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Giulio Perrone e il suo libro “L’amore finché resta”

L’incontro con l’autore proposto dalla libreria Vicolo Stretto mi interessa particolarmente. Giulio Perrone è un autore diverso da molti altri, forse anche per via del fatto che è anche un editore, ormai da quasi 20 anni, dell’omonima casa editrice. Uomo dallo sguardo chiaro e dritto, ci accoglie in libreria già parecchi minuti prima dell’inizio, insieme alla scrittrice Mavì Carolina Parisi che lo accompagna nella chiacchierata prevista sul suo ultimo libro “L’amore finché resta”.
Dopo una breve introduzione da parte della padrona di casa Angelica la presentazione ha inizio, proprio un discorso sul romanzo e sulla sua trama. Il protagonista della storia è un uomo quarantenne, Tommaso, che nella vita non ha combinato un granché se non sposare una donna bella e facoltosa, che non ama e che tradisce spesso e volentieri. Si tratta di un immaturo, un uomo che ha bardato il proprio cuore, rendendolo impenetrabile ai sentimenti, forse per paura di soffrire, e attende che prima o dopo tutta la vita gli crolli addosso a seguito della scoperta di uno dei numerosi tradimenti. Ma le cose non vanno come pensava, il matrimonio finisce invece perché è la moglie che decide di lasciarlo per un altro. Da qui parte la ricostruzione, un viaggio dentro se stesso per arrivare a poco a poco a ritrovare consapevolezza di ciò che lui è. Tommaso è in realtà un personaggio definito da ciò che non è, come puntualizza Perrone, non è un buon marito, un buon padre, un onesto lavoratore. E’ un uomo che ha vissuto dentro una personale bolla, non ha rapporti veri, non costruisce relazioni profonde, vive perennemente in difesa. Ma adesso è costretto a ricominciare da capo, anche col figlio, che non ha tirato su lui, ma il potente suocero notaio. Eppure sente che quel legame è importante e allora Tommaso trova un unico punto di contatto con lui nel tifo per la Roma, la squadra del cuore, e a partire dallo stadio cerca di ricostruire o, forse di costruire per la prima volta, un rapporto con lui.
Questo libro può essere definito un romanzo di formazione, sebbene il protagonista sia già un quarantenne, che come tanti altri fatica a diventare adulto, a prendersi delle vere responsabilità, e ha molta poca consapevolezza di sé. Il tutto si svolge nella cornica importantissima della città eterna, Roma, ben raccontata nei suoi quartieri, i suoi personaggi, i loro mondi, come già in un altri scritti di Perrone.

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Ma mentre si dipana il racconto della trama, inevitabilmente il discorso si sposta anche sul mondo dell’editoria, anche perché all’interno del libro Perrone ha fatto in modo di poterne parlare, usando un escamotage: un manoscritto lasciato da Tommaso in un cassetto, che verrà poi recuperato nel corso del romanzo. Quello che viene fuori nel testo è un’idea oscura del mondo dell’editoria, pessimistica, in cui non è il libro e la sua qualità al centro dell’interesse, ma quasi esclusivamente il successo commerciale. Perrone spiega, dettaglia, analizza un mondo di cui è parte ma che spesso non apprezza, non ne condivide alcune scelte, la pochezza, la superficialità, forse la mancanza di attenzione verso il mondo autorale. E ovviamente si sforza di costruire diversamente il suo percorso, unitamente a tante altre case editrici che si muovono nello stesso senso.
Il pubblico è attento, partecipe e anche competente, si stipa nella piccola libreria nonostante il caldo e le poche sedie disponibili e si esprime con numerose domande, quasi non vorrebbe cedere alla fine dell’incontro.

Senza dubbio avere una doppia veste, di autore e di editore, rende Perrone un personaggio diverso da tanti altri e stimola senz’altro domande e curiosità. E lui non si nega, anzi ama dilungarsi sull’amore per i libri in tutte le modalità possibili, parla della partecipazione ai premi e del coinvolgimento importante dell’editore, racconta di collane progettate, create, e particolarmente amate. Spiega pazientemente il suo lavoro, dalla selezione dei testi e degli autori, all’impegno profuso fino alla realizzazione di un libro, al decollo di alcuni autori che hanno fatto i primi passi con la sua casa editrice, prova anche a fornire qualche consiglio a chi aspira a veder pubblicata una propria opera ma non sa orientarsi nel mondo, a volte oscuro, dell’editoria. E non manca di puntualizzare infine sull’importanza di un buon editor per la riuscita di un libro, una figura che deve aiutare l’autore a tirare fuori il meglio della propria capacità narrativa, con il proprio timbro, la propria specifica voce.
Immancabile alla fine lo spazio per un momento con l’autore, per uno scambio personale di battute e l’inevitabile firma sulla propria copia del libro. (di Gabriella Catania)

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