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Schadenfreude: quando il pensiero delle disgrazie altrui ci gratifica e ci rende felici

Il termine tedesco deriva da Schaden che significa “danno” e Freude che significa “gioia”. Un innegabile senso di soddisfazione: insomma, le disgrazie altrui ci gratificano. Quasi tutti almeno una volta nella nostra vita abbiamo gioito di una disgrazia capitata ad altre persone: ci può anche stare, magari era una carogna e se lo meritava! Ma farlo e provarlo sistematicamente è una vera e propria patologia che in italiano ha il suo corrispondente: si chiama aticofilia, e quando c’è il suffisso filia non si scherza siamo di fronte ad un disturbo di personalità vero e proprio. Non serve notare che la seconda parte del nome in tedesco contiene il cognome Freud che a questo punto sappiamo che più o meno significa “gioia” per buona pace del grande psicanalista. Ma la Schaden della prima parte farebbe al più riflettere che avere una gioia del danno altrui dovrebbe portarci soddisfazione. E chi soffre di questa problematica spesso rasenta il sadismo, il narcisismo maligno, l’invidia patologica:  colui è veramente felice e soddisfatto delle disgrazie altrui?
In questo momento poi che chiusi a casa abbiamo soltanto aumentato l’intensità delle nostre patologie, questi sfortunati, per me sono loro da compatire, cioè coloro che normalmente provano piacere dalle disgrazie degli altri , verso chi riverseranno il loro compiacimento?
Ora che abbiamo ricevuto questa occasione di essere utili gli uni agli altri; di riflettere sui nostri spazi; di cercare nuove opportunità; di osservare, si spera in pochi, il nostro fallimento: ora queste “care” persone di cosa potrebbero gioire?
Da un punto di vista psicosomatico c’è una spiegazione a questo disturbo: vedere che una persona di successo è incappata in un fallimento migliora la nostra autostima. Pare che il godimento nel constatare le sfortune altrui è un meccanismo che ha sede in una parte del cervello chiamata “striato ventrale”, la stessa che si attiva nei meccanismi di piacere e ricompensa. Come la “bava” del campanello che annunciava la “pappa” del cane di Pavlov. Il meccanismo alla base di tutto questo è il confronto sociale: questo compiacimento malevolo si fonda sulla constatazione che, quando le persone intorno a noi subiscono eventi sfortunati, guardiamo meglio noi stessi, specie se la nostra autostima è bassa.
Non avendo “nessuna” disgrazia su cui gioire in questo momento storico, considerato l’enorme afflusso dei colleghi terapeuti su internet, si potrebbe optare per un bonus di terapia online: forse per loro è arrivato il momento del cambiamento. Intanto pubblichiamo questa bellissima e terapeutica poesia di Swami Sivananda, che anche se non vi riguarda per la problematica illustrata sulla aticofilia o Schadenfreude, potrebbe essere utile a voi e i vostri cari.
“La potenza del pensiero muta il destino.
L’essere umano semina un pensiero e raccoglie un’azione;
semina un’azione e raccoglie un’abitudine;
semina un’abitudine e raccoglie un carattere;
semina un carattere e raccoglie un destino.
L’essere umano costruisce il suo avvenire
con il proprio pensare ed agire.
Egli può cambiarlo perché ne è il vero padrone”.

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la foto in copertina è un particolare del dipinto di Hieronymus Bosch I sette peccati capitali: l’invidia.

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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