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Il 2 gennaio

Erano tutti tristi quel giorno dopo le notti di bagordi. Aleggiava lo spettro di Malanima che col suo graffio portava la malinconia nei cuori e il veleno nei corpi. I bambini frignavano perché insoddisfatti per i troppi regali, gli adolescenti ringhiavano di fronte all’imminente spettro della scuola, madri e padri avevano gli occhi gonfi per il troppo cibo, e i nonni si trascinavano dispettosi con la loro forma surreale dell’età delle pilloline.
Fuori il sole continuava a splendere e il mare a luccicare, a dispetto di un inverno mai così mite. Eppure tutti erano infelici e intossicati: c’era chi si affannava a correre in palestra per smaltire gli eccessi e chi non riusciva neanche ad alzarsi dal divano, vinto da un’indolenza senza prospettiva.
Era Malanima che con le sue unghie scorticava ogni vita dei popoli di Sicilia, tutte, nessuna esclusa.
Eppure queste terre un tempo erano state povere! Eccome se lo erano state! Sapeste cosa avrebbero dato i giovani e i vecchi di un tempo per una bella fetta di panettone al mascarpone artigianale! Avrebbero fatto i salti di gioia, altroché! Ma non salterelli… salti di due metri avrebbero fatto!
Invece e purtroppo, adesso era tutto una triste nenia e una perenne lamentela. Ci si lamentava dei regali, del troppo cibo, del lavoro che non c’era, dei compiti da correggere, del troppo sole, del troppo freddo, dei locali chiusi, dei locali aperti, del traffico, dell’assenza di traffico, dei botti, dell’abbaiare dei cani, del pianto dei neonati, del girovita prorompente, della noia di certe frequentazioni, di Maria, di Giovanni, di Filippa e di Carmelo…
Cosicché, al mattino del 2, qualcuno si stufò. Un piccolo esserino di nome Mastropistolotto scese su dai Monti Irreali e piombò in ogni città, in ogni paese e in ogni più remoto angolo di Sicilia. Parlava a tutti e tutti potevano (non si sa come) sentirlo e vederlo.
Disse: “Signori, Signorine, Giovani e Vecchi, Bimbi e Bimbette, la vedete quest’arpia?”.
Nella mano stringeva il collo di un’orribile donna cornacchia, nera come la pece a brutta come la fame, con certe ali svolazzanti da far venire su i brividi.
“Siete dunque infelici? Lei è la causa di ogni vostro malessere. Volete che la strangoli?”.
Si udì un enorme boato. Era il “sì” di tutti gli abitanti di Sicilia. Fu un “sì” talmente potente che parve un terremoto.
“Va bene”, disse Mastropistolotto, e le spezzò il collo. Un istante dopo erano spariti, lui e lei, come se non fossero mai esistiti.
Ma nulla cambiò. La gente continuava a essere triste. I bambini a lamentarsi dei troppi regali. I ragazzi dei troppi compiti. I vecchi della mancata prescrizione medica.
Aumentarono le rapine, gli scippi e gli omicidi.
Tutti dimenticarono in fretta l’avvento di Mastropistolotto e dell’orribile Malanima.
I preti ammonirono dai pulpiti: “Non credete a quel che avete visto e sentito! Il nostro Signore non approva!”.
I politici dai loro scranni: “Queste sono pericolose fantasie, occorre guardare piuttosto alla Legge di Bilancio!”.
E gli scienziati: “Mai fidarsi delle allucinazioni collettive! Occorre confutare, confutare e ancora confutare!”.
Fu così che i siciliani smisero di credere alle fiabe.
Vissero infelici e scontenti nel tempo che non ha tempo: né passato, né presente, né futuro.
Tale maledizione durerà fino a quando un bimbo o una bimba non sogneranno un altro Mastropistolotto e non disegneranno una cattivissima Malanima.
Adesso chiudete gli occhi, fate un bel respiro e contate fino a dieci…

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