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Rotary Club Catania: “Dipendenza affettiva tra romanticismo e patologia” a cura della psicologa Susanna Basile

Nell’affascinante cornice dello storico club catanese una vivace conferenza che ha creato dibattito tra gli spettatori in un percorso tra favole e realtà

La conferenza su la Dipendenza affettiva tra romanticismo e patologia organizzata dal Rotary Club Catania con la presenza della presidente Giovanna Fondacaro e del presidente del Rotaract Club Alessandro Moschetti è stata molto partecipata dai soci del club che comprendevano anche la fascia più giovane ed evidentemente più soggetta a queste problematiche “amorose”. Per iniziare ad introdurre l’argomento la psicologa e sessuologa clinica Susanna Basile ha distribuito un test “veloce” sulla dipendenza affettiva che si avvale di una decina di domande per stabilire se i comportamenti dipendenti descritti siano veri o falsi rispetto all’atteggiamento amoroso che abbiamo nei confronti dei nostri partner. Ma l’elemento più sorprendente è stato determinato dalle slide che la dott.ssa Basile ha commentato insieme al pubblico scendendo tra di loro: “Quando posso scendere tra le persone e parlare senza microfono mi sento più a mio agio, perché il pubblico mi aiuta a mettere a fuoco quello di cui ha bisogno, le domande diventano commenti ed è così che nasce un gruppo di studio. Non c’è più “un io relatore e un voi pubblico” ma diventa solo “un noi persone” che discutono sugli spunti sui suggerimenti delle slide che confeziono professionalmente in precedenza. Infatti durante l’analisi psicologica della canzone “I sogni son desideri” della Cenerentola di Walt Disney ci siamo ritrovati a cantarla in maniera naturale senza nessuna remora o vergogna. Quello che ci manca oggi è proprio la spontaneità, la naturalezza, l’intuito, che aumenta la disponibilità ad apprendere quello che ci viene dimostrato essere utile per la nostra evoluzione”.
E poi quando succede la magia che il pubblico diventa gruppo di studio senza più nessuna differenza tra relatore e ascoltatore la segretaria del Rotaract Catania, Laura Del Campo, estremamente preparata in materia di Scienza della Comunicazione oltre ad avere avuto la funzione spontanea di aiuto nella conduzione della conferenza, ci manda queste attente considerazioni.
Laura Del Campo: “Abbandonare, rinunciare, trascurare”. Sono alcune delle parole presenti nel test dispensatoci dalla dott.ssa Basile, a cui molti ancora pensano come verbi indispensabili all’interno del manuale sulla costruzione della “coppia perfetta”. Molto interessante aver affrontato questo percorso tra favole e realtà, tra dipendenza affettiva e consapevolezza, percorso che riguarda sia il mondo femminile che quello maschile. La donna nelle favole viene delineata come essere emotivo, fragile, non è mai padrona di sé stessa, deve essere salvata da un uomo a cui corrisponde l’archetipo del principe, forte e coraggioso che ha il dovere di salvare.
Ma questi ruoli ben delineati quando finiscono per soffocarci?
Nelle favole serpeggia una sorta di percorso indispensabile tra sofferenza e atti di forza che i protagonisti devono attraversare per meritarsi la gioia dell’amore salvifico.
Soprattutto per quanto riguarda il mondo femminile, ci si chiede quanto abbia contribuito la società a creare questo modello di “limerenza” e assuefazione verso questa figura di principe “salvatore”.
È questa la base culturale su cui poggia la nostra istruzione. La donna sopita tra “sogni e desideri di felicità” che dipendono dalla figura maschile e l’uomo incastrato tra forza e virilità tossica.
Questa visione di felicità in relazione solo all’altro sesso, storicamente radicata, ha consolidato un credo popolare che dubita dell’indipendenza della donna e che pone grandi aspettative nei confronti dell’uomo che deve essere in grado di guidare la vita della compagna.
La tanto attesa “risoluzione finale” non è quella di cancellare le favole e il sano romanticismo ma è quella di creare consapevolezza.
Essere consapevoli che in una coppia non esistono ruoli definiti, fatti di controllo e rinunce, ma ruoli egualitari in cui ci si sente liberi di scegliere.
La consapevolezza di non pensare alla nostra realizzazione personale come qualcosa che dipenda dall’altro, di non sacrificare per un’altra persona qualcosa di noi che ci rende unici. Perché nell’atto del sacrificio non c’è niente di romantico. Le favole sono belle ma la realtà è ben diversa”.

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