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La caduta è trasgressione

Una società dove una condotta che finisce alla ribalta sensazionalistica è ritenuta “trasgressiva”, dimostra palesemente la sua contraddittorietà. La trasgressione è un atto di ribellione e, come tale, non può collocarsi tra le “armi di distrazione di massa” come il gossip, non può meritare i riflettori che distribuiscono ignoranza a larghe mani per influenzare e soggiogare la massa a favore di ciò che è convenzionale. In società, un atto di ribellione subisce reazioni che variano dall’indifferenza alla censura, dal dissenso alla condanna; qualora la ribellione vinca la sua battaglia, ha concluso la sua funzione trasgressiva e si è trasformata in vittoria; allora può beneficiare di larghi consensi, ma non si tratta più di trasgressione. Nella sua natura non può fare notizia perché è impopolare, scomoda, preoccupante e dolorosa, come l’azione esoterica che più la contraddistingue: la caduta.

Un precipizio, una profondità che viene raggiunta con la forza perché le pareti sono troppo ripide per consentire una lenta e coscienziosa discesa, nel mondo dell’esoterismo rivelano una tappa fondamentale perché l’essere umano possa cambiare prospettiva. Su questo, ricorrono due citazioni emblematiche:

  1. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”.
  2. Sai perché cadiamo, Bruce? Per imparare a rimetterci in piedi.

 La prima citazione è tratta dagli Atti degli Apostoli, 9, 3-4, a proposito della conversione di San Paolo. Nel linguaggio popolare è ancora in uso il modo di dire “folgorato sulla via di Damasco”. San Paolo è folgorato, la voce di Dio gli parla, ma nel mezzo c’è una caduta che gli permette di fermarsi e prestare attenzione.

La seconda citazione è tratta invece da Batman Begins di Christopher Nolan, regista che ha saputo trattare abilmente l’origine esoterica del personaggio DC Comics che va in giro di notte vestito da pipistrello a legnare i criminali. Il protagonista cade, ha paura, ma comprenderà da questa esperienza che solo da situazioni di disagio o malessere è possibile affrontare e superare alcuni limiti e, spesso, l’essere umano è costretto ad affrontarli.

Un’altra citazione è più esaustiva:

11 – […] “Prosternatevi ad Adamo”. Tutti si prosternarono eccetto Iblis, che non fu tra i prosternati.

[…]

13 – […] “Via! Sarai tra i reietti”

16 – […] “Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro agguati sulla Tua Retta via,

17 – E li insidierò da davanti e da dietro, da destra e da sinistra, e vedrai che la maggior parte di loro non Ti saranno riconoscenti!”

18 – “Vattene […] scacciato e coperto di abominio. Riempirò l’Inferno di tutti voi, di te e di coloro che ti avranno seguito”.

 Questa citazione è tratta dalla Sura CIII, 11 – 18 del Corano, da cui deriverebbe la leggenda religiosa dell’angelo caduto: un portatore di luce che si ribella al dio e viene cacciato. La tradizione, per ragioni esoteriche, lo preferisce ricordare scaraventato nelle profondità, dove cambia prospettiva e ruolo. È opportuno evidenziare l’azione scatenante: il rifiuto di inginocchiarsi, elemento proprio della figura archetipica dello zoppo, simbolo della tracotanza e incarnazione della hybris greca. Su questo archetipo vige il paradosso di non volersi inginocchiare per superbia – condotta che determina la punizione divina della caduta e della conseguente zoppaggine che non gli consente di vivere in pace, bensì lottando nella sua eterna ribellione – o di non potersi inginocchiare proprio per via dell’innata zoppaggine, come se fosse autorizzato dal dio a non riconoscere la sua stessa autorità – autorizzazione che suona come una condanna, dato che l’irrequietezza umana è placata dall’osservanza di regole condivise – né nessun’altra. Di certo, lo zoppo è l’archetipo che soffre e assicura l’equilibrio cosmico con la sua irrequietezza. È la controparte, è Giacobbe che soppianta la primogenitura del gemello Esaù aggrappandosi al tallone di quest’ultimo al momento del parto, è Efesto che ottiene in moglie Afrodite come merce di scambio perché gli dei possano liberare sua madre Era dalla trappola che lui stesso ha costruito. E, in quest’ultimo caso, è necessario evidenziare che lui pretende la dea dell’amore pur di sottrarre all’Olimpo il vanto della bellezza divina, quell’apprezzamento convenzionale che gli è mancato e per cui è stato rifiutato dalla madre.

In sostanza: sia esso Lucifero, San Paolo o Batman, chi cade cambia prospettiva e, dentro di sé, subisce una trasformazione. Dunque, chi trasgredisce è quanto di più lontano da ribalte e consensi facili; se si tratta dell’archetipo dello zoppo, tra l’altro, qualsiasi successo è solo un’amara e breve consolazione tra una lotta e l’altra. Quando l’uomo trasgredisce non riscuote successo: lotta, cade, cambia prospettiva, lotta ancora e raggiunge la Luce.

La caduta è quindi un’azione fondamentale dell’uomo, già dai suoi primi anni di vita: chi non cade, non impara. Non è casuale che, in tarologia, il sedicesimo arcano rappresenti la Torre: raffigurato da un edificio che crolla e degli uomini che precipitano – nelle raffigurazioni più dettagliate, un fulmine colpisce la torre – è preceduto dal Diavolo e seguito dalla Stella, rispettivamente l’incontrollabilità degli istinti e la chiarezza di una direzione da percorrere nella nascita di una speranza. Nella Sepher Yetzirah, libro fondante per lo studio della Cabala Ebraica, la sedicesima lettera è la Yod, sesta lettera semplice e pertanto associata al segno della Vergine: il segno mobile di Terra, e neanche questo accostamento è casuale. D’altronde, questo segno zodiacale che entra a fine agosto e cede il passo alla Bilancia a fine settembre, corrisponde all’ultimo mese del calendario ebraico: Elul, il mese dedicato al pentimento e al perdono. Cade l’anno, e con sé devono cadere le remore che incatenano l’uomo a ciò che ormai è passato affinché si possa rinascere; ecco perché la Cabala pone la Yod a Sud Basso, ossia quella posizione che chiude il segno cardinale e si affaccia all’Ovest, rendendola ultima lettera rappresentativa della Fenice, l’animale simbolico posto a guardia del Sud.

Il nesso tra caduta e ribellione è chiaro: chi tocca il fondo può decidere se ribellarsi alla circostanza e reagire, o ribellarsi all’istinto di sopravvivenza e soccombere. In entrambi i casi, l’uomo è rinnovato e ha i nuovi strumenti per proseguire il cammino della sua esistenza. A dispetto di ciò che vorrebbe indottrinare la società odierna, condotte deviate e nocive come il pietismo o il sensazionalismo non sono contemplate nella trasgressione, che consiste solo in una caduta funzionale a un cambiamento di prospettiva.

Per quanto possa sembrare curioso, la caduta è parte della vita e il ribelle è preparato a cadere, chi non è ribelle dovrà imparare ad esserlo almeno per quella fase. La comparazione tra Cabala Ebraica e Tarologia dimostra come ogni lettera finale di un segno simboleggi in qualche modo una “caduta”, quindi una chiusura finalizzata a una trasformazione: ad Est Basso si trova la Zayn, del segno mobile d’Aria del Gemelli e, essendo la tredicesima lettera, è rappresentata dall’arcano senza nome comunemente definito “Morte” per la raffigurazione di un personaggio scheletrico che falcia chiunque incontri sulla sua strada; il suo significato riporta a una morte chiaramente metaforica, un taglio netto e definitivo con qualcosa che blocca e impedisce di proseguire il cammino. Quindi, la sua chiusura è mentale e volontaria. A Ovest Basso si trova la Samek, del segno mobile di Fuoco del Sagittario, diciannovesima lettera e pertanto rappresentata dall’arcano del Sole, raffigurato da due giovinetti che si tengono per mano alla fine di una strada già percorsa e davanti a un muro da scavalcare; il significato è palesemente quello di un traguardo raggiunto che consente un nuovo inizio. La sua chiusura è spirituale, quasi evocata, come un importante traguardo raggiunto. A Nord Basso, infine, si trova la Kaf, del segno mobile d’Acqua dei Pesci, ventiduesima lettera rappresentata dall’arcano del Matto, unico arcano senza un numero di riferimento perché significante di un’energia incondizionata e ponte tra l’ultimo arcano e il primo, rispettivamente il Mondo e il Bagatto; l’emblematica raffigurazione del Matto mostra un giramondo sull’orlo di un precipizio con dietro una bestia selvatica che pone una zampa sulla sua gamba, se lo stia spingendo nel precipizio o lo stia trattenendo dipende dall’uomo stesso.

Come constatato, tutte le chiusure hanno un richiamo alla caduta, ma in senso stretto e nell’arco della vita è indubbio che sia rappresentata principalmente dall’arcano della Torre e racchiuda paradossalmente un presagio di ricostruzione, che è l’unica rinascita materiale – infatti la Vergine è il segno mobile di Terra – durante la vita.

È quindi necessario e inevitabile cadere per proseguire, accettando la novità esteriore e la rivoluzione interiore. Ed è inevitabile proseguire: trasgressione deriva dal latino transgredi, camminare oltre, oltrepassare. Si tratti di una crisi personale, lavorativa e persino una crisi in corrispondenza a un’emergenza pandemica di portata mondiale: la semplice consapevolezza è la prova che la caduta è avvenuta perché c’è un conflitto da cui è possibile ricostruire. Ed ecco come la tolleranza, la capacità di accettare e la predisposizione di accogliere, si rivelano gli unici veri atti di ribellione contro una società che cerca spasmodicamente di indottrinare la massa su canoni rarefatti di ciò che è bello e di chi è bello, di ciò che è “normale” e di chi merita attenzione; senza accorgersi che, prima o poi, il ribelle avrà compiuto la sua rivoluzione.

 

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