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I contratti di lavoro a termine e le misure emergenziali del decreto “Cura Italia”: appropriate le deroghe alla normativa vigente

Claudio Basile
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I termini della questione
Quando si discute degli effetti della diffusione del Covid-19 per il mondo del lavoro e relativo tessuto economico sociale bisogna ragionare anche delle concrete ricadute della pandemia sugli strumenti normativi vigenti.
Il tema del presente contributo è perciò la modifica apportata dal D.L. 17 marzo 2020 n. 18 (Cura Italia) alla disciplina del D.lgs. n. 148/2015 sugli ammortizzatori sociali nei contratti a tempo determinato.
È bene dire subito che senza uno specifico intervento normativo da parte del Governo i più penalizzati sarebbero stati certamente i lavoratori con contratti di lavoro a termine.
I provvedimenti emanati volti a gestire l’ondata emergenziale, derogano (temporaneamente) la vigente normativa in tema di ammortizzatori sociali.
Il focus sulle principali modifiche
a) La disciplina ante covid 19
Nel sistema normativo ante covid 19 era prevista espressamente l’applicazione degli strumenti di integrazione salariale ordinaria a tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, compresi quelli a tempo determinato ai sensi dell’art. 19 e ss. del D.lgs. n. 81/2015. Ma l’applicazione, prevista anche per i lavoratori a tempo determinato, non era generalizzata.
Infatti l’art. 20, applicato prima della crisi sanitaria, prevede che l’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa presso unità produttive in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato. Inoltre, in caso di violazione dei divieti di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
All’art. 21, comma 2, si stabilisce il così detto principio dei periodi cuscinetto, “qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato”.
b) La disciplina post covid 19
Il così detto “Cura Italia” introduce una serie di deroghe alla vigente normativa.
In primo luogo l’art. 19 del D.L. del 17 marzo 2020, n. 18 è intervenuto introducendo misure straordinarie di integrazione salariale. Al comma 1, ha infatti previsto che “i datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020”. Al comma 8 si è poi specificato che i lavoratori destinatari delle norme devono risultare alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 23 febbraio 2020. Agli stessi non si applica la disposizione di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs.148/2015 (anzianità minima di 90 giorni).
Gli aspetti problematici del D.L. del 17 marzo 2020, n. 18 superati in sede di conversione in legge
Tuttavia si sono rilevate alcune lacunosità tra l’emanazione del decreto e la sua conversione in legge.
In prima stesura nulla si è previsto per i lavoratori assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo (data di emanazione del “Cura Italia”), ciò fino all’emanazione dell’art. 44 del D.L. n. 22/2020, che ha esteso le misure per gli assunti fino al 17 marzo 2020.
Originariamente il testo dell’art. 19 nulla diceva a proposito dei lavoratori precari circa i divieti del D.lgs. 81/2015, ovvero sui limiti della proroga e del rinnovo.
E così i lavoratori con contratto a termine che inizialmente hanno beneficiato dell’integrazione salariale, hanno visto il proprio datore di lavoro non procedere alla proroga ed al rinnovo, in quanto impossibilitato sia a corrispondere loro la retribuzione, sia a beneficiare per essi degli ammortizzatori sociali.
Un significativo intervento normativo correttivo si è avuto a seguito della conversione del Cura Italia.
La novità più importante risiede nell’introduzione dell’art. 19-bis, che nel prevedere una importante deroga ai limiti del D.L.vo 81/15, testualmente recita: “Considerata l’emergenza epidemiologica da COVID-.19, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, nei termini ivi indicati, è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del D.L.vo n. 81/2015, di procedere nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione”.
L’art. 19-bis, definito norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine, ha consentito quindi, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22, la possibilità di procedere al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato.
Il ricorso all’interpretazione autentica, inoltre, ha consentito di sanare il comportamento dei datori di lavoro che avevano proceduto a rinnovi o proroghe in presenza di vincoli normativi contrari, in quanto, questa norma, data la sua peculiarità, si applica retroattivamente, contenendo, al contempo, il rischio della perdita di posti di lavoro.
L’art. 19-bis ha anche chiarito che la possibilità di procedere al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato è prevista anche per gli strumenti di integrazione salariale in deroga ex art. 22, con rinvio ai singoli accordi-quadro regionali.
La mancata modifica del regime delle causali vero punto debole dell’intervento legislativo
Le deroghe contenute nei citati articoli del D.L. del 17 marzo 2020, n. 18 sono da considerarsi opportune vista il particolare momento di crisi del sistema lavorativo del nostro paese.
Tuttavia se è vero che gli atti governativi hanno derogato ad alcune rigidità del D.Lgs. n. 81/2015, non hanno però modificato il regime delle causali previste dall’art. 19, comma 1, che certamente avrebbe facilitato la salvaguardia dell’occupazione in un momento come l’attuale di profonda crisi economica.
Per info e contatti: studiolegalebasile@yahoo.it

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