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L’accertamento tecnico preventivo nelle cause di previdenza

Finalità dell’istituto

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L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio (A.T.P.O.) previsto all’art.445 bis c.p.c. e introdotto con la legge 111 del 2011 nell’ambito delle controversie previdenziali ed assistenziali è un procedimento da realizzarsi in via preventiva rispetto all’azione giudiziaria.

L’istituto obbliga le parti che intendano intraprendere un giudizio per il riconoscimento dei propri diritti in materia di invalidità civile ad espletare l’accertamento tecnico preventivo che è dunque condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Chi intenda avviare un contenzioso «in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222» ha così l’obbligo di promuovere in via preventiva un accertamento tecnico delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere.

L’istituto, ispirato, al modello della consulenza tecnica preventiva del processo civile, è finalizzato a prevenire l’instaurazione di un processo ogniqualvolta il solo punto controverso consista nel requisito sanitario, accertabile unicamente attraverso l’espletamento della consulenza tecnica.

Procedimento

L’istanza di accertamento tecnico preventivo si propone con ricorso avanti al Tribunale del Lavoro nel cui circondario risiede il ricorrente. A seguito del deposito dell’istanza il Giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione del CTU nominato dal Giudice del Lavoro per redigere la consulenza tecnica d’ufficio.

Concluse le operazioni di consulenza tecnica dal medico incaricato dal Giudice del Lavoro questi assegna un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le parti devono dichiarare se intendono contestare le risultanze peritali.

A questo punto il procedimento può sfociare in due differenti esiti il primo definito con decreto di omologa, il secondo con sentenza ed entrambi i provvedimenti sono definitivi:

1) in caso di mancata contestazione di entrambe le parti – il che equivale ad accettazione implicita – il Giudice nel termine su indicato «omologa con decreto l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze indicate nella relazione del consulente tecnico dell’ufficio provvedendo sulle spese».

2) ove invece una delle parti manifesti la volontà di contestare le conclusioni del consulente tecnico deve, nel predetto termine, formulare la propria dichiarazione di dissenso (che può consistere in una dichiarazione generica, priva della specificazione dei motivi del dissenso), nonché, nei trenta giorni successivi alla manifestazione del dissenso, a pena di decadenza, depositare il ricorso introduttivo del relativo giudizio di merito, con l’indicazione specifica delle ragioni del dissenso, pena l’inammissibilità della domanda. La sentenza che definisce il giudizio viene dichiarata inappellabile (art. 445 bis, 7° comma, c.p.c., inserito dalla l. 12 novembre 2011, n. 183, c.d. Legge di stabilità).

Applicazione del procedimento

Il nuovo procedimento rappresenta il frutto di una discutibile scelta legislativa che nonostante il dichiarato obiettivo di voler smaltire il contenzioso in materia previdenziale e contenere in tempi ragionevoli la durata dei processi, ha determinato un aggravamento, in termini di tempo e di attività, del carico degli uffici giudiziari, considerato, peraltro, che la disciplina introdotta risulta in diversi passaggi oscura e lacunosa.

 

Criticità

Una rilevante criticità della disciplina è che non chiarisce quale sia l’oggetto della valutazione del Giudice del Lavoro in sede di accertamento preventivo. E così interpretando la disciplina vi è chi ritiene che rientri nella valutazione del Giudice unicamente la sussistenza del requisito sanitario, essendo preclusa al Giudice ogni verifica degli ulteriori requisiti socioeconomici richiesti dalla legge per il conseguimento della pretesa, con la conseguenza che il Giudice deve disporre la consulenza medico-legale anche se risultino ostacoli pregiudiziali o preliminari che precludono il diritto alla prestazione richiesta. Altri attribuiscono invece al Giudice il dovere di compiere una serie di verifiche preliminari dei presupposti processuali della domanda nonché una valutazione degli altri requisiti diversi da quello sanitario costitutivi della prestazione che si vuole ottenere, sanzionate, in caso di esito negativo, con l’inammissibilità della domanda.

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Claudio Basile
Claudio Basile
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