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Tzim Tzum Bang, Nicola Bizzi, “Tradizione Romana” dal libro di Arturo Reghini, “Sulla Tradizione Occidentale”

Dal libro di Arturo Reghini: “Sulla Tradizione Occidentale” edito da Aurora Boreale Edizioni,  “Quanto abbiamo detto vale in generale per tutta la tradizione iniziatica pagana; ma, poiché trattiamo della tradizione occidentale e poiché Roma è stata indubbiamente il centro dell'Occidente e da Roma trae le sue origini tutta la civiltà occidentale, acquista particolare importanza la questione della esistenza di una tradizione iniziatica romana e di un centro iniziatico pagano in Roma, nel passato e nel presente"

Dal libro di Arturo Reghini: “Sulla Tradizione Occidentale” edito da Aurora Boreale Edizioni,  “Quanto abbiamo detto vale in generale per tutta la tradizione iniziatica pagana; ma, poiché trattiamo della tradizione occidentale e poiché Roma è stata indubbiamente il centro dell’Occidente e da Roma trae le sue origini tutta la civiltà occidentale, acquista particolare importanza la questione della esistenza di una tradizione iniziatica romana e di un centro iniziatico pagano in Roma, nel passato e nel presente.

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Coloro che attualmente si affermano eredi e continuatori della tradizione iniziatica occidentale lo fanno ricollegandosi ad una tradizione celtica od al Cristianesimo, e magari a tutti e due insieme. Recentemente sono saltati fuori les amis de l’Atlantide, con la velleità di riallacciarsi alla tradizione atlantide, e non ci stupiremmo se spuntassero fuori, un giorno o l’altro, anche les amis de Glozel con una tradizione glozeliana; dove è che non si possa arrivare con l’aiuto di santa chiaroveggenza? Nessuno però si ricorda della esistenza di Roma. Antroposofi, martinisti, gesuiti si atteggiano ad eredi della vera Rosa-Croce, o pretendono accaparrarsi la tradizione dell’Ermetismo; e, pur guardando il tutto attraverso il vetro colorato del Cristianesimo e pur professando una venerazione senza limiti per il profeta di Bethlem, affermano che cotesta loro tradizione è quella occidentale. Possibile che la Gallia, l’Atlantide e la Palestina abbiano a che vedere con la Tradizione iniziatica Occidentale e che proprio Roma, e soltanto Roma, non abbia nulla da dire e non abbia nulla a che fare in proposito? Possibile abbia ragione il Ragon quando afferma che Roma non ha mai posseduto i Grandi Misteri, e quindi, se l’illazione vale qualche cosa, afferma implicitamente che una Tradizione iniziatica romana in possesso dei Grandi Misteri, non essendo mai esistita, non abbia potuto perpetuarsi?

Per svalutare intellettualmente ed iniziaticamente i Romani, li si dipinge come un popolo rozzo, brutale, bellicoso, alieno dalla Filosofia, preoccupato dei problemi materiali e pratici della vita, incapace di ogni astrazione ed idealità. E poiché, secondo i pregiudizi teosofici, martinisti ed in genere cristiani e profani, il vero iniziato deve essere incapace di ammazzare una mosca, deve struggersi di amore per il prossimo, deve disprezzare e persino odiare questo basso mondo e badare a salvare dal peccato, dall’ira di Dio, dal pianto e dallo stridor dei denti la propria anima, risulta allora manifesto che, ponendo alla base della vita sociale non l’amore e la carità ma l’jus, il fas ed il mos, combattendo virtute praediti, non porgendo la destra a chi ti percuote sulla sinistra e viceversa, tracciando strade su tutti i continenti, costruendo ponti su tutti i fiumi e non curandosi della filosofia, si dimostra di non possedere l’iniziazione. Roma, si obietta, non ebbe una istituzione dei Misteri paragonabile

a quella greca od egizia, anzi represse e proibì i Baccanali col famoso Senatus Consultus De Bacchanali bus (186 a. E. V.), che proibiva a Roma ed in Italia tutti i Misteri di Bacco, ad eccezione tuttavia di alcuni casi particolari.

Roma cacciò i Filosofi, avversò i Pitagorici, emanò contro i «matematici» ed i «caldei», ossia contro gli indovini, gli astrologhi e simili, editti come quelli di Claudie di Diocleziano. Come si può fare dunque a parlare di iniziazione romana? A queste obiezioni noi rispondiamo, in primo luogo, che se la conoscenza iniziatica è unica, essa subisce per altro, nelle sue manifestazioni, adattazioni secondo i luoghi ed i tempi. Non è detto perciò che la gerarchia iniziatica debba necessariamente servirsi nella sua espressione ed azione della forma dei Misteri classici. Indù, Cinesi ed Ebrei non hanno mai avuto nulla di simile, eppure nessuno pensa di addurre tale ragione per negare l’esistenza di una iniziazione indù, cinese ed ebraica. Non si può dunque dalla inesistenza di Misteri romani del tipo eleusino od isiaco inferire la inesistenza di un centro iniziatico e di una sapienza e tradizione romana. Ma, del resto, non è neppure il caso di prendere davvero alla lettera tale inesistenza dei Misteri; che anzi un Dio prettamente italico, Giano, era il Dio dell’iniziazione ai Misteri, quegli che custodiva le porte ed in particolare apriva e chiudeva la porta, la janua del tempio iniziatico, e che aveva il potere sopra l’entrata dei cieli (Ovidio, Fast. I°, 125). Attributi e simboli di Giano erano la chiave e la navicella, e non vediamo perché, quali attributi di Giano, debbano avere scarsa importanza, e significato materiale e profano, e quando invece il Cristianesimo se li appropria (evidentemente per qualche ragione) e ne fa le chiavi e la navicella di San Pietro, allora debbano assurgere ad un significato e valore simbolico abbaglianti. Il nome stesso di Giano, se quanto dicono Cicerone ed altri dopo di lui, è giusto, deriverebbe da eundo, e quindi sarebbe anche etimologicamente collegato alla voce initia, in-ire, voce che, dal punto di vista tecnico, spirituale, dice qualche cosa di più di quanto dicano le parole greche corrispondenti: Misteri e Τελεται…”

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Capo Redattore Psicologa e sessuologa
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