Milano, 16 lug. – “Abbiamo visto infarti completamente diversi da quelli che eravamo abituati a vedere. Gli facevamo la coronarografia e vedevamo poltiglia di trombo. Abbiamo detto: attenzione, perché c’è una risposta trombotica esageratamente alta nei pazienti con Sars-CoV-2. E ora non sappiamo ancora quali segni ha lasciato Covid per il futuro”. Claudio Cuccia, direttore Dipartimento cardiovascolare della Poliambulanza di Brescia, racconta i giorni dell’emergenza più dura in una delle aree più colpite dal nuovo coronavirus. Occasione: l’incontro a Palazzo Lombardia fra l’assessore al Welfare della Regione, Giulio Gallera, e i rappresentanti dei 13 centri individuati come hub in cardiologia per garantire le cure in pandemia.
E non è il solo a portare testimonianze simili: “Ancora adesso vediamo accessi tardivi al pronto soccorso, vediamo pazienti che hanno avuto episodi di dolore toracico che corrispondevano a degli infarti nei mesi di marzo-aprile-maggio, hanno resistito a casa ma non avendo potuto usufruire di cure immediate oggi arrivano con una disfunzione cardiaca molto importante e tardiva”, conferma Carlo Mario Lombardi, università degli Studi di Brescia e Cardiologia Spedali Civili, struttura dove “è stato descritto – ricorda lo specialista – il primo caso di miocardite da Covid-19 in una donna giovane arrivata tardi in ospedale. Oggi sta bene, ma la ricordiamo come un caso molto grave e impegnativo anche da un punto di vista emotivo”.
I dati raccolti in 12 dei 13 centri hub confermano: “Dal 21 febbraio al 7 maggio, 953 pazienti sono stati ricoverati per sindrome coronarica acuta, il 50% dei quali trasportati dal 118, dati più o meno simili a periodi non Covid. Fra questi, i pazienti con diagnosi Covid erano il 17%. Ma il risultato impressionante è che la fase ospedaliera ha un dato di mortalità e shock cardiogeno totalmente sbilanciato per questi malati positivi al virus – afferma Luigi Oltrona Visconti, direttore Struttura complessa Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia – Si parla di 32% di mortalità: sono dati da infarto degli anni ’40-’50, normalmente oggi la percentuale oscilla dal 3 al 6%”.
(Adnkronos Salute)