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Teatro Brancati dal 2 dicembre in scena “Nota stonata”

La pièce - premiata come “spettacolo di maggior successo durante la 54° edizione del Festival teatrale di Borgio Verezzi - debutta il 2 dicembre alle ore 21 (repliche fino al 12 dicembre, secondo il consueto calendario turni) al Teatro Brancati di Catania

Siamo ai primi anni ’90, alla Filarmonica di Ginevra, il direttore d’orchestra Hans Peter Miller viene importunato da uno spettatore invadente, tale Léon Dinkel. Prende così le mosse, tra suspense e colpi di scena, Nota stonata, lo spettacolo di Didier Caron, che vede in scena due autentici fuoriclasse come Giuseppe Pambieri e Carlo Greco diretti dall’eclettico regista Moni Ovadia.
La pièce – premiata come “spettacolo di maggior successo durante la 54° edizione del Festival teatrale di Borgio Verezzi – debutta il 2 dicembre alle ore 21 (repliche fino al 12 dicembre, secondo il consueto calendario turni) al Teatro Brancati di Catania nell’ambito della XIII Stagione proposta dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale. Lo spettacolo, prodotto da Golden Show di Trieste, vanta le scene di Eleonora Scarponi, i costumi di Elisa Savi e le luci di Daniele Savi.

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Si tratta di una pièce ricca di suspense che il regista Moni Ovadia definisce deflagrante. Alla fine di uno dei suoi concerti, Miller, rientrato in camerino, viene importunato più volte da Dinkel, che si presenta come un grande ammiratore del maestro, venuto appositamente dal Belgio per applaudirlo. Più il colloquio, fra i due, si prolunga più il comportamento di questo visitatore diventa strano e oppressivo. Finché si giunge a scoprire un oggetto del passato… Chi é dunque questo inquietante Signor Dinkel ? Ma soprattutto cosa vuole realmente dal direttore Miller?

 

Un testo avvincente che ha conquistato Moni Ovadia. “Dopo poche folgoranti quanto semplici battute di dialogo – spiega – mi sono sentito agguantare per l’anima e il basso ventre e quella sensazione non mi ha mollato più fino alla parola fine. L’ho letto d’un fiato, a bout de soufflé”. E da quella lettura è nata la sua idea di impianto scenico da dare allo spettacolo. “Pur svolgendosi interamente nel camerino di un direttore d’orchestra – spiega – la pièce deve avere elementi allusivi e trasfiguranti così come le luci, la regia deve porsi al servizio dello scavo attoriale per guidare, sostenere, provocare ed “estorcere agli attori” una totale immersione in una temperie prima ancora che in una messa in scena teatrale. Lo sforzo è stato quello di costruire una complessa partitura in forma musicale, le cui note, i fraseggi, le pause e le dinamiche siano i movimenti intrapsichici dell’interpretazione, le reazioni, le titubanze, le messe in scacco, le entrate in una suspense e le uscite, per entrare in una nuova tensione che coinvolgano e travolgano lo spettatore per renderlo testimone di ciò che è terrificante nell’umano e proporgli una possibilità di redenzione alla quale può accedere solo chi sia disposto ad avere coscienza di quale inferno l’essere umano può essere capace di inventare contro il proprio simile”.

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