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Le “strane manie” di un uomo di teatro

Giampaolo Romania ha delle caratteristiche “strane” rispetto ad altri uomini di teatro: si alza la mattina presto, parla solo se interrogato, timido, riservato, umile è il regista di Mafia Pride che ha scritto insieme a Salvo Giorgio (in scena per la rassegna Altrove da giovedì 20 fino a domenica 23 alle Ciminiere ore 21.00) ci racconta come si può vivere d’arte, di teatro e d’amore…

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Come ti “definisci” principalmente, visto che sei attore, regista teatrale, scrittore e musicista?

Io continuo a considerarmi un attore, ma anche tutto quello che hai detto: secondo me chi ha la passione del teatro deve essere in grado di saper fare tutto, magari poi lo fa fare ad altri, però lo deve saper fare…per esempio non sono molto favorevole a fare il regista e interpretare lo stesso lavoro, è come se mi mancasse l’obiettività.

Come hai iniziato?

Come tutti gli attori un po’ per gioco e un po’ per amore ho fatto l’accademia del Teatro Stabile di Catania più di 20 anni fa. E poi ho cominciato a fare l’attore. Per alcuni anni ho creato dei laboratori teatrali perché sono convinto che il teatro è una forma di espressione che serve anche nella vita quotidiana ed è stato lì che ho conosciuto un allievo che sarebbe diventato un avvocato.

Un avvocato?

Sì un avvocato con la passione del teatro ed insieme ad un farmacista un medico e a Salvo Giorgio scrittore e giornalista e le loro associazioni hanno “rilevato” il Teatro Naselli di Comiso e me ne hanno affidato la consulenza artistica da circa sette anni.

Quindi sei il direttore artistico del Teatro Naselli?

Rifuggo quest’etichetta come tutto quello che può darti notorietà ma anche ingabbiarti. Mi piace essere flessibile mi piace scrivere e portare lavori nuovi qualche anno fa ho portato allo Stabile di Catania Trainspotting di Irine Welsh. Lo scrittore inglese ci ha autorizzato e contattarlo è stato un delirio, ma ci siamo riusciti.

Il film fece epoca quando uscì nel 1996. Anche quello era un tema molto forte sulla droga vissuta vista e trattata dai ragazzi che ne facevano un uso diciamo “ricreativo”: ti piacciono i temi borderline?

Diciamo che faccio teatro perché mi piace e siccome io mi annoio facilmente vorrei che gli spettatori restassero svegli fino alla fine dello spettacolo, totalmente calati dentro la storia, non vorrei dargli spazio per pensare, che lo facciano dopo. Per Trainspotting abbiamo preso tutti gli allievi dello Stabile per avere la freschezza dei ragazzi e la professionalità in corso d’opera…erano tutti figli nostri, almeno così ho pensato!

Mi hai parlato di onestà intellettuale: ci sono registi che presuppongono che tu abbia letto il romanzo o sappia cose di mafia: sei d’accordo?

Assolutamente no! Il regista, lo scrittore, l’attore, hanno il dovere di raccontare una storia bella o brutta che essa sia. Il professore, il salumiere, la casalinga (senza offesa per l’uno o per l’altro/a) devono essere in grado di comprendere la storia senza ulteriori paraventi di nozioni culturali.

Come avete fatto a rendere così leggiadra la storia del maxiprocesso, così perfetta per scenografia testo luci musiche e soprattutto come hai compiuto il miracolo delle sei attrici (che ho battezzato “corpo unico”) che si muovevano all’unisono, come nei balletti russi?

Sono  le attrici Anita Indigeno, Carla Cintolo, Leandra Gurrieri, Lella Lombardo, Milena Torrisi, Giuseppina Vivera (native di Vittoria, Comiso, Ragusa) che fanno parte dei laboratori che tengo al Naselli. Le conosco bene, si conoscono bene: la confidenza porta la fiducia e questo si vede. Io sono maniacale per i tempi teatrali, per le luci e per le musiche fino al secondo mi prendono in giro per questo, ma il risultato è quello che conta. Per quanto riguarda la trama l’abbiamo riscritta più volte fino a quando è uscita da sola la storia o la sottotraccia del pentitismo. Non hai idea di quanta roba abbiamo dovuto leggere e scartabellare. Quando le dichiarazioni vengono lette da una mente sana e pulita le magagne si “vedono”.

Mi hai detto che gli atti processuali che avete utilizzato nel testo sono autentici?

Sì ci sono i momenti del processo sempre riferiti al fenomeno del pentitismo (che è stato, almeno noi pensiamo, creato a tavolino per sviare la verità) che sono talmente paradossali da risultare incredibili: durante ore di processo dopo aver rilasciato dichiarazioni inutili un pentito riferisce di non essere in grado di ricordare la dichiarazione rilasciata non perché fosse stanco “ma perché era la mente che era stanca”.

Tu pensi che ci sia stata una “mente” dietro questo fenomeno?

Io penso che “la convergenza della moltitudine” per usare una frase del testo sia una tecnica usata da tutti i governi che hanno raggiunto il potere e il controllo dei mass media: è una tecnica precisa!!!

A proposito di tecnica mi hai parlato della tecnica del video mapping che hai usato nello spettacolo per trasformare una scarna struttura metallica in un aula di processo, in una chiesa, in una discoteca in cosa consiste?

Il video mapping è una tecnica di animazione, che trasforma qualsiasi tipo di superficie in un display. Tramite appositi programmi, si creano delle scene con immagini, video e giochi di luci che, proiettati su delle strutture, sono in grado di dare l’impressione che la realtà si animi, lasciando lo spettatore totalmente a bocca aperta. Grazie alla luce dei proiettori si riesce ad ingannare la percezione visiva dello spettatore, tanto da creare un effetto surreale capace di generare una sorta di “illusione di massa” che inevitabilmente genera il cosiddetto “effetto Wow”.

Bella l’espressione “illusione di massa”. Quando hai usato questa tecnica?

Nello spettacolo 6 personaggi in cerca d’autore dove gli attori erano soltanto tre. Invece di fare la scena reale ho usato un armadio virtuale da cui uscivano due donne che interpretavano sia i personaggi maschili che quelli femminili e l’unico interprete maschile restava sempre in scena.

Ti piace stravolgere anche i classici?

I 6 personaggi sono rimasti immutati il testo è quello originale ma invece di esserci un esercito di attori in scena ho preferito averne tre: mi sembrava più funzionale.

Prossimi lavori?

Abbiamo in programma Otello a marzo 2019: un uomo con sei donne che gli girano attorno, sei invitata!

E io verrò con piacere immaginando che stavolta i personaggi bordeline di Romania/Shakespeare possano essere afflitti da una qualche disfunzione psico affettiva, tanto per mantenermi in allenamento.

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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