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Il censimento dei radical chic

Attenzione! Se qualcuno vi dà dell’intellettuale, di questi tempi, è meglio alzare le mani in alto e fare un passo indietro. Infatti, nessun altro “epiteto” potrebbe risultare più pericoloso di questo. A metterci in guardia è lo scrittore Giacomo Papi che nel suo romanzo Il censimento dei radical chic,edito da Feltrinelli, mette in scena quello che potrebbe essere un futuro prossimo.
Papi ci racconta di un paese in cui la conoscenza, la cultura e lo status acquisito grazie ad esse, vengono considerate forme di ingiustizia perpetrate dalle élite nei confronti del popolo.
Un paese guidato da un primo ministro e da un governo pronti ad abolire ogni forma di “pericolosa” insubordinazione culturale, come quella commessa dal Prof. Giovanni Prospero che, durante una trasmissione televisiva cita, addirittura, Spinoza. Quest’atto scatena l’ira del pubblico e determina l’assassinio del professore colpevole, comunque, di essersela cercata. Per evitare ulteriori spargimenti di sangue si rende necessaria, dunque, una forma di tutela, seppur minima, nei confronti dei “radical chic” che il primo ministro pensa bene di iniziare a censire. A quel punto perché non procedere anche ad una semplificazione della lingua e a una eliminazione di tutti quei termini, desueti o troppo ricercati, che avviliscono la vita del popolo?
Un programma niente male, attuato sistematicamente dal nuovo potere. Tutto bene, dunque? No. Lo scenario che si profila è tragicamente divertente. Sì, perché giacomo Papi, attraverso un cinico umorismo, ci rende partecipi di una deriva che è già iniziata e in cui siamo tutti coinvolti.
Tra leoni da tastiera, che mostrano di avere un’opinione su tutto spesso, però, priva di una qualsivoglia conoscenza e intellettuali rinchiusi nelle loro certezze, lontani da ogni forma di sano interesse per il confronto e scevri di qualsiasi dubbio, il pericolo è in agguato.
Le emozioni finiscono per avere la meglio sui pensieri e sembrano travolgerci in una spirale di contrapposizioni che divide tutto e tutti in fazioni.
Ma una speranza per noi c’è ancora, ed è sempre lì: nelle parole che sono ancora pietre e per questo fanno paura. Usiamole, prima che, come nel romanzo, provino veramente a togliercele!

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N.B.Per correttezza, l’autrice di questo articolo, solleva l’editore da qualsiasi responsabilità per l’uso improprio di alcuni vocaboli di difficile comprensione.

Articolo proposto alla redazione da Iolanda Cuscunà

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