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La follia di Orlando psychological & storytelling jewels a cura di Patrizia D’Antone e Susanna Basile

L’analisi dell’artista Patrizia D’Antone
“M ‘io caro Orlando (e gioco con le parole perché folle d’amore almeno una volta nella vita lo sono stata anch’io), partiamo dalla fine. Uno invulnerabile come te, tranne che nella pianta dei piedi, oh già anche tu, come molti uomini, par Dieu, che fanno le cose coi piedi – dicevo, uno come te che affronta da solo l’esercito dei Mori e si fa ammazzare per la picca di non suonare l’olifante, già di suo qualche rotella fuori posto ce l’ha già, ergo, non mi sorprende affatto il tuo capriccio per Angelica, donna della specie “fugiens” sempre impegnata a divincolarsi da torme di maschi infestanti come afidi su un bocciolo di rosa a primavera.

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Ora dico, sei di certo uno con la personalità un po’ complessa, vero?  E non sarà che alla bella mademoiselle in distress piacciono i grulli e quindi preferisce il docile e poco complicato Medoro, insomma uno che limita i danni, a te? Perché piuttosto di scandagliare ogni anfratto di boschi e radure che rechino incise le tracce poetiche del loro amoroso passaggio non adotti, che so, la tecnica del chiodo schiaccia chiodo? Eh no! Troppo scontato, pensi che offuscherebbe la tua splendida aura di eroe e così ti fiondi in una escalation morbosa di elucubrazioni: no, non è vero niente, soltanto un’illusione, un dubbio; sarebbe bello poter dire: buona la prima, ma i tuoi neuroni galoppano subito verso l’accusa contro terzi; deve averlo fatto qualcuno per il gusto di irretirmi, bastardo, se lo prendo la mia Durlindana avrà di che affettare!  Angelica ha sposato Medoro e la conferma ti arriva presto insieme alle prove e mentre le illusioni cadono, la follia diventa la porta d’emergenza per fuggire da un mondo fattosi troppo crudele ed erompe in disumano delirio criminale e siccome si sa che ” a corda ruppa ruppa ci va ‘ndo menzu cu non ci cuppa”, tutto ciò che incontri lungo il cammino fa i conti col tuo vaneggiamento distruttivo. Un fedele compagno, un amico devoto per fortuna lo abbiamo tutti e Astolfo, che se non ci fosse stato avrebbero dovuto inventarlo (e infatti Ariosto non s’è fatto pregare) non esita a montare sull’ Ippogrifo volare sulla Luna per farti tornare assennato.” Solvite me”, slegatemi é la prima parola che pronunci dopo aver fiutato l’ampolla. Si, perché l’amore lega e spesso i nodi rimangono stretti anche quando se ne va.

 

La psicologa Susanna Basile
La follia che nasce dalla gelosia e il tormento, quella di Orlando: non essere il prescelto della donna più bella e più nobile del mondo. Orlando rappresenta la violenza del maschile in senso assoluto quando il potere virile è relativo rispetto alla leadership e una donna non può dirgli di no e scegliere un vile fante Medoro. Ma Medoro è giovane e bello bisognoso d’aiuto, gentile, insomma tutte qualità mancanti ad Orlando casto, austero, coraggioso e devoto al suo dovere di buon cavaliere. L’eroe senza macchia e senza paura, si ritrova ad affrontare, l’amore sensuale fisico, oserei dire una sua intima fissazione, non può quindi che rimanerne travolto e sconvolto da qualcosa che non riesce a controllare. Conosciamo l’abilità di Orlando con la spada, che lo rende quasi un dio e superiore, ma nelle relazioni interpersonali, è proprio negato! La perdita di senno, la disperazione e l’orrore lo mette in contatto con la sua caducità. Invulnerabile tranne che nei piedi significa che non è radicato si capisce che Orlando è tutto nella testa tant’è: “dirò d’Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai né in rima: che per amor venne in furore e matto, d’uom che sì saggio era stimato prima”.  Era prima un uomo saggio ma noioso fuor di misura solo col suo furor patologico  dall’insana nevrosi nella quale sono coinvolti tutti gli altri personaggi, al perenne inseguimento di desideri inutili o preda di passioni emergenti. La follia non sarà forse una metafora? Sono personaggi mossi dalla legge del desiderio, la potenza della gelosia è descritta perfettamente in tutte le fasi psicologiche: autoinganno, disillusione, disperazione che coincide con l’impazzimento di Orlando, mentre corre seminudo nel bosco sradicando alberi. La gelosia è la vera e perfida vincitrice, e che cos’è la gelosia se non voler essere al posto di un altro? Orlando pur di ritrovare la pace: “quanto più cerca ritrovar quiete, tanto ritrova più travaglio e pena”.
Ma arriva Astolfo a ricercar il senno di Orlando per farlo ritornare nella testa: come finalmente se n’era andato per il corpo vulnerabile dall’amore fisico, dal desiderio, è diventato poetico interessante un essere umano e tu Astolfo ce lo farai diventare di nuovo un sano e noioso “imbecille”? Sulla Luna di Ariosto si raccoglie tutto ciò che si getta via sulla Terra la vanità delle occupazioni umane, gli uomini sprecano la vita inseguendo cose che svaniscono presto col passare del tempo: la fama del mondo, i sospiri degli amanti, gli imperi del passato destinati a cadere, e il senno di Orlando in un’ampolla. Recuperando il senno di Orlando, Astolfo può affermare l’esistenza della coscienza. Astolfo, simboleggia la mutevolezza e anche l’instabilità dell’esperienza. Orlando è solo un burattino capace di essere svuotato e riempito dall’intelletto e dalla follia. Orlando è l’Opera dei Pupi proiezione dei sentimenti di tutti gli altri personaggi. Orlando è la metafora è il capro espiatorio è lo zen: la consapevolezza della coscienza.

 

 

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