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Valentina Ferrante e la hybris greca

Il teatro greco nella sua funzione primigenia serviva in maniera catartica per la formazione intellettuale prescrittiva e spirituale del pubblico assiso sugli spalti dei teatri di pietra “scomodi”, disarmati (si entrava a teatro privi di qualsiasi oggetto pericoloso) e disarmanti, poiché si era privi di qualsiasi malizia mediatica, compreso un innocente analfabetismo, che imperava in maniera diffusa, dando l’estrema sensazione di creare mondi, attraverso l’ineffabile espressione delle immagini interpretative.

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 Gli autori più “noti” indicavano tramite la loro polis-ethos poliètica (etica del popolo) le regole da seguire tramite racconti, parabole, fatti veri o mitici tutti permeati della religione incombente.  In tempi successivi il termine e financo l’azione venne trasformato in politikḗ con sottinteso téchnē (“arte” o “tecnica”) e per estensione: “arte che attiene alla città-stato”.

Quindi il teatro assumeva una funzione artistica, politica e catartica che riguardava i cittadini greci. Non era un luogo ricreativo fine a sé stesso ma era un luogo per pensare, per creare e per cooperare alfine evolutivo della specie umana. In ambito, filosofico, medico, della phronesis (saggezza), e della sophia (sapienza).

La hybris era la principale finalità morale delle tragedie greche: peccare di hybris portava all’annientamento per aver violato la legge degli dei.

La hybris significava e ancora significa letteralmente: “tracotanza”, “insolenza”, “superbia”e “prevaricazione”.

Si riferisce in generale a un’azione ingiusta o empia avvenuta nel passato, che produce conseguenze negative su persone ed eventi del presente. E a volte anche ad eventi del futuro. È un antefatto che vale come causa a monte che condurrà alla catastrofe della tragedia.

Prologo

Ciao, io sono Valentina Ferrante, essere umanA, bipede, con capacità cognitive obnubilate dall’evento più tragico che possa accadere durante la permanenza su questa terra: il teatro.

Il teatro in tutti i suoi aspetti, anche quelli più deleteri, ovvero l’immolarsi per una causa dalla quale si sa già che si uscirà perdenti.

Il perché di tutto questo pessimismo?

Nasce dall’osservazione e dallo studio della psiche umana. Ti sei mai chiesta perché in un territorio dove la cooperazione potrebbe essere l’arma vincente, si tenda invece ad annichilire l’altro?

Io me lo chiedo tutti i giorni ma continuo, fervente, ad auspicare un gruppo di persone, diverse, che si tenga per mano. Forse però, soprattutto di questi tempi, l’egoismo dilaga, forse qualcuno tenta, riuscendoci, di metterci gli uni contro gli altri per poter avere il controllo sulle nostre coscienze.

Bene, e dopo il pippone socio-psicologico, passo a parlare dei miei inizi.

Chi è Valentina Ferrante?

Albeggio a 11 anni, studiando mimo-clown, forse perché un po’ clown lo sono sempre stata dalla nascita. Per il resto mamma e papà mi hanno sempre portato a vedere il Teatro, quello con la T maiuscola e senza accorgermene me ne sono innamorata. Varie scuole, vari passi, tutto molto vario. Dopodiché l’errore più grande della mia vita, l’esser rimasta a Catania:

“che inizialmente appariva come la caverna di Alì Babà e che poi a causa di tragici eventi è stata depredata dei suoi ori e siamo rimasti tutti con un orologino tarocco di pura “latta dorata” in mano”.

“adesso tocca ricominciare, con nuove teste e nuovi obiettivi, sperando che la politica non debba per forza avere l’ultima parola sulle scelte e sull’espressione artistica”.

 

 

Perché l’arte sarebbe libera espressione: giusto?

Altrimenti non si chiamerebbe arte ma pubblicità al servizio di qualcosa o qualcuno. Diffido di quegli “artisti” che, palesemente legati ad una corrente politica, ne fanno evidente propaganda. Simpatizzare va bene ma mettersi proprio al servizio fa di te un disperato e malriuscito esperto di marketing, punto. Il teatro ti è proprio distante.

 

I miei lavori principali?

Quelli che ricordo con molto piacere e dove ho imparato qualcosa. “Questa sera si recita Moliere” di e con Paolo Rossi, una delle mie prime esperienze. La “Medea” con Peter Stein, “Malacqua” con Armando Pugliese per il Napoli Teatro Festival. Molti spettacoli con Walter Manfrè, sempre originali ed emozionanti per chi li vive da dentro. E poi le fiabe, “Margarita e il gallo”, ne potrei raccontare tanti ma devo ritagliare uno spazio per parlare delle mie creature. Dopo la razzìa catanese infatti, con la mia cara amica Micaela De Grandi e con il supporto di tanti bravi compagni di vita tra cui Giovanna Criscuolo e Federico Fiorenza, (ecco che ritorna prepotente il sogno del gruppo), ho fondato la compagnia Banned Theatre che ha sede a Catania ma che proprio a Catania ha avuto poche possibilità di esibirsi, fatta eccezione per il Teatro Stabile di Catania che ha prodotto ed accolto nella stagione principale 2018/19 il nostro lavoro sul femminicidio “Studio per CARNE DA MACELLO”. Banned è una grande soddisfazione anche se va avanti a fatica, siamo infatti totalmente autogestiti e privi di contributi e spesso vien voglia di mollare tutto ed impiegarsi dietro un bancone. Tante le nostre produzioni, nelle quali mi sono cimentata come autrice dei testi, a partire dalle commedie di Aristofane “Lysistrata”, “Le nuvole” e “La festa delle donne” tutte prodotte con e per il “Calatafimi Segesta Festival – Le Dionisiache” diretto dall’attento Nicasio Anzelmo. Poi “Segni di mani femminili”, spettacolo singolare sulle comunità ebraiche in Sicilia nel medioevo e sulla dottoressa in medicina Virdimura. Quest’ultimo, nato nel 2015 per I-ART e voluto dal buon Giovanni Anfuso, è un vero campione di repliche, ha vinto premi e proprio qualche giorno fa è arrivato fino in Puglia. Segesta, Teatri di pietra Sicilia, Roma al Teatro Arcobaleno, una stretta collaborazione con il Teatro Lelio di Palermo e tutto da sole! Ultimo lavoro, a cui tengo molto, è “La nebbia” nato col mio compagno Federico e con la preziosa presenza in scena di Alessandro Aiello (il mitico Cane Capovolto), che ha partecipato, a fine gennaio, al Roma Fringe Festival e che ha segnato la nascita di un nuovo marchio, Quasiteatro, che lavorerà a fianco di Banned per cercare di creare ancora bellezza. “La nebbia” parla di dittatori, di ieri e di oggi, e di masse che, come le greggi, inebetite seguono un diktat, basta che sia suadente ed accogliente. Partendo dalla lettura delle missive degli italiani a Benito Mussolini ci si accorge sempre più di come la realtà dei giorni nostri sia simile a ieri, anche se il mezzo con cui esprimersi ed esprimere la propria ammirazione per il dictator è assai cambiato e regala molta aria ai cosiddetti “leoni da tastiera”. Il 23 marzo saremo ospiti del Teatro Badìa a Ragusa per chi fosse curioso di vederci, di criticarci, di opporsi ed insultarci… eh sì! Perché stavolta, finalmente, siamo politicamente scorretti anche noi!

Prossimo lavoro?

Una bella e spassosissima tragedia di cui non svelo il titolo. Ovviamente sempre di teatro classico si parla perché per me il teatro, quello vero, è quello degli antichi greci e romani. Tutto nasce con loro e da loro. Non c’è amore più grande per me delle pietre bianche della cavea dei teatri di Siracusa, Segesta, Epidauro, dove ho avuto l’onore di recitare.

Maestri, esempi da emulare?

Non me li hai chiesti ma te li dico, tanto per dare qualche linea guida ai giovanissimi che si accostano a questo mondo. Lindsay Kemp (con la a, LindsAy, non con la e) ed Eimuntas Nekrosius, scomparsi da poco. Due immensi, da vedere, da studiare assolutamente. Ah dimenticavo, adoro Emma Dante, il talento nostrano e come attrice credo che Maria Paiato incarni quello che mi piace di più.

Programmi per il futuro?

Diventare una grande drammaturga… ma si può dire drammaturga?

Vabbè, programmi per il futuro: diventare un grande drammaturgo. Amo scrivere, amo scrivere sulla personalità degli attori che ho in compagnia, amo raccontare delle cose al pubblico, il mero “interpretariato” mi annoia a morte.

Nelle mie vene scorre almeno un globulo rosso del mio amato zio Ercole Patti.

Per dire che la genetica non è aria fritta una frase estrapolata dai ricordi dello scrittore, giornalista, sceneggiatore e drammaturgo italiano, Ercole Patti.

 “Per dire di sì gli indiani scuotono la testa esattamente come noi quando vogliamo dire di no. È questa una delle più nette differenze che dividono l’Oriente dall’Occidente.” [n.d.a.]

Che cos’è il teatro?

All’ultima domanda “che cos’è il teatro” rispondo con un sonoro NON LO SO!

Il teatro è il teatro, è tutto e può diventare il nulla, è la vita, è il suo specchio ma anche il suo contrario. È arte ma può essere cacca, è un gatto ed è una scimmia, una maschera, un diverbio, un bacio, una scatola vuota, un groviglio. Il teatro è proprio tutto, per questo ci metto la firma!

Il futuro e-scatologico è prerogativa massima del teatro! [n.d.a.]

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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