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La sindrome della malevolenza perbenista

«Quando l’opinione pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario – divisa in “innocentisti” e “colpevolisti” – in effetti la divisione non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell’imputato o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia». Leonardo Sciascia

La gogna e il conseguente linciaggio è un’operazione antica, non appartiene a internet, che è solo uno strumento e un amplificatore, tanto più temibile perché senza confini e senza regole.

La gogna è uno strumento punitivo, di contenzione, di controllo, di tortura, utilizzato prettamente durante il Medioevo. È costruita come un collare in ferro, fissata a una colonna per mezzo di una catena, che veniva stretta attorno al collo dei condannati esposti alla berlina, (definizione che indica l’esposizione di qualcuno alla pubblica derisione, davanti a tutti specialmente su un palcoscenico, chiamato appunto Berlina).

La gogna successivamente si è modificata in tavole di legno provviste di cerniera, che formano fori attraverso i quali sono inseriti la testa e/o vari arti del prigioniero, poi bloccate insieme per trattenerlo, in tutti i sensi, tipo dal dire come erano andati fatti e cosa ne pensava e di come veramente si erano messe le cose. Ogni volta che ci provava, peraltro rantolando, la gente, anche quella di passaggio, gli tirava qualcosa contro: la prassi era frutta, verdura e uova marcie.

Che questo si potevano permettere.

Fosse stato oggi il malcapitato sarebbe morto prima di espiare le sue colpe.

Una lattina di tonno a pinne gialle e una bottiglia di salsa datterini dop gli avrebbero aperto la corteccia cerebrale e in due spicchi il cervello con lo yogurt cestello maxi formato pieno di fermenti lattici, streptococcus mutans  ed ulteriori ed estreme verità organolettiche. Magari alla ricerca del dibattito. Tu mi lanci una cosa a me; io lancio una cosa a te. Quantomeno suffragare un processo alle intenzioni. Ma si sa l’agognato faceva ammenda di arringa.

 

C’è chi dice che gogna possa derivare da ver-gogna.

La vergogna è un’emozione che accompagna l’auto-valutazione di un fallimento globale nel rispetto delle regole, scopi o modelli di condotta condivisi con gli altri, tipo “la sindrome di malevolenza perbenista”.

Chi vive la vergogna, vive di una duplice convinzione psichica ed energetica:

  • da una parte vive un’emozione negativa che li coinvolge rispetto alla propria inadeguatezza, rispetto alle regole imposte dalla “malevolenza perbenista” di cui sopra:
  • dall’altra ci si rende conto di aver fatto qualcosa per cui possiamo essere considerati dagli altri in maniera totalmente opposta rispetto a quello che avremmo desiderato, quindi fondamentalmente fraintesi e fraintese: la vergogna come il dubbio di avere sbagliato rispetto alla pubblica “malevolenza perbenista”.

 

Il linciaggio è un omicidio risultato di un’esecuzione sommaria; si tratta di una punizione extragiudiziale da parte di un assembramento informale incontrollato. È utilizzato spesso per caratterizzare le esecuzioni pubbliche non ufficiali da parte di una folla per punire un presunto trasgressore della legge o per intimorire un gruppo specifico. L’aggressività della folla nei confronti di un essere umano, qualsiasi cosa abbia compiuto o dichiarato, è sempre violenza, un blackout del pensiero, un cortocircuito della coscienza.

Il Rivoluzionario Fight Club (un club di pugilato come forma radicale di psicoterapia, con l’aiuto dell’incarnazione di un Alter Ago Ribelle) repressione aristocratica e clericale della “malevolenza perbenista”.

I Fight Club sono luoghi dove la gente si picchia selvaggiamente fino a morire. Anche simbolicamente e paradossalmente senza provarne nessun piacere: la rabbia mediatica ne è un ottimo deterrente. Non si sentono i rumori delle grida.

La gogna e il conseguente linciaggio mediatico ormai in Italia sono una cultura: sono praticati dalla politica, amati dai giornali, dalle televisioni e adorati dai social che vivono fondamentalmente di soap opera o meglio di feisbuknovelas. È uno stile comunemente accettato. È una sorta di “malevolenza perbenista”. La Malevolenza si sa che nasconde ciò che ci da fastidio a livello di “mancata autorealizzazione personale”: un profondo e riflessivo Sé, bistrattato, represso, imborghesito, mancante di energia vitale che procede in una linearità fatale di “nascita, maturità biologica e morte”, senza passare da nessuna evoluzione emozionale e spirituale. Perbenista perché tutte le persone perbene la pensano così e quindi dev’essere necessariamente giusto.

Internet fornisce molteplici opportunità di comunicazione, crea connessioni tra le persone e amplifica il potere di diffusione dei messaggi.  A volte sono considerazioni potenzialmente innovative e positive che, se non sono controllate, possono avere risvolti molto negativi. Approcciarsi alla rete con superficialità senza fonti scientifiche accertate, in maniera avventata, ci può portare inopportunamente alla gogna mediatica che può diventare linciaggio scatenando una psicosi di massa.

Se mettiamo online materiali che ci riguardano, da una fotografia a un video, da un articolo ad un saggio, dobbiamo essere consci che quei dati possono essere utilizzati da persone malevoli poiché infelici del proprio stato vitale che possono manipolare le nostre più edificanti intenzioni. Un’immagine o un’informazione oltraggiosa, secondo la “malevolenza perbenista” può circolare rapidamente e renderci inconsapevolmente noti e protagonisti di una vera e propria gogna e conseguente linciaggio mediatico.

Contemporaneamente assistiamo ad un fenomeno parallelo: la diffusione di immagini private dal potenziale denigrante. Diversi casi di cronaca dimostrano come una fiducia malriposta, unita ad un atteggiamento esibizionistico e la dilagante superficialità nei rapporti, possono creare situazioni che sfuggono di mano e si diffondono nelle aree oscure del web. La gogna mediatica non è soltanto un accanimento da parte della stampa e dei giornalisti nei confronti di persone implicate in casi di cronaca e messi alla gogna esponendoli al pubblico giudizio, la strisciante “malevolenza perbenista” spesso senza filtri. Anche i social sono, oggi, a tutti gli effetti un mezzo di comunicazione e informazione quindi diventano” palcoscenici digitali” che celebrano successi insensati o distruggono reputazioni convalidate.

Ma attenzione anche ai “finti dibattiti” che avvengono all’interno di manifestazioni pubbliche, quindi reali, con persone vere, o “perlomeno che respirano”,  dove per celebrare giornate dedicate alla “risoluzione di violenze di genere” unanimemente condannate, si finisce per promuovere la propria solipsistica ed esibizionistica natura di oltraggi verbalizzati, senza dibattere, (il dibattito presuppone due o più parti che portano proposte, soluzioni e a volte conflitti ) ma dichiarando soltanto le offese e le violenze ricevute. Questa è la porta della “dittatura mediatica reale insindacabile” poiché un pubblico assiso, sindacabile, assiste in maniera muta alla provvida loquela di chi ha un microfono attivato non dando la possibilità di sindacare in maniera dibattevole. E sui social provvidenzialmente questa nuova forma di mattanza, (tonnica e cervellotica) che collega il reale al virtuale, ancora terribilmente, non affiora, non ci pervade e non ci affievolisce. Probabilmente ne pagheremo le conseguenze per le facoltose generazioni future.

Per intanto vi lasciamo con un particolare di una tela dedicata all’osservazione “dello artista come degenerato innovatore”.

Conservato al Museo del Maschio Angioino, perticato nella sua ubertosa magione tronfio della torreale erezione, ubicato nella elegantissima città di Napoli.

 

 

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