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Cosa direbbe il maestro Gurdjieff dinanzi a questo momento storico del tutto nuovo e imprevedibile?

(di Emanuele M. Spitaleri) In giorni come quelli che stiamo vivendo, nei quali una grande situazione di emergenza ci costringe a stare relegati in casa, diventa quantomai necessario cercare nuovi punti di riferimento, nuove categorie di pensiero con le quali confrontarci e farci delle domande, ad esempio come questa:

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Cosa direbbe il maestro Gurdjieff, (filosofo, scrittore, mistico e musicista maestro di danze armeno vissuto tra il 1872 e 1949) dinanzi a questo momento storico del tutto nuovo e imprevedibile?

 

Si potrebbe iniziare dal concetto tanto caro di “malattia”, sviscerato in questi giorni.

Per Gurdjieff “la macchina umana assorbe tre alimenti completamente diversi, tutti necessari per essa. Comprendiamo tutti quantunque vagamente che la mancanza di alimento appropriato, nel senso ordinario del termine che può portarci a più di mille tipi di malattia.”

Ma quali sarebbero questi tre tipi di alimento nello specifico?

Gurdjieff parla di cibo, aria e impressioni. I primi due li conosciamo bene. E il terzo? Quanto è veramente importante?

Leggiamo come si esprime M. Nicoll in relazione a ciò che disse il suo maestro:

“Una volta Gurdjieff disse che quasi il 70% delle persone sono malate a causa di ragioni psicologiche, a causa delle impressioni sbagliate. Un uomo può ammalarsi a causa di un cattivo alimento d’impressioni. Aggiunse che la maggior parte delle malattie hanno origine da questo, cioè la maggior parte della gente si ammala innanzitutto psicologicamente.”

Questa idea, peraltro nota a tutti gli addetti ai lavori di quelli che sono gli sviluppi delle scienze psicologiche degli ultimi due secoli, ci porta inevitabilmente a un concetto molto interessante rielaborato da Gurdjieff, quello di “psichismo”.

Per lui gli esseri umani sarebbero affetti da questo strano “psichismo” di cui descrive i tratti in maniera molto ironica, in uno dei suoi libri più illuminanti, I Racconti di Belzebù a suo nipote:

“essi credono a tutto ciò che gli si dice invece di credere solamente a ciò che avrebbero potuto conoscere direttamente con una riflessione giudiziosa […]. In generale, una nuova nozione si cristallizza nella presenza di quegli strani esseri solo se un certo Signor Rossi esprime un’opinione o un’altra, su qualcuno o su qualcosa. E se anche il Signor Bianchi è dello stesso avviso, allora sono definitivamente persuasi che le cose sono così e che non possono essere altrimenti.”

L’abitudine di credere un po’ a tutto ciò che viene detto da esponenti considerati più autorevoli di noi, in determinati campi, è quello che Gurdjieff definirebbe “suggestione”.

In Vedute sul mondo reale così si esprime: “Tutti subiscono l’influenza della suggestione; ognuno suggestiona l’altro. Parecchie suggestioni agiscono su di noi con estrema facilità, soprattutto se ignoriamo di esservi esposti. Ma anche quando ne siamo consapevoli, la suggestione fa ugualmente il suo effetto”.

Oggi quanto mai più di ieri, molti di noi si trovano di fronte a una serie di fonti scientifiche e non, relative a qualsiasi tipo di argomento, a maggior ragione sull’epidemia di COVID-19. Ma è anche vero che oggi più di ieri la velocità delle informazioni viaggia, e lo fa in un modo particolarmente accelerato, passando nel giro di poco tempo da un luogo a un altro, grazie agli strumenti di cui siamo in dotazione, che sono gli stessi che vi stanno permettendo di leggere questo articolo in questo stesso momento. Nei primi anni del 900 sappiamo bene che non era ancora così, ma lo stesso Gurdjieff avvertiva un nonsoché di strano nella fiducia degli esseri umani su questo fenomeno nascente della “diffusione di informazioni”.

Per chiarire il concetto a cui sto facendo riferimento un’altra citazione dello stesso Gurdjieff tratta da Incontri con uomini straordinari:

 “Le esigenze della civiltà contemporanea hanno generato un’altra forma molto specifica di letteratura che viene chiamata giornalismo. Non posso passare sotto silenzio questa nuova forma letteraria, perché, a parte il fatto che non porta assolutamente nulla di buono per lo sviluppo dell’intelligenza, essa è diventata, a mio avviso, il male dei nostri tempi, nel senso che esercita un’influenza nefasta sui rapporti umani […]. Per sfortuna di noi tutti, questo genere di letteratura, che invade ogni anno di più la vita quotidiana degli uomini, fa subire alla loro intelligenza, già molto indebolita, un indebolimento ulteriore, consegnandola inerme a ogni genere di inganni e di errori; essa li mette fuori strada a ogni passo, li distoglie da qualsiasi modo di pensare più o meno fondato e, invece di un giudizio sano, stimola e fissa in loro alcune tendenze indegne, quali: incredulità, ribellione, paura, falso pudore, dissimulazione, orgoglio e così via.”

E se Gurdjieff parlava di questo nei primi anni del secolo scorso, ancora più interessante può adesso essere ciò che disse a Essentuki nel 1917 sul concetto di paura, soprattutto se relazionato al tempo presente e al nostro modo di vivere i rapporti umani:

“Succede molto spesso che un intellettuale, un uomo che vive in un ambiente colto, non si renda conto del ruolo centrale che la paura gioca nella sua vita. Egli ha paura di tutto: dei suoi domestici, dei bambini del vicino, del portiere all’entrata, dell’uomo che vende i giornali all’angolo, dell’amico che ha incontrato per strada e che ha cercato di evitare fingendo di non vederlo. A loro volta i bambini, i domestici, il portiere hanno tutti paura di lui. Se è così in tempi normali, coi tempi che corrono questa paura dilagante diventa sempre più evidente […]. La paura inconscia è un aspetto molto caratteristico del sonno. L’uomo è in balia di tutto ciò che lo circonda, perché non può mai osservare con sufficiente oggettività le proprie relazioni con l’ambiente. Egli non riesce mai a mettersi da parte e a osservare sé stesso.”

A questo punto non mi resta che lasciarvi alle vostre riflessioni personali su ciò che si intende coi concetti di sonno e di osservazione di sé. Forse urge una presa di coscienza interiore che ci porti a ridefinire la nostra idea di identità e ci risvegli a una nuova concezione di noi stessi e della nostra esistenza. Per questo non posso esimermi dal rimandarvi, per approfondire tali questioni a tutti i libri citati in questo articolo, nonché in ultimo alla lettura del mio saggio “Uomo e universo allo specchio” edito da Carthago edizioni.

In esso mi diletto, nel secondo capitolo, ad applicare le teorie di Gurdjieff agli interessanti sviluppi della fisica quantistica contemporanea. Per adesso mi basta lasciarvi un assaggio di ciò che cito nel mio libro, in relazione a quanto affermato dal fisico H. Pagels ne Il codice cosmico: la fisica moderna decifra la natura:

“La vecchia teoria che il mondo esista effettivamente in uno stato definito non è più sostenibile.  La teoria quantistica svela un messaggio interamente nuovo: la realtà è in parte creata dall’osservatore.”

 

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