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HomeRubricheL'intervistaChris Ace, artista messicano in equilibrio tra presente e passato

Chris Ace, artista messicano in equilibrio tra presente e passato

In attesa che abbia inizio la quinta edizione dell’Ursino Buskers, abbiamo intervistato uno dei protagonisti di quest’anno. Chris Ace arriva da Città del Messico, si specializza nelle discipline della corda molle e della giocoleria, studia al “Programa Internacional de Formación en Artes del Circo y de la Calle del Centro Nacional de las Artes” dal 2010 al 2015, è co-fondatore della società “Cuatro CirCronicos” e della compagnia “Duet Ce Fini”. Oggi impiega anima e corpo nel suo progetto da solista con la “Compañia Chirs Ace” nata soltanto l’anno scorso e che ha già conquistato il cuore del pubblico internazionale.

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Poetica, profonda e assolutamente fuori dagli schermi è la performance proposta da quest’artista d’oltreoceano che è pronto a condividere con noi frammenti della sua cultura così da generare un incontro perfetto tra arte e persone.

Quando hai iniziato con l’arte di strada?

C: Ho incontrato l’arte di strada per caso, il giorno in cui ho visto un mio amico con un monociclo e tre clave in centro, a Città del Messico. Non avevo la minima idea di cosa fossero il circo e la giocoleria, però ne ero affascinato così seguendo gli spettacoli dei miei amici mi sono accorto che riuscivano anche a guadagnare bene facendo esibizioni in strada e a 19 anni non mi dispiaceva affatto guadagnare un po’ di soldi. È così che ho iniziato ad allenarmi, ero molto motivato.

Come nascono le storie delle tue marionette?

C: L’amore per le marionette nasce dopo l’incontro con un insegnante davvero speciale, Edwin Salas. Quando iniziai a fare l’artista di strada cercavo un’arte diversa oltre al circo, ma non sapevo bene quale. In Messico non ci sono molte scuole di arti performative, mi sono lasciato ispirare da questo professore. Così nacquero le mie marionette. Ce n’è una, in particolare, che indossa i miei stessi vestiti perché rappresenta la mia infanzia, tutti i sentimenti e i pensieri che ho provavo da bambino. E poi c’è mia nonna, una figura a cui sono particolarmente legato. Nella cultura messicana la celebrazione dei morti è molto importante, nello spettacolo attraverso la figura della mia “abuelita” cerco di sottolineare la sua eredità, tutto quello che mi ha insegnato.  Cerco di riproporre e tramandare la tradizione; i nostri antenati ci lasciano un bagaglio immenso di cultura: come bisogna comportarsi, che tipo di cibo bisogna mangiare, come bisogna cucinarlo, come bisogna vivere. Attraverso le mie marionette cerco di raccontare la storia dei miei antenati.

Nei miei spettacoli è molto presente il tema della morte, tematica davvero molto importante per noi.  Abbiamo un modo di dire molto diffuso in Messico “quando ti senti stanco è perché è arrivato il momento di morire” questa cosa l’ho detta in Francia e la gente mi ha guardato un po’ meravigliata, per me il tema della morte è un tema che bisogna affrontare con tranquillità. Un tema di cui bisogna parlare spesso.

Sappiamo che stai ricostruendo la struttura del tuo spettacolo qui a Catania… da dove nasce il titolo Manipulando Madera?

Sì, sto costruendo la struttura del mio spettacolo proprio qui a Catania grazie al meraviglioso aiuto di Giovanni e Fabrizio; è un processo molto particolare e personale. C’è bisogno di molta cura e attenzione. Ogni volta comprare il legno, tagliarlo, costruire la struttura in un’altra città, in un altro continente, con persone nuove che a volte non capiscono la tua lingua è sempre una bellissima esperienza.

La storia del titolo Manipulando Madera è molto divertente, in realtà lo spettacolo si chiamava Tu&yo, solo che la prima volta che l’ho presentato, gli organizzatori hanno inserito per sbaglio nel programma “Manipolando il legno”, per me questo errore è stato una vera fortuna. Mi ha fatto vedere tutto in maniera più chiara. Tutto il mio spettacolo è stato costruito con il legno. Il legno viene ‘’manipolato” per prendere vita, si anima, diventa qualcosa, racconta una storia.

Manipulando Madera parla della vita e della morte, della famiglia e di tutto quello che siamo oggi grazie alla tradizione.

Oltre al tuo spettacolo Manipulando Madera, durante l’Ursino Buskers ci sarà un tuo workshop sulla corda molle. Pensi che sia un modo anche per tramandare la tua arte?

C: Sì. E’ già possibile iscriversi al workshop. Per me è sempre una bella occasione di confronto, perché non solo parlerò della mia esperienza sulla corda o del circo, ma su come il circo e l’arte abbiamo cambiato la mia vita, per me è stata una vera rivoluzione. Grazie all’arte oggi, posso viaggiare dall’altra parte del mondo e godermi tutto quello che la mia vita ha da offrirmi. Voglio andare oltre la disciplina, non voglio solo fare capire come si sta in equilibrio su una corda, voglio parlare dell’arte e del tempo che ogni artista dedica; ci vuole tanto amore e tantissima costanza.

Vieni da Città del Messico. Un paese molto lontano dal nostro, ma su molti punti di vista sembra vicino all’Italia. Come si svolge la tua vita artistica in Messico?

C: La mia vita artistica a Città del Messico è un po’ caotica.  Non ti permettono di esibirti nei teatri.  Hanno un concetto un po’ particolare, uno spettacolo di circo contemporaneo se non soddisfa le loro esigenze estetiche non viene considerato uno spettacolo adatto al teatro.

Tra l’altro alcuni teatri non hanno neanche una struttura adeguata per ospitare alcuni spettacoli di circo. Anche per partecipare ai festival bisogna superare diversi ostacoli; se non sei amico dell’amico non puoi partecipare, non importa che tu abbia talento, non importa che tu proponga uno spettacolo ben fatto, la cosa importante in Messico è che tu sia amico dell’amico. Penso che sia un po’ il riflesso di ciò che accade politicamente in Messico.  Vista la situazione in cui versa il mio Paese è molto difficile portare avanti i miei progetti: non voglio fare spettacoli in cui devo raccontare la storia di Walt Disney o una storia  qualunque solo per fare “sopravvivere” il circo.

Le persone preferiscono di gran lunga i prodotti commerciali in TV. E’ anche per questo che ho deciso di fare il mio percorso da solista, posso viaggiare più facilmente, guadagno più soldi e creativamente è meno problematico. Sarebbe bello anche creare insieme ad altri artisti, ma a volte le persone hanno idee molto strane su come creare senza studiare, cosa che per me è necessaria.  Per creare c’è bisogno sempre di una tecnica.

Credo fermamente di occuparmi del sociale attraverso la mia arte. Non sono d’accordo sul fatto che bisogna pagare un biglietto per andare a vedere uno spettacolo a teatro; il pubblico che va a teatro va a vedere qualcosa che è già “costruito”, ci si siede ed è come se già sapessero cosa stanno vedendo.  Questo è quello che detesto di più nel mio lavoro, questo è un processo che fa parte del consumismo dell’arte. Quello che preferisco, invece, è che il pubblico che si trova in strada non ha pagato nulla e in quel caso vede la vera essenza dell’artista, nessun volantino, nessun video che anticipa, ma solo l’artista e il suo talento.

Cosa ti aspetti dall’Ursino Buskers?

In merito all’Ursino Buskers ho solo cose positive da dire; durante questi giorni di permanenza a Catania, Gammazita si è presa cura di me e di mia moglie, in modo attento e caloroso. E’ un’organizzazione fenomenale, mi fa “ tremare” l’idea che ci siano più di 40 compagnie con più di 50 spettacoli gratuiti al giorno in 5 postazioni diverse; per me è un sogno,  un’utopia artistica in cui sarà il pubblico catanese e non solo a beneficiarne.

Domenica pomeriggio abbiamo promosso l’evento, insieme a Sambazita e altri artisti al lungomare: è stato davvero incredibile vedere la gente felice in attesa del grande festival. Tante persone ci hanno accompagnato dall’inizio alla fine durante la parata, e anche in questi casi capisci quanto le persone hanno bisogno di te e dell’arte nella loro vita.

Non saprò mai come ringraziare Daniele, Fabrizio e tutti colori i quali rendono possibile l’Ursino Buskers. Spero di poter tornare l’anno prossimo con lo spettacolo Cry Green a cui sto lavorando, sempre con marionette e maschere, che racconta la storia di una scimmia che perde la sua famiglia, mentre la globalizzazione avanza e le città crescono invadendo sempre più gli spazi verdi e naturali del nostro pianeta.

 

 

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