Home Rubriche L'intervista Le donne di Valentina Sorrentino: una, nessuna e centomila

Le donne di Valentina Sorrentino: una, nessuna e centomila

 

Incontro con Valentina Sorrentino pittrice onirica e surreale e le sue donne immerse tra musica e simboli reali e psicologici…

Chi è Valentina Sorrentino?

Una donna curiosa, da bambina mi piaceva ascoltare chiunque in famiglia avesse voglia di raccontarmi una storia, che fosse reale o di fantasia non faceva la differenza. Ora, una donna che continua ad andare a caccia di storie nel tempo e che ama le proprie radici, personali e, in senso più ampio, mediterranee. E le racconta a colori.

Da dove trae ispirazione dei suoi soggetti?

Dai canti popolari alla lirica passando per il rock, la musica e più in generale il suono, hanno un potere immenso: un vibrato, un accento, il ritmo di una tammorra possono prendere forma e trasportarmi in un’immagine. Trovo inoltre che miti, leggende, personaggi letterari o altri artisti di ogni epoca, siano una fonte di ispirazione inesauribile. Nei miei lavori molti di questi aspetti convergono, si incontrano e prendono forma, come accade in molte canzoni di Roberto Vecchioni, alle quali è ispirata la serie meLady.

Qual è la funzione della pittura (sociale, individuale, critica ecc. ecc.)?

Una tela diventa opera quando apre un varco tangibile tra realtà ed emozione, mettendo l’uomo in risonanza con l’inatteso. Dipingo per la necessità di guardare da vicino mondi lontani, appropriandomi di vite e colori che non mi appartengono nel quotidiano e che, attraverso l’arte, conquistano la mia realtà.

C’è una sorta di narrazione un fil rouge?

La mia donna, contemporaneamente una e tutte, ciò che non sono e vorrei essere. È lei che se ne va in giro chissà dove, poi torna a raccontarmi com’era quel pezzo di mondo dall’altra parte.

I suoi sono soggetti e oggetti onirici: quanto i suoi studi l’hanno influenzata?

Sui banchi di scuola ho imparato l’amore per la letteratura e la ricerca dei dettagli; il percorso in medicina mi ha trasmesso la costanza, la dedizione, necessarie per il perseguimento di un obiettivo; la neuropsichiatria infantile mi ha insegnato che guardare il mondo con gli occhi di un bambino, per quanto questo concetto possa sembrare ovvio, è un privilegio assoluto.

Quali sono gli artisti preferiti e perché?

Dalí, ritrattista dell’inconscio, per il silenzio dei suoi orizzonti solo apparentemente inesplorati, sovrumani, la sua capacità di diventare egli stesso arte fondendo, quasi come fosse la sua unica possibilità, opere, persona e personaggio.

Canova, per la delicatezza dei nudi, l’eco di un tempo lontanissimo che sembra ritornare per incarnarsi nei suoi marmi, nella grazia delle forme. Boldini, per aver immortalato l’eleganza inarrivabile della Belle Époque., Banksy, geniale.

Ha mai pensato di collaborare come artista con una terapeuta?

Uno dei motivi per cui la mia donna è sempre di spalle e non ha un volto è che mi affascina l’idea che lei sia una, nessuna e centomila e che lo spettatore possa proiettare in questo personaggio il proprio vissuto. Di conseguenza, questa è una lente interpretativa possibile, essendo la mia arte vicina al surrealismo.

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