Palermo, 4 nov. – Avrebbero costretto numerosi lavoratori, dietro la minaccia implicita del licenziamento, a presentare dimissioni indotte e ad accettare buste paga con somme inferiori rispetto a quelle che avrebbero dovuto ricevere per l’attività effettivamente svolta. Il tutto con la complicità di due sindacalisti scelti dalla stessa società per la disponibilità dimostrata nei confronti dell’azienda. A conclusione di indagini coordinate dalla Procura di Trapani, i finanzieri hanno eseguito sei misure cautelari personali e reali emesse dal gip nei confronti di due amministratori edi due dirigenti di una nota società palermitana proprietaria di un supermercato a marchio Conad con sede a Trapani e di due sindacalisti.In particolare è stato disposto il divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale e la professione di conciliatore sindacale. Scattato anche il sequestro preventivo di circa mezzo milione di euro, quale profitto illecito dei reati di estorsione e autoriciclaggio.
L’attività di indagine delle Fiamme Gialle ha avuto origine da un controllo in materia contributiva e previdenziale nei confronti del supermercato, che ha permesso di far luce su prestazioni lavorative, non retribuite, notevolmente difformi da quanto previsto dal contratto di lavoro. Grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali gli investigatori hanno raccolto tutta la documentazione utile a ricostruire i reali rapporti di lavoro tra i dipendenti e il datore di lavoro e a individuare il ruolo assunto dai sindacalisti. “Gli indagati, approfittando della situazione del mercato del lavoro a loro favorevole – dicono le Fiamme gialle -, costringevano numerosi lavoratori, con la minaccia implicita del licenziamento e della mancata riassunzione, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi non adeguati alle prestazioni effettuate e a presentare dimissioni indotte”.
Costrizioni favorite e portate a compimento grazie alla compiacenza di due assistenti sindacali che, omettendo ogni tipo di assistenza in favore dei lavoratori, si sarebbero limitari a far firmare loro le transazioni arrivate dal rappresentante legale della società palermitana (nell’esclusivo interesse della stessa) e a far sottoscrivere verbali di conciliazione in cui i dipendenti rinunciavano a tutte le legittime spettanze e i diritti acquisiti (ferie, straordinario, permessi). “I dipendenti, sottoposti a metodi di costrizione psicologica – spiegano gli investigatori della Guardia di finanza -, venivano sistematicamente indotti dal datore di lavoro a presentare dimissioni con la giustificazione che sarebbero stati riassunti con condizioni contrattuali migliori (stipendi più alti, orari contrattualizzati)”. Venivano così invitati a recarsi presso un sindacato per promuovere fittizie procedure conciliative, che si concludevano con la sottoscrizione di verbali di conciliazione a esclusivo vantaggio economico del datore di lavoro da parte dei dipendenti che rinunciavano alle loro legittime pretese pur di non perdere il posto.
I sindacalisti non venivano scelti dai lavoratori, ma direttamente dalla società, in ragione della loro disponibilità nei confronti di quest’ultima, dietro la corresponsione di laute retribuzioni per ogni procedura conciliativa portata a termine.
(Adnkronos)