La sede milanese di Cariplo Factory ha ospitato la prima uscita pubblica di “Sport for Inclusion Network”, community indipendente che stimola e sostiene la collaborazione tra fondazioni e altre organizzazioni del Terzo Settore e del mondo dello sport.
A promuoverla otto fondazioni: le loro iniziative in tutta Italia utilizzano lo sport e il gioco libero come strumenti di inclusione. I fondatori sono Fondazione Adecco per le Pari Opportunità, Fondazione Candido Cannavó per lo Sport, Fondazione Èbbene, Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport, Fondazione Mazzola, Fondazione Milan, Fondazione Scholas Occurrentes e Sportfund Fondazione per lo Sport.
Sport for Inclusion Network nasce dalla convinzione che la crescita di bisogni sociali urgenti e la vastità delle relative sfide richiedano necessariamente una sinergia d’azione, che possa catalizzare e mettere a fattore comune risorse e competenze, integrando il mandato che ogni fondazione porta avanti in modo indipendente.
L’apertura, dopo i saluti istituzionali di Martina Riva, assessora allo Sport, Turismo e Politiche Giovanili del Comune di Milano, e Marco Riva, presidente Comitato Regionale CONI Lombardia, è stata affidata a Rocco Giorgianni, portavoce della nuova rete. “Lo sport dovrebbe essere una grande palestra di vita e socialità, praticabile da tutti per la sua innata capacità di creare comunità e benessere. Purtroppo questo non accade sempre: ecco perché sentiamo la necessità di provare a valorizzare tutte quelle realtà che in Italia rendono accessibile a tutti la pratica sportiva e il gioco libero”.
Il tema dello sport inclusivo e delle scelte conseguenti sono risuonate in due significative testimonianze. La prima quella di Irma Testa, medaglia di bronzo nel pugilato ai giochi olimpici di Tokyo 2020, che ha visto crescere la sua passione nei vicoli di Torre Annunziata. “Lo sport per me è stato una via di fuga perché mi ha permesso di uscire da una realtà non bella – ha detto l’atleta in un video messaggio dedicato agli ospiti della giornata – il mio maestro mi ha fatto capire che c’è sempre una seconda strada da prendere, una seconda opportunità da cogliere. Ai ragazzi spiego sempre che non bisogna puntare a vincere una medaglia olimpica, perché lo sport ti insegna a stare con la gente e a trovare in una palestra di periferia un’isola felice”.
Dopo di lei, la testimonianza di don Claudio Burgio, fondatore e presidente dell’Associazione Kayrós, da anni impegnato a cambiare – anche con lo sport – la vita di ragazzi incontrati nelle carceri.
La scelta di metodo proposta dal Network formalizza la volontà di essere piattaforma aperta di confronto nell’ambito del proprio manifesto programmatico per lo sport inclusivo, anch’esso presentato nell’occasione e scaricabile sul sito www.sportforinclusion.org.