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Agroalimentare: Festival delle Dop e Igp, gli agrumi di Sicilia protagonisti a Bologna

Distretto Agrumi di Sicilia ha voluto essere presente alla due giorni dell’edizione 2022 del Festival di Fico

Tutti pazzi per una spremuta di arancia succosa, buona, siciliana e per di più, certificata. E tutti incuriositi da quella strana bevanda chiamata, tutta d’un sorso, con i suoi tre semplici ingredienti “seltz, limone e sale”, che qualcuno pensava addirittura contenesse acqua di mare, marchiata, perfino, con il bollino di qualità. Ed in un certo senso, l’idea di una passeggiata nella semi sconosciuta “galassia” delle eccellenze siciliane certificate Dop e Igp, ha animato l’iniziativa del Distretto Agrumi di Sicilia che ha voluto essere presente alla due giorni dell’edizione 2022 del Festival di Fico, l’evento-mercato dedicato quest’anno proprio alle produzioni Dop e Igp mady in Italy, concluso lo scorso fine settimana a Bologna. Di certo, nel più grande parco tematico del mondo dedicato al Cibo, che ha fatto registrare migliaia di visitatori, tornati a vivere gli eventi in presenza, non potevano mancare gli agrumi di Sicilia certificati.

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Un’occasione imperdibile per la presidente del Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia, Federica Argentati. “Iniziative come il Festival della Dop e Igp di Fico – ha sottolineato– servono a ricordare ai produttori quanto importante sia certificare e fare squadra, ma anche ribadire ai consumatori il valore aggiunto di acquistare prodotti di qualità, stagionali e legati al territorio. La nostra mission è quella di supportare le imprese attraverso percorsi di valorizzazione, innovazione, anche organizzativa, ed i Consorzi di Tutela in un ottica di squadra nella regione più agrumetata d’Italia”.

Nello stand allestito nella grande area expo, erano presenti i Consorzi Arancia di Ribera Dop e Limone dell’Etna Igp che hanno deciso di partecipare direttamente a supporto delle imprese del loro territorio, e le aziende: Tomarchio Bibite, Albachiara Fruit, Oranfresh, Etna’s Terra dei Limoni, LemonSeltz, Amaro Samyta, Azienda Agricola Donne Orlando, che hanno presentato sia le produzioni agrumicole di qualità Dop, Igp, bio che i prodotti trasformati, certificati in blockchain.

 

“Ma se è importante certificare – ha precisato Argentati, relatrice in una delle tavole rotonde che hanno animato il dibattito – fondamentale diventa saper comunicare in una logica di rete. Come bene è stato osservato, nome, logo e marchio comunitario potrebbero diventare il brand del prodotto che ha ottenuto la denominazione, ma non è detto che ciò avvenga se non è supportato da una adeguata comunicazione. La soluzione non può che essere una rete territoriale in grado di affiancare le eccellenze, sui territori e nelle filiere. E le filiere tra loro. Come Distretto Agrumi di Sicilia ne siamo consapevoli e da almeno 15 anni siamo impegnati in azioni concrete e visibili che solcano questa strada. Compresa l’adesione in toto a una precisa strategia di condivisione e filiera strutturata, al Distretto delle Filiere e dei Territori in rete ed alla Consulta nazionale dei Distretti del Cibo. Un obiettivo per il quale anche le imprese, a partire dalle più strutturate, dovrebbero lavorare più alacremente non solo per i propri profitti, ma sostenendo in maniera illuminata e non miope ed egoistica, la crescita del proprio territorio. Senza questa consapevolezza faremo solo convegni pieni di bellissime parole, ma inutili”.

“I numeri del Rapporto Ismea-Qualivita 2022 sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop, Igp e Stg, indicano, poi, che c’è ancora tanta strada da fare. Oggi il settore deve competere con nuovi mercati dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo che hanno alzato il proprio livello di specializzazione – ha proseguito Argentati–Abbiamo la necessità di puntare sulla qualità della materia prima e sulla filiera, ma anche di trasmettere meglio ai mercati e ai consumatori, professionalità e Know How”.

“Il marchio per diventare un brand percepito dal consumatore deve, in maniera imprescindibile, trasmettere e convincere non solo che un prodotto sia buono e salubre, ma anche che abbia riconosciuti parametri come qualità, serietà dell’azienda produttrice, ambiente di provenienza”, ha spiegato.

“In questo senso – ha aggiunto Argentati– Il Distretto già da tempo lavora, con progetti mirati come Trick finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020, o A.C.Q.U.A. con le due edizioni sull’uso consapevole dell’acqua, che ha ricevuto il finanziamento non condizionato di The Coca-Cola Foundation, o con azioni di coordinamento per la valorizzazione delle Dop e Igp con un progetto finanziato dall’Assessorato agricoltura dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana”.

“Stiamo lavorando anche all’introduzione della tecnologia Blockchain con corsi di formazione ed aziende associate in grado già di garantire etichette con QR-Code a garanzia di tracciabilità ed rintracciabilità. Il valore aggiunto della Blockchain – ha ribadito Argentati – è un deciso aumento di percezione del livello di affidabilità e di fiducia da parte dell’intera comunità fatta di consumatori ma anche di semplici cittadini che oggi più di ieri hanno bisogno di certezze anche sulla tutela dell’ambiente, delle risorse e dell’economia complessiva dell’intero processo produttivo”.

Nel forum di approfondimento organizzato a Bologna, il Distretto Agrumi di Sicilia la presidente Argentati e il vice presidente Giuseppe Pasciuta, presidente Consorzio Arancia di Ribera Dop hanno dato spazio anche al progetto realizzato con l’Associazione Gusto di Campagna, “Le Vie della Zagara”, con la proiezione del travel video Scent of Zagara, per spiegare l’interconnessione necessaria tra la valorizzazione territoriale e la ricezione turistica. E’ il racconto di una materia prima che diventa intrinsecamente promozione di un territorio. Le eccellenze Igp, Dop e Bio conducono ad un giro virtuale della Sicilia, dall’Etna alla costa ionica con i suoi miti greci, alle calde e dorate terre della Piana di Catania, di Siracusa e Ragusa, e strizzano l’occhio ai quei lembi più lontani che raccontano ancora meglio di una terra che parla arabo e normanno.

 

 

 

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