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INGV, dal lago Ocrida preziose indicazioni sul clima futuro del Mediterraneo

Durante i periodi caldi del Quaternario (interglaciali) le precipitazioni invernali sono aumentate nella regione del nord mediterraneo, molto probabilmente a causa delle alte temperature della superficie marina ed effetti analoghi potrebbero verificarsi nel prossimo futuro a seguito del riscaldamento climatico indotto dalle attività umane. È quanto afferma la ricerca internazionale Mediterranean winter rainfall in phase with African monsoons during the past 1.36 million years condotta nell’ambito dell’International Continental Drilling Program (ICDP) che vede tra i partner italiani l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), le Università di Pisa, Firenze, Bari, Reggio Emilia, Roma Sapienza e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.

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“Il progetto è stato realizzato con l’obiettivo di ottenere nuovi dati per vincolare l’età e l’origine del lago di Ohrid (Ocrida), la storia climatica della regione mediterranea e le cause che sottendono l’elevato grado di endemismo e di biodiversità della zona”, spiega Leonardo Sagnotti, Direttore del Dipartimento Ambiente dell’INGV e coautore della ricerca. “A tal proposito sono state realizzate delle campagne di perforazione lacustre in una profondità d’acqua di 245 metri, che hanno consentito il recupero di 568 m di sedimenti al fondo del lago”.

La localizzazione del lago e della perforazione

Il lago di Ohrid è famoso per la sua eccezionale biodiversità, con oltre 300 specie animali e vegetali endemiche che non si trovano in altri luoghi del mondo.

“Integrando diverse tecniche scientifiche siamo arrivati ad avere una comprensione ben vincolata dei cambiamenti climatici e ambientali registrati nei sedimenti. È emerso che il lago ha iniziato a formarsi 1.36 milioni di anni fa ed è esistito con continuità da allora”, prosegue Leonardo Sagnotti.

La successione di sedimenti ha permesso quindi di ricostruire in dettaglio le variazioni climatiche e l’intera storia geologica del bacino lacustre.

“I modelli di simulazione climatica indicano che durante gli intervalli interglaciali si è intensificata la ciclogenesi, la formazione di zone di bassa pressione atmosferica, sul mediterraneo occidentale, soprattutto nei mesi autunnali. Questa condizione è dovuta con buona probabilità alle alte temperature della superficie marina, che porta a precipitazioni considerevolmente maggiori nelle regioni che bordano la sponda nord del mediterraneo. Effetti analoghi potrebbero verificarsi nel prossimo futuro a seguito del riscaldamento climatico indotto dalle attività umane”.

Il team di ricerca è stato guidato dal Prof. Bernd Wagner dell’Università di Colonia e coordinato per l’Italia dal Prof. Giovanni Zanchetta del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa.

“Considerando che le proiezioni climatiche per i prossimi decenni a cura dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) indicano vari scenari plausibili per il futuro del clima nella regione mediterranea, i nuovi risultati scientifici ottenuti con il progetto di perforazione del lago di Ocrida costituiscono un importante supporto per vincolare meglio i modelli di previsione dell’evoluzione climatica futura per il mediterraneo” conclude il ricercatore.

Link alla pubblicazione

La scheda

Chi: Università di Colonia, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Università di Pisa, Università di Firenze, Università di Bari, Università di Modena e Reggio Emilia, Università Roma Sapienza e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Cosa: Pubblicata la ricerca internazionale Mediterranean winter rainfall in phase with African monsoons during the past 1.36 million years. I risultati dello studio hanno permesso di ricostruire in dettaglio le variazioni climatiche e l’intera storia geologica del lago di Ohrid, il più antico lago d’Europa situato tra Albania e Macedonia del nord fornendo importanti informazioni sulla storia climatica del Mediterraneo.

Dove:  Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale Nature (link)

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