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Dedicato alle “Donne che amano troppo”

Troppo spesso nel ruolo di psicosessuologa mi trovo a consigliare alle pazienti il libro “Donne che amano troppo”, della psicologa Robin Norwood che ha venduto milioni di copie e che viene ristampato continuamente, anche soltanto per dichiarazioni come questa: “Invece di una donna che ama qualcun altro tanto da soffrirne, voglio essere una donna che ama abbastanza sé stessa da non voler più soffrire”. Amare troppo può uccidere in certi casi, se la malattia diventa cronica togliersi la vita o lasciarsi morire lentamente diventa l’unica soluzione. L’ultima opzione resta farsi uccidere dal nostro “amore”.

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Quando abbiamo capito che si è trattata di una decisione sbagliata non dobbiamo prenderla come un errore irrimediabile, ma come lezione da cui imparare qualcosa di quello che la vita vuole insegnarci. Parlare a sé stesse, ascoltare le proprie emozioni è fondamentale per capire le dinamiche che attuiamo con il nostro partner e i meccanismi inconsci spesso derivati dalla nostra infanzia. Chiediamoci: “Siamo soddisfatte e appagate della nostra vita? Meritiamo qualcosa di meglio di quello che abbiamo?” e magari non “Che male ho fatto per meritarmi questo? Sono tutte domande che sorgono e possono dare inizio al cambiamento.

Il libro della Norwood, da tenere sul comodino anche per l’immagine di copertina che ha il suo perché, ricorda di imparare a scrivere sul nostro cuscino, sui quadretti punto croce, sulle nostre torte, sui nostri vestiti, queste semplici e importanti frasi affinché né noi e né le nostre figlie, nipoti e cugine, amiche e perché no, anche nemiche, abbiano a dimenticarsene: Amarsi; Accettare pienamente noi stesse; Darci la precedenza su tutto; Smetterla di dirigere e controllare gli altri; Affrontare i nostri problemi e manchevolezze personali con coraggio; Coltivare i nostri interessi; Sviluppare il nostro lato spirituale; Diventare “egoiste” (inteso come “egoismo sano” verso noi stesse); Coltivare la nostra autostima; Apprezzare la nostra serenità; Cercare un partner con cui condividere valori, interessi e fini.

Focalizzare l’attenzione su di sé e incanalare le energie sulla nostra vita porterà ad una nuova consapevolezza di chi siamo. In futuro, dopo aver attuato questi cambiamenti, saremo pronte per incontrare l’uomo giusto e vivere una relazione sana e felice. Se giustifichiamo i malumori, il cattivo carattere, i tradimenti del partner, stiamo amando troppo. Se siamo offesi dal suo comportamento, lo giustifichiamo e pensiamo sia colpa nostra, stiamo amando troppo. Quando cerchiamo di aiutarlo in tutti i modi diventando la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo. Le donne che amano troppo, in realtà, non amano affatto: sono dominate dalla paura, paura di restare sole, di non essere degne di amore, di essere ignorate, abbandonate. Ciò ci porta morbosamente ad attaccarci a qualcuno che riteniamo indispensabile per la nostra esistenza. Questo comportamento porta ad attuare una serie di meccanismi inconsci di “controllo” per tenere l’altro nell’area del proprio possesso. Innescando spesso dinamiche sottese di violenza. Dobbiamo andare all’origine di queste paure: l’infanzia e l’adolescenza nelle prime relazioni familiari, con il padre e la madre, esperienze di violenza, di terrore, di abbandono, dove dimora un trauma infantile non risolto, questo si riproporrà nelle relazioni future. Se una bambina è stata trascurata dal padre, tenderà a cercare un uomo che faccia altrettanto, che sia freddo e distaccato, perché in maniera inconscia, riproporrà gli stessi schemi, fino a quando non sarà riuscita a superare quell’esperienza. Se una bambina ha imparato un’impotenza appresa dalla madre, riproporrà gli stessi schemi alle sue scelte di vita. Più avrà un rapporto di dipendenza affettiva e di amore non corrisposto, più le dinamiche si ripeteranno, portandola ad accettare qualunque compromesso pur di avere una rassicurazione, attenzione e giudizio positivo da parte del partner. E quindi tutte le sue manifestazioni di “affetto”, verranno prese come immancabili lacune e sensi di colpa sul nostro essere “sbagliato”, cioè incapaci di dare “vero amore”. Purtroppo nel nostro immaginario rinvigorito da canzoni, romanzi, film e mass media, compresi i social che si sono sostituiti alle “buone vecchie amiche di una volta” non vediamo altro che sofferenza legata all’amore. Ma l’Amore dovrebbe renderci felici, luminose e generose, anche quando non è corrisposto. Altrimenti sarebbe disatteso citando a memoria la storica frase del Vangelo “ama il prossimo tuo come te stessa”, per una volta declinata al femminile.

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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