vino giunge a destinazione dopo il trasporto imbevibile. E la pasteurizzazione nasce da Pasteur per salvare il vino di Francia e con essa il suo buon nome, come si intrecciano poi anche con le innovazioni scientifiche, non avremmo avuto la pasteurizzazione probabilmente se non fosse stato per il vino di Francia.
Susanna Basile: Dopo i romani c’è stato l’avvento dei barbari, la famosa calata dei barbari, fortunatamente meno male che il vino serviva per la transustanziazione della chiesa, altrimenti avremmo perso pure il vino, perché invece i monaci dicono che come il vino ci serve perché è il sangue di Cristo insieme al pane, salviamo le viti.
Marta: Questo che hai appena fatto in realtà anche se in maniera leggera è uno dei grandi significati del vino che ci mostra, insieme ad un’altra cosa di cui dopo vi farò notare, ci mostra quanto il vino sia sempre stato considerato estremamente importante, cioè noi abbiamo scelto il vino e lo abbiamo rappresentato come il sangue di Cristo, cioè è talmente importante, fa talmente parte della nostra storia che nel momento in cui abbiamo dovuto scegliere o comunque attribuire un valore, gli abbiamo dato un valore assoluto che è quello di essere addirittura il sangue di Cristo. E in merito a questa cosa la vite è l’unico vegetale che non si coltiva ma si alleva, si dice l’allevamento della vite, cioè il sistema di potatura o il sistema di allevamento e anche questo è una connotazione che noi diamo a queste piante molto particolare perché è un termine che di solito si usa per gli animali, non per le piante, non per gli esseri vegetali.
Susanna: Ma infatti ti do un assist che è la tua introduzione che è l’Elogio dello stupore, non è un caso, e questo mi piace molto, mi è piaciuta molto questa introduzione sul fatto che le piante ci sono e che sono davanti a noi, dentro di noi, anche con il cibo, anche con la nostra concimazione naturale, come la chiamo io, che fanno parte e sono vive. Poi la vite, come dici tu, penso che il mio assist sia perfetto perché se parli di allevamento è perché lei è viva. Assolutamente sì, l’Elogio dello stupore.
Marta: Quando iniziai a fare ricerca nell’ambito appunto della viticoltura, ma più in generale proprio nell’ambito delle piante, infatti ho avuto modo anche nel mio percorso di parlare con il professor Stefano Mancuso, di leggere i suoi libri, di ascoltare più di una sua conferenza e mi ha aperto veramente visioni straordinarie questo uomo che sta veramente studiando aspetti neanche proprio considerati in alcuni ambiti, cioè la possibilità che queste piante siano intelligenti, abbiano la capacità di conservare dei ricordi e che tutto sommato la loro strategia evolutiva sia stata migliore della nostra. L’essere umano è per natura egocentrico e si considera la misura di tutte le cose e quindi noi non possiamo neanche pensare che una pianta veda se non ha gli occhi o ascolti se non ha le orecchie o quant’altro. In realtà negli studi recenti stiamo sempre più scoprendo che non è così e quindi per me è stato un continuo stupore entrare in questo mondo, ancor più quando nell’avvicinarmi ai vigneti a Piedefranco, ma soprattutto agli uomini che a questi vigneti dedicano la vita, ho scoperto che loro questa cosa l’hanno sempre saputa.
Cioè non c’era bisogno di Stefano Mancuso per dirlo a loro, loro lo sanno già e lo sanno perché lo sapevano i loro padri, i loro nonni, i loro bisnonni perché questo è un sapere antico che si tramanda nelle viti stesse. Il padre di Salvo Foti, che conoscerai sicuramente, gli disse, e questa cosa mi rimase impressa subito, gli disse “quando pianti una vigna preoccupati di fare un figlio perché non la stai piantando per te, la stai piantando per il futuro”. Questo è un concetto che sembra essere molto banale, ma in realtà è una scommessa che una persona fa quando pianta un vigneto se quel vigneto è piantato non nell’ottica di essere stirpato nell’arco di 15-20 anni.
Uno dei grossi problemi del vitato italiano è che non invecchia e non invecchia perché una parte ovviamente di quel vitato non stiamo generalizzando. Mentre questa è una filosofia antica, l’idea che il vigneto che io pianto oggi sarà in realtà il patrimonio di mio figlio di domani e probabilmente di suo figlio ancora e che quindi questi vigneti facciano parte del patrimonio familiare e con essi della memoria è un concetto antico di cui noi non capiamo più la preziosità, ma se ci entri un attimo riesci a respirarla ancora quell’aria lì ed è terapeutica assolutamente.
l’intervista continua nel video…