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Le lame dei tarocchi

(di Ercole Fiandro) Inerpicarsi e districarsi sulle aspre salite della conoscenza lascia tutti con gole riarse, sgomenti e senza fiato sin dai primi, incerti passi, lungo l’infinito ed indefinito cammino. Quando la conoscenza assume forma allegorica di cerchio senza inizio o fine e che tutto contiene è certo che anche i primi passi risultano essere imbibiti della unica, sola e vera domanda che ci si pone principiando lo studio. Da dove iniziare. Dall’alto verso il basso, mimando così una sorta di discesa della criptata, ermetica e celestiale sapienza verso le basse richieste che ogni esoterista si vede costretto, spesso, ad espletare, come fossero bisogni fisiologici. È fondamentale sapere prima se il rigoglioso virgulto verrà affondato nei lombi della giumenta traditrice, o se l’oscuro amante di notti selvagge ed insonni rinsavirà trovando senno e “mennula quagghiata”. E guai a ravvedere e redarguire colui il quale o colei la quale domandano, sull’esistenza di più profondi piani di lettura. Con beata pace delle secolari sedimentazioni di simbolismo imbevuto d’ogni scienza occulta. Oppure partire dal basso, umilmente, come ogni banale profano, per ascendere poi alle più alte vette, passando certamente per l’oscura bramosia della conoscenza del nostro futuro, ahimè, perno sempiterno d’ogni prudimento sapienziale superficiale, a cui nessuno è immune.

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Manco l’esoterista ed il cartomante più assennato. Tarocchi dunque. Settantotto carte soprannominate lame, suddivise in due gruppi. Gli Arcani Maggiori o Trionfi e gli arcani minori. Questi ultimi altro non sono che gli antenati degli attuali semi osservabili in un qualunque mazzo di carte da gioco siciliane, napoletane o piacentine. Con qualche differenza. Dieci carte di semi e quattro carte finali dette carte di Corte, perché rappresentanti in ordine paggio, cavaliere, regina e re. Ora, viene semplice intuire che quattro sono questi simboli a cui siamo tutti, bene o male, abituati, anche se per motivi ludici. Quattro sono gli elementi, pare dunque che ogni seme abbia con sé il messaggio di uno degli elementi.

Così il Fuoco ci parlerà attraverso i bastoni. L’aria attraverso le spade. L’acqua attraverso le coppe ed infine la terra attraverso i Denari, chiamati pentacoli dagli esoteristi più esigenti. Ma concentriamoci sugli Arcani Maggiori. Cosa vuol dire Arcano. L’etimologia della parola proviene dalla parola latina ARCANUS che trae le sue origini dalla parola ARCA, a sua volta connessa ad ARCEO. L’arca è la cassa, il forziere, il sarcofago ed arceo vuol dire proteggo, difendo. Dunque, siano essi maggiori o minori, gli arcani nascondono qualcosa al loro interno, un segreto o più segreti riposti e codificati per essere difesi dall’occhio e dalla mano che non ha alcuna idea del loro reale utilizzo. È interessante come già l’etimo stesso di arca ci dia interessanti spunti di riflessione. Nella cassa posso riporre ciò che voglio, ma nel forziere e nel sarcofago riporrò sempre qualcosa di prezioso certamente in senso strettamente spirituale, in questo caso specifico. E credo che chi abbia principiato a chiamarli arcani non si riferisse solamente ai molteplici tesori nascosti sul fondo di ogni lama ma anche a quel tesoro finale cui portano se seguiamo attentamente e operosamente la strada che questi tracciano.

Scrivevo poc’anzi che l’altro nome con cui si conoscono è appunto LAME. Vorrei un attimo riflettere con tutti voi, miei cari lettori, su quest’ultimo nome chiaramente derivato dal latino LAMINA ed indicante dunque una sottile foglia di metallo su cui probabilmente, anticamente, erano incisi ma giochiamo un attimo con le parole. LAMA, con accento tonico spostato sulla prima A è un sostantivo femminile che indica un terreno paludoso formatosi in prossimità di un fiume dalle acque di piena. Ed anche questo significato può tranquillamente essere accostato a questo studio infinito, in cui facilmente si rimane impantanati e bloccati nel terreno paludoso formato dal fiume in piena di significati che vengono attribuiti ad ogni singola carta. Infine LAMA è il termine che tutti conosciamo per indicare la parte tagliente di un oggetto metallico. E chi studia questo percorso pittorico composto da ventidue miniature non può non rendersi conto della loro precisione a volte chirurgica in grado di descrivere, con vari livelli di significato, archetipi, situazioni, persone, momenti, stati d’animo ed evoluzione spirituale.

 

 

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