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Il Piccolo Teatro della Città presenta la 54^ stagione catanese

CATANIA – Il Piccolo Teatro della Città (in via Ciccaglione, 29) si conferma, anche per questa Stagione, palcoscenico d’eccezione di sperimentazione, contaminazione e innovazione. Tre percorsi caratterizzati dall’incontro tra musica e teatro nell’ambito della 54° Stagione, dal teatro di parola e dalla drammaturgia contemporanea nel Nuovoteatro e da tematiche specificatamente sociali che spingono alla riflessione sui mali del nostro tempo, nella mini sezione di Teatro Civile.

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Ad aprire la sezione sarà, il 28 dicembre la favola noir Barbablù di Costanza Di Quattro, con la regia di Moni Ovadia e interpretata da Mario Incudine. Lo spettacolo, con le musiche dello stesso Incudine, eseguite da Antonio Vasta, propone una favola antica, un racconto marcatamente noir i cui contorni rosso sangue attraggono e ripugnano al contempo. In un posto senza spazio, in un tempo che non c’è, Barbablù, diverso da quello che la letteratura ci ha propinato negli anni, si apre e si confida in un intenso monologo che racconta la storia del cattivo per eccellenza.

Il dramma di chi intraprende un lungo viaggio, rischiando la morte e patendo violenze di ogni tipo, è il tema della pièce Ziq è sulla spiaggia di Lina Maria Ugolini che, dall’8 febbraio, andrà in scena con Giuseppe Arezzi, Federica Bisegna, Vittorio Bonaccorso (che ne cura anche le scelte musicali, la scena e la regia). Lo spettacolo, con le ballate di Pietro Cavalieri,  attraverso la metafora e la poesia porta lo spettatore a fare i conti con la propria coscienza e risalire dallo sconfinato mare dell’indifferenza in cui la società odierna sta precipitando.

Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna sono anche gli interpreti dello spettacolo Il teatrino delle meraviglie di Miguel de Cervantes, ideato dal maestro Gianni Salvo, in calendario per il 21 febbraio. Lo spettacolo, tra meraviglia, fantasia e immaginazione, porta in scena la tragica realtà del pregiudizio e della rimozione, che consiste nella scelta consapevole di vedere quello che non c’è e non vedere quello che c’è. La pièce sarà anche un omaggio allo scrittore Gianni Rodari nel centenario dalla nascita con delle incursioni sceniche nel suo Il vestito nuovo dell’imperatore.

Il Racconto dell’Ancella, tratto dal romanzo distopico The handmaid’s tale scritto nell’85 della canadese Margaret Atwood andrà in scena dal 28 febbraio con la regia di Graziano Piazza. Lo spettacolo, prodotto da Artisti Riuniti, con le musiche originali Riccardo Amorese vede in scena un’intensa Viola Graziosi impegnata in una confessione che parla a donne e uomini di questa società contemporanea interrogandoli sulla libertà, su ciò che se ne fa e soprattutto su quale sia realmente la libertà delle donne.

Un’amara riflessione sul mondo della recitazione e sulla solitudine emerge dallo spettacolo L’ultima recita dell’attore Attilio Vecchiatto diretto da Armando Pugliese. La pièce, in scena dal 5 marzo, vede in scena i due eclettici Andrea Tidona e Carla Cassola nei panni di Vecchiatto e della moglie Carlotta, impegnati in quell’unica triste e malinconica messinscena di fronte a un solo spettatore nel teatro di Rio Saliceto che Gianni Celati ha voluto trascrivere nel libro pubblicato nel 1996.

L’omaggio all’attore e autore tedesco Karl Valentin, che conferì portata internazionale al cabaret bavarese, è alla base dello spettacolo Io, Karl Valentin diretto da Gianni Salvo e interpretato da Angelo Tosto, Tiziana Bellassai, Nicola Alberto Orofino, Anna Passanisi. La pièce, in scena dal 15 maggio, racconta le logiche di una comicità che non rimane limitata a una dimensione regionale, ma si spinge sino a toccare le corde di una filosofia del linguaggio e, attraverso i toni dell’assurdo, sino a distruggere la logica consueta del reale.

A chiudere la sezione sarà, dal 20 maggio, lo spettacolo prodotto dal Teatro Mobile di Catania in collaborazione con il Teatro della Città, Rumori fuori scena diretto da Francesca Ferro. Si tratta di un cult del teatro contemporaneo, una deliziosa commedia che racconta i retroscena dell’allestimento, le prove e i dietro le quinte di uno spettacolo teatrale, tra divertenti interruzioni, isterie, amori non corrisposti, conflitti, tensioni e riappacificazioni.

Nuovoteatro

Come un esperimento sociale, che coinvolge in primis il cast stesso, si configura lo spettacolo Deadbook – La schiera, scritto e diretto da Francesco Maria Attardi e prodotto dal Teatro Mobile in collaborazione con il Teatro della Città. Lo spettacolo, in scena dal 23 ottobre, inaugura la sezione Nuovoteatro, è interpretato da Gianmarco Arcadipane, Giovanni Arezzo, Verdiana Barbagallo, Francesco Bernava, Giovanni Maugeri, Loredana Marino, Viola Lupoi, Mario Opinato, Pasquale Platania, Giovanni Pappalardo, Maria Chiara Pappalardo, Damiano Randazzo, Ruggero Rizzuti, Nicoletta Seminara, Alice Sgroi, Renny Zapato nei panni di una “schiera” di sconosciuti che, vittime di un meccanismo perverso, sono costretti a eliminarsi, l’un l’altro, attraverso un sadico gioco di click e like, come in un social network.

Il mito di Medea, riscritto da Laurent Gaudé è al centro della pièce Medea Kali che va in scena dal 23 novembre. Diretta da Beno Mazzone e prodotta dal Teatro Libero di Palermo, la pièce è interpretata da Viviana Lombardo (voce Alessandro Vella, musiche Antonio Guida) e racconta la storia di una donna in tutta la sua forza poetica, alle radici del tempo, fra Occidente e Oriente, ridando a Medea una nuova origine, l’India, un nuovo popolo, la casta degli intoccabili e dei nuovi poteri.

Un giovane ragazzo con la passione della pittura arriva da Braunau sull’Inn  a Vienna per tentare l’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti. È questo il prologo dello spettacolo Mein Kampf kabarett di George Tabori che va in scena dal 7 dicembre e che sembrerebbe una storia come tante se quel ragazzo non fosse altro che l’uomo che presto avrebbe abolito ogni libertà in Germania, causato un conflitto mondiale e ucciso sei milioni di ebrei. Prodotto da Mezzaria Teatro – Madè  in collaborazione con Senza Misura Teatro, lo spettacolo vede in scena Giovanni Arezzo, Francesco Bernava, Egle Doria, Luca Fiorino, Alice Sgroi diretti da Nicola Alberto Orofino.

Scritto e diretto da Saverio La Ruina, lo spettacolo Mario e Saleh, in scena dal 21 dicembre, porta in scena il confronto tra un occidentale cristiano e un arabo musulmano che, all’indomani di un terremoto, in una delle tende allestite nei luoghi del sisma, si ritrovano in una relazione ravvicinata che si evolve tra differenze e agnizioni. Più che addentrarsi in dispute religiose, lo spettacolo – prodotto da Scena Verticale e interpretato da Saverio La Ruina e Chadli Aloui e con le musiche originali di Gianfranco De Franco – si concentra su fatti del quotidiano attraverso i quali misurare possibili conciliazioni e opposizioni.

Saverio La Ruina, sarà di nuovo presente in calendario, dal 21 marzo, con la pièce Dissonorata – Un delitto d’onore in Calabria, spettacolo che ha fatto incetta di premi dal suo debutto – tra cui Premio UBU 2007 (“Migliore attore italiano” – “Migliore testo italiano”) e Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010 – portando l’autore e attore alla ribalta nazionale. Partendo dalla “piccola storia” di una donna calabrese, la pièce offre lo spunto per una riflessione sulla condizione della donna in generale. Dal suo racconto emerge una Calabria che anche quando fa i conti con la tragedia vi combina elementi grotteschi e surreali, talvolta perfino comici.

Il rapporto fra la famiglia tradizionale italiana e la società di oggi e la degenerazione dei legami fra i membri stessi di un nucleo familiare sono gli ingredienti di Family Day  di Nicola Alberto Orofino che andrà in scena dall’1 aprile. La pièce, interpretata da Alessandra Barbagallo, Francesco Bernava, Egle Doria, Alice Ferlito, Rita Salonia fa parte del più ampio progetto teso a rivelare la famiglia italiana in 7 spettacoli teatrali.

Chiude il percorso Nuovoteatro, in scena dal 24 aprile, la pièce SanguMeu scritto e diretto da Giuseppe Argirò che ne è anche interprete insieme con Cinzia Maccagnano. L’azione si svolge, tra una moglie e un marito, in Calabria in una famiglia dell’ndrangheta. Una storia in cui si svela l’ipocrisia del mondo malavitoso e i suoi codici disumani, appartenenti a una realtà ancestrale, al di fuori del consorzio civile; un grido di dolore consegnato al teatro e trasformato in azione salvifica, in un tentativo di redenzione.

Teatro civile

Ispirato all’omonimo romanzo di Claudio Fava è lo spettacolo Il mio nome è Caino diretto da Laura Giacobbe. Lo spettacolo in scena dall’8 novembre vede Ninni Bruschetta nei panni del protagonista impegnato in uno specchio dinamico e lucido dell’essere e del fare mafioso che si intreccia alle musiche, composte ed eseguite dal vivo dalla pianista, compositrice e direttore d’orchestra Cettina Donato.

Dal 15 febbraio, andrà in scena Quattro uomini chiusi in una stanza scritto e diretto da Mario Gelardi, con Ivan Castiglione, Riccardo Ciccarelli, Carlo Geltrude, Gennaro Maresca. Prodotto da Nuovo Teatro Sanità di Napoli, lo spettacolo affronta il confine sul quale un uomo delle forze dell’ordine può muoversi, quella frontiera esile che divide la legalità dall’illegalità.

Un lungo monologo, scritto in un’unica frase, senza un vero inizio, senza una vera fine, senza punteggiatura ma con una prosa perfetta, che risveglia nello spettatore sentimenti di pietà e indignazione è al centro di Storia di un oblìo, di Laurent Mauvignier, per la regia Roberto Andò. Lo spettacolo andrà in scena dal 27 marzo. A dare voce al testo l’eclettico attore Vincenzo Pirrotta impegnato in un lungo racconto che ricostruisce la mezz’ora in cui è insensatamente raccolta la tragica fine di un uomo.

Il minipercorso si chiude con lo spettacolo, in scena dal 18 aprile, Legittima Difesa di Laura Giacobbe, con la regia di Roberto Bonaventura. In scena Giuseppe Capodicasa, Francesco Natoli e Michelangelo Maria Zanghì  impegnati in un testo che prende avvio dal “valido pretesto teatrale” di un rapinatore in casa. Ingrandire a dismisura, o meglio forse, comprimere, mettere alla prova dei fatti gli slogan e i deboli argomenti di cui è infarcita la rivendicazione del diritto alla legittima difesa, ha rivelato tutta la solitudine del cittadino digitale.

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